10/8
2004

Niente da vedere [2]

Prosegue la narrazione del nostro primo viaggio balcanico. Belgrado vista con gli occhi esausti e naif di un tizio non abituato a viaggiare molto può forse dare fastidio a chi questa città la conosce e la ama (spero di no...). La concisione ed il dover ripercorrere lo spazio attraverso la memoria non aiutano.

Day 2: Beograd by foot

Il tizio alla reception del Royal ha l’aria viscida, ma in fondo non è un cattivo ragazzo ;-)
Ci informa che la nostra camera sarà libera per mezzogiorno, quindi possiamo lasciare lì i bagagli e barcollare altrove per cinque ore. Risaliamo la Petra per pochi metri, compriamo pane e cioccolato alla coop e collassiamo sulle panchine del parco più vicino, socchiudendo gli occhi solo per ammirare le bellezze locali. Il sole e la cioccolata ci restituiscono un po’ di energie, raggiungiamo Kneza Mihaila dove scorgiamo in lontananza le cupole di una grossa chiesa bianca. "Dev’essere Sveti Sava, la più grande basilica ortodossa dell’universo mondo." ci diciamo, e non sembra poi così lontana. Ci avviamo, il viale è bello anche se ancora poco frequentato a quell’ora.

Kneza Mihaila diventa (se non ricordo male) Terazije e poi Kralja Milana, una specie di SpaccaNapoli che attraversa tutto il centro città. E le cupole se ne stanno sempre là, in lontananza, ogni tanto spariscono pure, non sembrano volersi avvicinare affatto. Quando infine raggiungiamo la basilica, al primo colpo d’occhio non ci sembra neppure così imponente... forse perché ormai gli occhi non riuscivano a stare aperti più di tanto. Girandoci attorno, però, troviamo la prospettiva giusta ed in effetti le cupolone fanno il loro effetto, abbagliano e stordiscono. Dentro, al momento, ancora lavori in corso.

Dopo aver preso fiato fumando una ronhill pacchetto blu spaccapolmoni, perché le mie barclay decisamente non sono riuscito a trovarle, torniamo ad esaurirci in albergo dove ormai la camera è libera e ci possiamo lavare e stendere un po’. Beh... il royal ha un po’ deluso rispetto alle aspettative: solo pochi peli pubici in giro ed un’unica blattina, un tesorino di neanche un centimetro e mezzo che si è lasciata timidamente salutare solo l’ultimo giorno della nostra permanenza. Per il resto tutto normale, dei pochi alberghi che ho visto in vita mia non è certo il peggiore e sicuramente il più economico. Certo, stagionato. Certo, il panorama dalla finestra. Certo, la colazione scarsa. Ma, francamente, non ci siamo lamentati.

Verso sera siamo riusciti a rimetterci in piedi, altra passeggiata nei dintorni fino a Trg Republike (dove ho inviato un bacio all’unico cavallo visto in città) e poi in direzione opposta lungo la Kralja Petra fino alla Soborna, altra bella chiesa ortodossa ma dall’aria così satura di incenso da costringermi a fuggire. C’è da dire che solitamente non resisto a lungo dentro nessun genere di chiesa, non faccio preferenze io ;-)

Dalla Soborna (ma era la Soborna, poi?) scendiamo fino alle banchine lungo la Sava, per poi risalire verso la fortezza di Kalemegdan. Dalle mura della fortezza, sotto la statua del vincitore, ci siamo persi a scrutare Novi Beograd ed il Danubio sui quali calava la sera. Appoggiati al parapetto del torrione scrutiamo affascinati ma inquieti un aereo militare che si diverte a fare evoluzioni acrobatiche sopra la città, passiamo tra i carri armati ed i cannoni della seconda guerra mondiale e a fianco dei campi di basket per ritornare, polako polako, verso la Kralja Petra dove andiamo a mangiare una pita al formaggio dalla più bella burekkara di Belgrado. Consiglio a tutti, se non altro per vedere la burekkara (e chiedo scusa alle gentili lettrici) ma anche per la pita.

A tarda sera siamo finiti a cenare in un ristorante all’aperto a quattro passi dalla Kneza Mihaila; nonostante il Grifo parli un milione di lingue tra le quali il russo, decodificare il primo menu è stata impresa ardua fino a quando la nostra vicina di tavolo, a sua volta poliglotta, ci ha istruito a dovere e ha raccomandato al cameriere di coccolarci. Così il cameriere ci ha chiamato per tutta la sera "Sir" e la successiva "Gentlemen", ovviamente con grande imbarazzo da parte nostra che non sapevamo come si dice "daghe un tajo" in serbo. Poi, suppongo sia passato da "Sir" a "Gentlemen" perché a chiamare tre persone "formaggio" per due sere di fila gli scappava da ridere, come minimo. Ma poi, a me neanche "gentleman" l’aveva mai detto nessuno.

Conclusione di serata di nuovo in Mihaila e Trg Republike, dove per qualche iniziativa sulla sicurezza sessuale avevano gonfiato un enorme preservativo di fianco alla statua del cavallo; avrei dovuto approfittarne per arrampicarmi e baciare il cavallo più calorosamente, ma a quel punto la stanchezza ha avuto la meglio e siamo semplicemente tornati a dormire al Royal concludendo la nostra prima giornata di assaggio di Belgrado.

Ah, per non deludere troppe aspettative, chiarisco subito che festa e baldoria se n’è fatta gran poca :-(
Non perché mancassero spazi ed occasione, ma forze e tempo... soprattutto forze, come leggerete oltre.

Sveti Sava, credoPremio alla sicurezza sul lavoroTrg Republikeed il cavallo di Trg RepublikeL’orologio di piazza repubblica starebbe bene a SchioDalle banchine della SavaGrifoNelloLuskyNello e GrifoNovi Beograd vista da KalemegdanSavaNello e Grifo scrutano NoviMorte al fascismoStatua del vincitoreUn passero nella bocca del cannoneStop History







Secondo Exursus: essere vegetariani presso gli slavi del sud

"Vegetarian in balkans? But you’re starving!" (ragazza incontrata a Mostar)

Dalla Slovenia all’Erzegovina, tutti mangiano di preferenza carne, cotta nei modi più svariati. Sospetto, e mi si perdoni l’irriverenza, che se sulla bandiera jugoslava ci fosse stato un piatto di cievapcici (lo scrivo come si pronuncia perché non mi accetta i caratteri balcanici, tanto avete capito) al posto della stella rossa la federazione sarebbe durata un po’ più a lungo. Ciononostante un vegetariano a Belgrado non soffre né muore, intanto perché lì il burek tipico è quello con il formaggio, poi perché nei ristoranti c’è in genere abbastanza scelta, quindi ci vuole proprio sfiga per non trovare niente da mangiare. Certo, se uno è schizzinoso sull’odore della carne alla griglia farebbe meglio a portarsi le mollette; io non mi faccio di questi problemi.
Consiglio assolutamente di provare il formaggio serbo, se non siete veganiani, e poi i fagioli al forno che si chiamano "prebranac" assaggiati poco lontano dalla stazione. E le melanzane ripiene. Piatto vegetariano si dovrebbe dire "Vegetarianska plata", se non ricordo male. Comunque capiscono, disapprovano fortemente ma capiscono cosa intendete.

Il problema è stato a Mostar. Lì ci siamo sempre mossi attorno al centro ed è pieno di ristorantini tutti uguali per turisti, con gli stessi cinque piatti tipici, tutti a base di carne. Una sera me la sono cavata mangiando solo patate fritte ("pomfrit", non so se vi rendete conto della genialità di questo popolo...), un’altra con un’insalata. Ed io odio l’insalata :-( anche se le loro cipolle sono buone. Vabbè, si sopravvive, è solo che l’idea di addentrarci fino a tarda sera nel quartiere croato non ci garbava molto, come intuirete proseguendo nella lettura.

Questo naturalmente se, come noi, vi ponete l’obbiettivo di evitare come la peste pizzerie e ristoranti italiani. Altrimenti problemi non ce ne sono proprio, Belgrado è piena di questi locali ed a Mostar c’è praticamente una pizzeria ad ogni angolo (non avendole provate, però, non mi posso esprimere sul sapore di queste pizze).

Note estemporanee di zio Lusky:
State alla larga dagli anarchici informali, gli anarchici per bene si riconoscono perché danno sempre del lei e dicono buongiorno, buonasera, prego, si accomodi, e grazie.




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