16/1
2005

Notta (giorno) Notte [4]

Non mi ero spostato poi di molto, in realtà, girando come un virruzzo attorno alle medesime piazze e strade: mi ritrovai sotto gli inconfondibili bastioni del Maschio Angioino. Fui tentato di avvicinarmi, ma era in corso una qualche situazione musicale e poliziotti in divisa selezionavano i visitatori. Preferii aggirarlo e scendere verso il porto, ammirando le navi che un giorno mi condurranno a visitare le isole, per poi risalire e fermarmi a lasciar riposare le gambe qualche minuto sulle panchine di piazza del municipio.
Il mio tempo a Napoli stava per scadere, mi infilai in una tabaccheria ad acquistare l’ultimo biglietto per il bus, in una pasticceria dove un commesso in livrea mi preparò un vassoio di paste da portare al nord, in segno di gratitudine per chi mi aveva accompagnato alla stazione dei treni e sarebbe venuto a riprendermi all’arrivo.
Salii sul bus per piazza Garibaldi, troppo affollato per raggiungere la macchinetta in cui timbrare il biglietto appena comprato, si stava stretti come sardine; mi strinsi nelle spalle, non avevo visto un controllore in tutta la giornata. Mi distrassi a guardar fuori per l’ultima volta, confrontare ancora il traffico caotico con quello di altre città dov’ero stato, vedere finalmente i centauri bicefali senza casco di cui narrano le mitologie nordiche. I controllori salirono ala penultima fermata, con lo stesso sguardo che dovevano avere i soldati di Erode. Una ragazza accanto a me, nella mia stessa situazione, tentò lestamente di timbrare il biglietto ma fu intercettata prima di riuscirci; iniziò così un lungo laio a due voci tra il pubblico ufficiale che severamente la redarguiva e la poveretta che protestava la propria buona fede e sostanziale innocenza. L’altro agente della stasi non si fece distrarre come speravo, iniziarono i controlli e cominciarono a fioccare le prime multe verso gli irregolari. Io ero tra questi ed iniziavo a sudare freddo elaborando una strategia. Venne il mio turno, ormai eravamo quasi arrivati, porsi il biglietto nuovo fingendo sbadatezza, lo ripresi e porsi il biglietto timbrato la mattina, quello obliterato in modo illeggibile. Il controllore controllò e non ci trovò nulla da eccepire, il mio sguardo angelico fu garanzia sufficiente, mentre pensavo senza scrupoli che dal paradosso (sempre per la mitologia nordica) di prendere una multa a Napoli mi ritrovavo nel paradosso opposto di aver fregato un napoletano.
Salii in treno soddisfatto per l’impresa, ma più che altro ammaliato dalla città. Mi rendo conto, come già mi rendevo conto allora, di quanto limitato e naif fosse il mio giudizio, non avendo visto altro che un museo e poche strade del centro, messe a lucido, illuminate ed accuratamente sorvegliate da un esercito di poliziotti. Proprio mentre io scampavo alla multa in autobus, da qualche altra parte in città ammazzavano un tizio.
Non posso dire di conoscere la città e neppure di averla vissuta, solo di averla sfiorata e di aver apprezzato il contatto.

Note estemporanee di zio Lusky:
State alla larga dagli anarchici informali, gli anarchici per bene si riconoscono perché danno sempre del lei e dicono buongiorno, buonasera, prego, si accomodi, e grazie.




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