29/3
2005

La musicalità del rosmarino francese

La pioggia non giova particolarmente all’allegria del borgo natio, com’è facile immaginare. A maggior ragione se mi ritrovo inchiodato qui anche durante il lungo weekend pasquale, mentre a sentire i telegiornali tutti gli italiani si stanno spostando in massa dalle città per andare al mare, in montagna, in altre città o nelle stazioni orbitanti. Tutti tranne me, i miei amici e le persone che conosco, che siamo troppo civili per contribuire all’intasamento delle autostrade ed al sovraffollamento dei treni (in misura del tutto secondaria pesa il fatto che siamo dei pezzenti e non abbiamo i soldi per muoverci).
Unica eccezione: AMG che è andato da qualche parte con la fidanzata e tornerà in crisi di astinenza da plei stescion. Sperando che nessuno dei due si sia ubriacato (ma non credo, avrebbero telefonato).

Costretto quindi a girovagare per le vie del borgo senza possibilità di fuga, mi ritrovavo di fronte due scelte alternative: dedicarmi con impegno alle scarse proposte culturali offerte dal borgo oppure ubriacarmi come un carrettiere circondato da belle diciassettenni.
So cosa state pensando, ma mi state giudicando male. Senza esitazioni venerdì sera ho rifiutato la compagnia delle ragazzine e mi sono recato all’ultimo appuntamento del Cinecoso Alternativo per vedere il pregevole "Samaria" di Kim Ki-Duk. Dico, un film del grande regista coreano visto in lingua originale, per giunta. E non mi vergogno a dire che mi è piaciuto assai. Visto che vi eravate fatti un’idea sbagliata di me?

Sabato, poiché ho anche una coscienza politica oltre ad un animo nobile e sensibile, sfido la pioggerellina sottile ma impetuosa e vado in piazza ad ascoltare il comizio di rifondazione. A me sembra che rifonda abbia perso qualche annata, dalle mie parti: al comizio c’erano più che altro minorenni e pensionati, gli altri mi sa che sono già in montagna a prepararsi. Sotto un portico, con aria sardonica ci guarda il capofasciobastardo accompagnato da uno dei suoi sgherri con la faccia da picchiatore; tra tutti e due penso non sfigurerebbero sull’isola del dr. Moreau. I discorsi dal palco, d’altra parte, spaziano dalla razionale invettiva contro tutto l’universo mondo (con la quale mi ritrovo d’accordo) alla demagogia spicciola e meno spicciola, che mi fa raddrizzare il pelo sulle braccia. Verso le cinque e mezzo mi ritengo culturalmente soddisfatto ed entro nel bar più vicino.

Esco alle nove di sera, perché quel bar lì chiude presto. Mi sposto nel bar di fianco e poi in quello di fianco ancora. Ovviamente ubriaco come un pulcino caduto in una botte di vino ed accompagnato da diciassettenni ubriache quanto me (va beh, una diciassettenne però stupenda e questo farà di me l’uomo più invidiato del carcere) e dai miei amici. E così sono andato avanti più o meno per i due giorni seguenti.

Questo a dimostrare la teoria sociologica che se l’ambiente sociale e culturale fa schifo, la scelta più razionale che un individuo possa fare è mandare in vacanza la propria coscienza.

Note estemporanee di zio Lusky:
State alla larga dagli anarchici informali, gli anarchici per bene si riconoscono perché danno sempre del lei e dicono buongiorno, buonasera, prego, si accomodi, e grazie.




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