14/4
2010

Bruxè, le retour / de terugkeer

Dopo lunga attesa, ecco finalmente un breve resoconto della mia scorribanda a Bruxelles, che non mancherà di stupire chi si aspettava di leggere qualcosa di intelligente.

Belgio, land of the brave. Bruxelles, città in cui emigrano le nostre migliori ex-veline ed i nostri più stimati politici di serie c per dedicarsi con passione a dormire su un seggio dell’europarlamento, gettandosi coraggiosamente alle spalle una dura vita di orgasmi e lavoro comunque spudoratamente simulati. Che altro dire di Bruxè che non sia già condensato egregiamente nella parola "cavoletto"? Due o tre cose, in effetti.
Il volo è stato tutto sommato tranquillo, nonostante l’imbarazzante proposta dell’assistente di volo ryanair di lucidarmi le scarpe per cinque euro. La ryan farebbe ormai di tutto per racimolare spiccioli e posso anche capirlo, finché riescono a farmi volare a prezzi accettabili sopporto ben volentieri di far entrare ogni mio avere nel bagaglio a mano, di partire alle prime luci dell’alba e di atterrare a decine di decine di chilometri dalla città dove intendevo veramente atterrare. Però devo ammettere che quando il pilota mi ha chiesto se per cinquanta euro volevo giocare un po’ coi comandi mi sono preoccupato, nonostante il bambino prima di me se la fosse cavata benissimo.
Bruxelles, eredità coloniale e coppie multietniche, vibrazioni creative.
L’albergo era molto vicino ad una fermata della metro, il che si traduceva in una comoda possibilità di andirivieni nel corso della giornata per riposare le stanche membra, mangiare qualcosa, collegarsi fugacemente al wifi della hall. Non era neanche un albergo, in realtà, ma una specie di albergo con dentro dei miniappartamenti per cui ci si poteva cucinare, eventualmente, qualche raffinato piatto italiano che gli indigeni non avrebbero neppure lontamente potuto concepire. Tipo la pizza surgelata, o il cafè solubile (la mancanza di dio ci perdoni). D’altra parte, qualsiasi posto a Bruxè è vicino ad una stilosa fermata della metro, perché ce ne sono ovunque. Gare du Midi. Louiza. Porte de Namur ed il suo quartiere congolese, Parc, i suoi viali arroganti ed i palazzi spocchiosi, Gare Centrale con la sua minuscola e preziosa Grand Place, le guglie e le decorazioni dorate contro il cielo grigio. Heysel, il suo famigerato stadio e l’atomo di ferro spaziale da cui si può ammirare il panorama. Merode ed il suo parco ventoso. Schuman e gli orribili grattacieli dell’unione europea. Eccetera, eccetera, con i suoi graziosi mercatini.
Bruxelles, patria del waffel al cioccolato e della birra quadruplo malto.
In tre giorni scarsi abbiamo visto più o meno tutto quello che si può vedere senza entrare in nessun posto. Niente Magritte, che il museo aveva degli orari improponibili, niente Frida Kahlo, che a malincuore non siamo riusciti a cogliere, ma pazienza, tanto io ho sempre preferito gli astrattisti concettuali. Niente museo del fumetto, che tanto i fumetti sfigati di cui sono innamoratissimi in Belgio interessano soltanto a loro, a noi touristi di passaggio basta ammirarli dipinti sulle pareti dei palazzi. Siamo stati in qualche chiesa, che hanno di buono il fatto di potersi sedere e di avere l’ingresso gratuito, anche se noi per cortesia abbiamo preferito lasciare comunque in dono un chierichetto.
Bruxelles, laboratorio di sconsiderati esperimenti a base di luppolo e ciliegie.
Un pomeriggio semipiovoso ci siamo infilati in una birreria sotterranea che aveva centocinquanta tipi di birra sul listino corto, quello a disposizione sui tavoli/barili. Il listino lungo, che potevi andare a richiedere al banco solo se avevi un mandato dell’alcolisti anonimi, pare ne avesse più di duemila, alcune delle quali clamorosamente fuori norma CEE. C’era uno spazio riservato ai fumatori ed uno, molto più piccolo, riservato ai patetici non fumatori e la cosa sorprendente è che tra i due spazi non esisteva alcuna barriera fisica, semplicemente il fumo restava nella parte fumatori e non invadeva la zona sfigata. Perché ovviamente il fumo era francofono, e sullo spazio non fumatori era stata appesa una bandiera fiamminga.
Bruxelles, quante altre cose mi tornano in mente, quanti divertenti aneddoti, quanti noiosi dettagli. Potrei andare avanti per ore, se mi pagaste, ma dato che la realtà è quel che è preferisco cavarmela con qualche stupida foto, che non ho neppure avuto tempo di ritoccare. Stupitevi di Bruxelles, dove tutto è bilingue e le donne vagano in inverno senza calzini:

Non si fanno mancare le gallerie in stile italianoPolitically scorrectTipo m’illumino di meno, ma con Darth FenerQuesto è un atomo di ferro, sapevatelo









Altre, molte altre, sono (già!) su flickr. E alcune sono belle.

Note estemporanee di zio Lusky:
State alla larga dagli anarchici informali, gli anarchici per bene si riconoscono perché danno sempre del lei e dicono buongiorno, buonasera, prego, si accomodi, e grazie.




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