KarmaChimico

Anime: Serial Experiments Lain

Di una certa tendenza dell'animazione giapponese [2]

Nello - 05/11/2003

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"Lo scandalo è che ci sia un mondo"

Karl Marx

L'occidente di cui parlo, nel quale viviamo, ha due facce: quella paterna, del potere autoritario, dell'uso della forza, della coercizione, della marginalizzazione, un potere di mano, quello che si chiama potere storico, rivolto verso l'esterno; e poi quello materno, di accoglimento, di coccolamento, di sospensione del giudizio, di stasi, di blandizie, di calma, di noia, di bisogni secondari e terziari, di abbondanza, di comunicazione, quello che si chiama potere simulacrale, il potere interno. E' il potere della vita quotidiana, in cui tale potere fa di tutto per nascondersi, utilizzando la dissimulazione della propria portata, e facendoci tutti complici. Il primo potere è l'elemento che sempre si è dato nella storia e prima, il potere che il fascismo ha incarnato meglio di ogni altro, è "il pesce grande mangia il pesce piccolo"; il secondo non avrà più di due secoli e mezzo e negli anni '90 ha forse raggiunto lo stadio finale di una precipitosa evoluzione. E' quest'ultimo l'asse portante del nostro mondo, perché, a differenza dell'uso della forza, esso si è fuso con la normalità, con la naturalità metropolitana, con la necessità: andato ben oltre l'oratoria, non ha bisogno di parlare se è già il senso comune. Rasa al suolo e a poche briciole la cultura popolare e ad essa sostituitosi, non ha trovato ostacoli al proprio incedere, facendo tendere tutto al medio, dalla lingua alla politica, dalla società agli alcolici. E sapere che non c'è un vero responsabile, rendersi conto che non c'è qualcuno che eserciti questo potere se non le sue vittime, è l'ultimo colpo: il potere si dà come destino.

E' curioso che il mondo più laico di sempre sia caduto nel baratro del fatalismo. Questo fenomeno così religioso, così anticamente religioso, ciascuno lo può provare pensando ad un assetto diverso da quello corrente, ad un globo privo di supremazia euro-americana, ad un mondo in cui per esempio l'Africa detti le regole, l'uomo vitruviano abbia gli occhi a mandorla o il cirillico sia l'unico alfabeto globale. Impossibile, appunto. Questo potere ha la caratteristica di essere un universo coerente al suo interno, totalizzante, materno, come dicevamo. Questa realtà ha fatto in fretta a diventare senza tempo e l'assoluta improponibilità della sua esistenza è accettata tranquillamente e in ogni momento. Viviamo in un isolotto che crediamo una Pangea.

Il blocco, un ostacolo informe che si insinua nella vita contemporanea e preclude il riconoscimento di un percorso oppure lo svilimento di uno connaturato all'uomo per natura o cultura, è un naturale complemento di tutto ciò. La questione è che è negato, qui, all'uomo, un itinerario che porti da punto a punto nello spazio, nel tempo, in generale nel senso. L'andamento lineare della vita è stato rimosso, così quello ciclico con la sua carica apotropaica, e l'indifferenza è giunta al vertice. Ma l'uomo è essere singolo: lo scontro individuo-società, o come diceva Lukàcs, soggetto-oggetto, non può essere fisicamente superato. Rimane quella ruggine antropologica che fa che ognuno di noi possa andare in conflitto con gli altri: ma laddove, nel mondo storico, questo avviene con una società ben definita, nel mondo simulacrale ciò equivale a farlo con il mondo stesso. Riuscire a vincere questo scontro nel primo caso è un'impresa fattibile e più volte, fra molte difficoltà, fatta, nel secondo è incommensurabile. Da qui nasce la patologia.

Specifichiamo: patologia non equivale a nevrosi, che è dolore acuto per l'incertezza. La patologia nasce nel momento in cui la meta non esiste né l'obbiettivo. Il blocco è come un muro che dice: << La tua tensione è inutile, perché ingiustificata >>. Poi ti dirà di stare calmo e infine ti darà del pazzo. Così, negandogli un principio umano inalienabile, l'uomo patologico si perde nel più delirante degli incubi. Da qui parte Serial experiments Lain.


"La metafisica è l'arte dell'approssimazione"

Mao Tze-Tung

La rete è uno strumento atto al blocco. Nel riconoscimento della natura metaforica di questo oggetto, che così palesemente si riversa nel sistema telematico, Lain ha il suo soggetto. Dunque rapportare Lain al sottobosco controculturale è valido solo se il suo influsso è dato negli strumenti per comporre la storia dopo che un movente iniziale indistinto è già nato, e non se si pensa che quell'influsso sia di per sé il movente: in caso contrario o si è in errore o Lain non ha alla fin fine tutta questa importanza. Preciso: è affascinante poter raffrontare le parentele con un certo movimento di pensiero - e anche molto interessante - e verificarne i prestiti. Inoltre l'appartenenza a questo filone è una spinta per avvicinarsi all'opera, per curiosità o per studio (una spinta certo migliore della lettura di questo scritto, e non è understatement). Ma in questo modo sarebbe in effetti solo un travaso di concetti già noti su un altro media con le sue particolari strutture narrative. Questo è il caso di Cowboy Bebop, che è la migliore serie (e forse anime) per dimostrare che l'animazione giapponese può riutilizzare senza senso di inferiorità il telaio del noir e dell'hard boiled, senza aggiungere niente ma provocando un onesto senso di riconoscimento unito al piacere per la novità della combinazione. Probabilmente potremmo tirare in ballo anche la diversificazione dell'offerta tipica dell'organizzazione moderna dei massmedia. Non è il caso di Lain, comunque.

Lain , difatti, ha trovato uno sbocco nella controcultura per agitare il proprio dolore. Senza ricorrere a discorsi fumosi, cui l'animazione giapponese è poco incline (bilanciata dalla terrificante standardizzazione dei dialoghi e delle situazioni), la protagonista di questa serie patisce le naturali pulsioni umane, prime fra tutte la timidezza, come in un rovesciamento. Lo stato della normalità ascritta all'individuo nella successione della sua storia genetica e antropologica perde di colpo il proprio statuto omonimo, diventa prima che strano inadeguato. E soprattutto quel che v'è di più nobile in questo stato - l'amore, la spinta alla conoscenza, l'empatia rituale, i codici millenari di comportamento, l'attaccamento alla natura e ai suoi cicli, l'attività sessuale quotidiana, la possibilità di leggere nel proprio carattere un'interpretazione o un effetto del mondo, una sensazione di volta in volta panica o comunitaria - che non è mai staccato dagli aspetti più miseri e turpi - la fame, la sete, la povertà, la malattia, la ferocia, la prevaricazione, lo stupro, il travaglio, l'omicidio, il fanatismo religioso - è mediocrizzato senza pietà e senza sosta, credendo (magari in buona fede, magari con comprensione) che un mondo così normale sia stato sempre in fondo semplicemente miserabile, inabile alla creazione di una visione superiore. E' un'inconscia (come inconsci sono per lo più gli atti di potere in cui viviamo) damnatio memoriae il cui effetto è quello di aver castrato, una volta per tutte, l'idea che l'uomo gettato sulla terra sia in grado di vivere una vita complessa senza gli orpelli del nostro mondo (e questo, detto di passaggio, è forse il problema maggiore della associazioni di aiuto umanitario, una incapacità di leggere il bisogno al di là dei termini primari). Lain Iwakura allora procede, sotto l'amorevole consiglio delle insignificanti compagne di classe, a fare l'unica cosa sensata in un ambiente ostile: comincia a interessarsi - complice la famigliola e in particolare il padre - a quella parte di mondo che l'ha esclusa e che aveva escluso, la comunicazione telematica (seconda l'ottica della prostituzione, cardine della società capitalistica). Lain accede: e da allora, a causa della sua diversità, precipita nella più enorme delle hybris, il controllo totale e divino del regno nemico. Ogni volta Lain è insoddisfatta, ogni volta si perfeziona: tutto quello che sfugge al suo controllo, esterno, non riducibile, deve essere inglobato perché scatenante crisi di comprensione. Ecco la vera faccia di Lain Iwakura: quella del potere interno che odia la varietà del reale, che igienizza ogni spuntone, ogni irregolarità, ogni contraddittorio. La prerogativa del potere, appunto. Un processo classico, direi.

Il potere interno, dunque, riconduce tutto a sé: a differenza del potere esterno, che è grigio metallo come le dittature sovietica e fascista ci hanno insegnato, questo è di mille colori, infiniti ma privi di un'esistenza autonoma. Lain domina tutto, ma lo domina fondendosi con esso, finché ogni cosa è impregnata di lei. Lain, potremmo dire, è una ragazza sensibile che diventa la globalizzazione senza seguire altro criterio che la propria sete di conoscenza. Si trova, e con lei ci troviamo tutti, ad essere come il principe Miskin, un uomo innocente che, a causa della sua stessa innocenza, crea enormi disastri. E' la cosa minore che la sorella finisca lobotomizzata, una coetanea si suicidi, un ragazzo faccia una strage seguendo poi le sue vittime, due agenti siano assassinati. Lain sbugiarda l'assioma secondo cui il mondo occidentale in cui viviamo sia neutrale, senza segno: esso ha un bisogno di un collante, che è la cattiva coscienza dei suoi abitanti. Questa cattiva coscienza è Lain, la quale a sua volta ha il merito di non essere falsa. E' allora comprensibile la scelta attuata da Konaka nella seconda metà della serie (e sarebbe interessante, anzi fondamentale, soffermarsi su come queste serie cambino rotta e tono superata la metà delle puntate: e successo macroscopicamente con Evangelion, succederà con un anime di cui parleremo, Boogiepop Phantom) di introdurre seriamente una realtà di complotti e associazioni segrete: ispirata a piene mani dalla vulgata controculturale, essa facilita l'idea che alla base dell'inferno riconosciuto attuale non ci sia una essenza in qualche modo metafisica, ma storica, di massonerie, calcoli e potere, di dati, vantaggi e lavoro, di denaro, manovre e tagli sugli assunti, di progetti, vittime e segreti. Suggerisce l'idea sacrosanta che il potere interno si basa nonostante tutto su quello esterno, sui crimini passati, su quelli ancora commessi in luoghi geopoliticamente tagliati fuori dalle residenze dei padroni (le vene aperte dell'America Latina…), e che un potere esterno sia anche all'interno. A questo punto però dobbiamo giustificare l'uso del verbo "suggerire": Serial experiments Lain, come Evangelion prima e Boogiepop poi, non inquadrano che per un suggerimento questo aspetto, forse a causa di un interesse spropositato per le mistificazioni della propria terra (esattamente il contrario di quanto accade in Italia…), forse di un'incapacità di capire (che è anche nostra) dove cominci il potere esterno (il loro) e quello interno (il nostro). Al di fuori dei confini del primissimo mondo essi non si addentrano. Così anche Gendo Ikari e la Seele per Evangelion e l'organizzazione Towa per Boogiepop assumono l'aspetto di poteri storici che gran parte del loro lavoro lo fanno prima o a latere della linea principale del racconto - la scelta di concentrarsi sempre su organizzazioni segrete ha un senso ben preciso, sembrerebbe. Allo stesso modo la classe sociale dei protagonisti è invariabilmente quella della media-piccola borghesia, una middle class impiegatizia, notoriamente il nerbo delle cosiddette società avanzate, e consumatori più che produttori. Qua emerge il sostrato sociale giapponese in Lain e compagnia: il Giappone dominato dal terziario, l'ombra della crisi della bolla economica del '93 (questo sì un dato storico sconvolgente per gli impiegati senza passato e senza futuro, e per questo così richiamato negli anime). Insomma, tirando le fila, di questa società senza scampo sembra che i nuovi autori di animazione, per vie che mi sono misteriose, sembrano essersi accorti benissimo, ma non credono in una soluzione. La soluzione storica - e in ultima istanza la visione storica stessa - è metafisica, quindi astorica; della Storia essi sembrano avere solo sentito parlare, anzi l'inizio della loro seconda Storia (come scrisse Kenzaburo Oe) è di fatto radicalmente metafisico come lo può essere la detonazione nucleare. Ecco perché per queste serie il finale è particolarmente importante: non c'è processo metafisico che non implichi una destinazione oltre che la provenienza. In Lain, Evangelion e Boogiepop, in maniera diversa ma assolutamente comparabile, il finale rappresenta la risoluzione dinanzi una crisi insolubile. Lo scandalo è che ci sia ancora un mondo.


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