19/7
2006

La Notte Bianca o un altro titolo originale a vostra scelta

Organizzare una Notte Bianca nel Triste Borgo Natio è come lanciare un bombolone alla crema in un termitaio, qualunque cosa questo significhi. Di solito le Notti Bianche non si organizzano in paesotti dove l’attività di intrattenimento principale consiste nel fissare la balle di fieno che rotolano per la strada e dove per "evento" si intende la transumanza delle pecore per le vie del centro. Non eravamo preparati. Però ultimamente è molto trendy e allora l’abbiamo fatta lo stesso.

Sono stati aperti al pubblico alcuni rimasugli di archeologia industriale, che a tutt’oggi rappresentano l’unico patrimonio culturale del Borgo, una mostra di pittura e... ehm... beh, non mi viene in mente altro. In una piazza erano stati allestiti assaggi di cucina etnica rappresentantivi delle centocinquanta nazionalità che quotidianamente si avvelenano nelle fabbriche locali, e le ragazze indiane ballavano una versione cheap della danza del ventre. Al cinema all’aperto proiettavano Metropolis e Nosferatu. Alcuni negozianti impavidi hanno tenuto le saracinesche alzate fino a tarda ora, forse mezzanotte, l’una. Ma questo era il meno:dato che tutto si può dire del Triste Borgo ma non che manchi di persone che si credono artisti, quasi in ogni bar c’erano giovanotti avvinazzati che declamavano poesie, con o senza accompagnamento alla chitarra, e letteralmente ad ogni angolo di strada c’era gente che suonava e concerti in ogni piazza. In risposta a cotanto ben di dio, si sono riversate per le vie del Borgo migliaia di persone provenienti da ogni dove, purché per "ogni dove" si intenda "nel raggio di venti chilometri". La folla era così serrata che se un tizio è svenuto nella calca e si è fatto altri trecento metri prima di cadere a terra.

Chiaramente a trarre maggiore beneficio da questa moltitudine di turisti è stata la categoria professionale sulle cui spalle maggiormente si regge l’economia del Borgo: i baristi. Ché la gente mica era assetata solo di musica & cultura. Altrettanto chiaramente, io non potevo sottrarmi al mio ruolo di referente culturale ed ho vagato sbevacchiando fino all’alba, lungo un percorso che si è snodato più o meno così:

Ore dieci: Me ne esco di casa con la motoretta intenzionato a raggiungere il centro, ma mi tocca di abbandonarla dopo pochi metri perché tutte le strade erano chiuse al traffico. La lascio sotto un portico sperando di ritrovarla al mattino (ci sarà) e mi dirigo verso il cinema all’aperto dove mi aspetta Amoremio. Tentiamo di raggiungere i PornoRambi e/o di andare a vedere il saggio di pattinaggio o la qualsiasi, ma ci arriva un messaggio del nipotinzio Mo’ e raggiungiamo invece lui.

Mezzanotte: Lasciato il nipotinzio Mo’ mascherato sulla soglia di casa a spaventare i passanti e tornata a casa Amoremio a recuperare un po’ di forze, mi unisco ai PornoRambi ed andiamo a berci un paio di birre, al termine delle quali giungeremo alla conclusione che

quando i bar sono troppo affollati ci si può anche dimenticare di pagare
e
il matrimonio è un’istituzione che non dovrebbe interessare gli eterosessuali.

Tre del mattino: scomparsi anche i PornoRambi, di tutto il bordello precedente resiste solo un robusto presidio dinanzi all’orribile duomo, dove una manciata di mentecatti privi di talento ballava musica latino americana mentre un nutrito gruppo di spettatori cercava di farsi passare la sbornia. Mentre fisso annichilito la patetica esibizione di quegli scarti da discoteca mi raggiunge il buon Pierbulus che, palesemente intontito dal sonno (e forse dall’alcol, e forse da altre sostanze, e forse dalle percosse della fidanzata), inizia a raccontarmi con nonchalance delle sue più recenti disavventure. Io lo fisso con sguardo vitreo, annuisco quando sentivo delle pause ed ogni tanto butto lì un "Te le vai a cercare" o "E’ colpa tua che non capisci un cazzo", a casaccio. Tanto ieri sera l’ho chiamato per farmi fare un riassunto di quello di cui avevamo parlato, e non era niente di particolarmente interessante.

Cinque del mattino: sparito anche PierBulus, mi guardo l’esibizione di Tai Chi dalla balaustra del duomo ed ascolto sonnecchiando i canti gregoriani che annunciano l’alba. I bar sono ancora pieni, ma ormai sono rimasti in giro soltanto i soliti alcolizzati e perdigiorno del borgo (infatti, li conosco tutti). Spunta infine il sole e mi dirigo con passo strascicato verso casa maledicendo la vecchiaia che avanza e mi logora le forze, che solo un paio d’anni fa a quell’ora sarei stato allegramente a vomitare in qualche cestino dei rifiuti per poi ricominciare.

Insomma, in un posto dove non succede un cazzo per 364 giorni all’anno tutto questo mi è sembrato un’esagerazione, uno spreco ed una confusione ed un rumore terribili, una folla insopportabile e maleducata. In altre parole, aaahhh... mi è piaciuta assai. Facciamola almeno una volta al mese.

Note estemporanee di zio Lusky:
State alla larga dagli anarchici informali, gli anarchici per bene si riconoscono perché danno sempre del lei e dicono buongiorno, buonasera, prego, si accomodi, e grazie.




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