KarmaChimico

Recensione: La città incantata (Spirited Away)

La recensione incantata

Lusky - 04/12/2003


"Odio le citazioni. Dimmi solo quello che sai tu."

Franklin Delano Roosvelt


Premetto che per potersi permettere senza risico di incomprensione o peggio pericolo di fraintendimento delle metafore e delle analogie che mi accingo di seguito ad enumerare - non necessariamente seguendo un ordine gerarchico basato su chissà quali soggettivi ed opinabili (questi sì) criteri - è necessario aver visionato e doverosamente apprezzato non senza spirito critico l'opera completa di Hideaki Anno, Takahata, Kurosawa, Kieslowsky, i fratelli Lumière ed ancora un altro paio di volte Hideaki Anno, questa volta senza sottotitoli.

Può sembrare una fatica sproporzionata rispetto al fine che ci siamo posti, tutt'altro che chimerico: stendere un'analisi critica - e perciò politica e sociale - dell'ultimo lungometraggio grafico di Miyazaki, "Spirited Away" (titolo proditoriamente traslato in italiano "La città incantata", sintomatico della visione puerile che ancora nel nostro paese caratterizza un certo genere di cinema non occidentale/americano/blockbuster/hollywoodiano/macdonald/bush/cacca).

Ad un primo acchito, un'interpretazione diciamo bucolica, da buon selvaggio direbbe Rousseau, si potrebbe dire che questo lungometraggio grafico, questa novella disegnata (che neppure sotto minaccia delle armi definirei mai un "anime", lemma che associo nel mio intimo ad alcuni dei piu' deprecabili prodotti che la nostra società occidentale/americanista/blockbuster/hollywoodiana/macdonald/cacca) sia apprezzabile dal punto di vista narrativo ed estetico, in grado di soddisfare tanto i palati piu' esigenti quanto gli intelletti che si fermano ad una godimento diciamo più semantico che semiotico.

Ma è penetrando nell'opera, scalzandola come direbbe Tockichinskyiyy dal "fragile trono della visione consequenziale" a cui da troppo tempo siamo abituati dalle opere occidentali/americaniste/blockbuster/hollywoodiane/embargo/capitalistiche/cacca, che possiamo apprezzare in nuce quella freschezza e quella profondità che noi abbiamo perso da eoni.

Diciamocelo: questo è un Miyazaki diverso. Come sottolinea inopinabilmente il Terenzi citando un articolo di Curejo apparso su "Fetish Amateur" di un mese che non mi sovviene, Miyazaki abbandona per una volta e speriamo per sempre gli sterili dualismi nonchè l'ecologismo pindarico ed anche un po' onirico dal simbolismo sterile ed eccessivamente soggettivista (nonostante una tendenza all'oggettivismo nelle opere concepite nel periodo della crisi economica del '93) che lo aveva fino ad oggi fatto oggetto di stigmatizzazione anche da parte nostra.

Questo è un Miyazaki che non dimentica la lezione assunta dal contesto dell'animazione filmica nipponica della trascorsa decade, vedi ad esempio la metafora dell'ingresso nell'adolescenza come un trasloco - perdita dell'identità precedente e creazione di una nuova identità - presa pari pari da Evangelion, o anche il treno come luogo della partenza per non andare da nessuna parte e legame con il passato e la memoria storica (preso pari pari da Evangelion), oppure l'acqua come sorgente ed orizzonte in senso spaziale, temporale e psicosociale tale e quale se ne avvale lo stesso Evangelion o ancora l'uomo senza volto metafora del padre che da piccolo aveva abusato di te ma senza farti del male bensi' volendoti sotto sotto bene ma comunque a simboleggiare il disfarsi della famiglia nipponica che altro non è che una simbologia per indicare la famiglia occidentale/america/estesa/imperialista/assassina/multinazionale/cacca. Proprio come in Evangelion.

Per questa prima puntata mi fermerò qui, non per timore di appensantire lo sproloquio con altre sottilissime osservazioni quanto perchè altre e più ardite metafore sono sotto gli occhi di tutti ma allo stesso tempo celate e meritano da parte mia l'assunzione di sostanze psicotrope per riemergere nel dovuto turgore.

Concludo ricordando che se non avete capito nella sua omnietà (come azzardava il Calipso nel commentare il Boiamondo durante un'orgia silvestre a casa del critico Soifufu lo scorso fine settimana) o in peculiaria questa mia recensione che più che altro è un florilegio di interpretazioni, la colpa è solo dovuta alla vostra ignoranza di spettatori che pretendono di ruttare giudizi estetici senza conoscere neanche lontanamente lo spessore socio/psico/politico/contestuale dell'opera filmica.

Ma ricordate che è la plutocrazia che vi vuole così, poi non vi lamentate con me quando Berlusconi verrà ad abbeverare il cavallo nel bidè del vostro secondo bagno.


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