12/4
2006

Essi vivono

Sono due giorni che sento e leggo e ripeto in continuazione il commento "Che paese di merda". Oh, sì, era un paese di merda anche prima, almeno dal 13 Giugno, almeno dal 2001, almeno dal ’94, almeno dal ’22, ma che strano scoprire che metà del paese la pensa così diversamente da me, su cose così fondamentali, da farmi sentire spaesato, estraniato, straniero. Vivono dove vivo io, lavorano in posti e condizioni simili alle mie, parlano la mia stessa lingua, eppure io non lo so chi sia questa gente. Mi par di essere Leopardi che sorprende Silvia impegnata in una gara di bondage. So di non essere il solo ad aver battuto forte il culo cadendo dal pero. Mi pare di essere il protagonista di "Essi vivono" di Carpenter. Fumo la solita sigaretta con i colleghi guardandomi attorno sospettoso. Quante tra queste persone impertinenti e cordiali avranno votato ancora per il Lestofante, mi chiedo. Lo so, non sono il solo a canticchiare "Life on Mars", camminando per strada e spiando le facce che incrocio. A cosa pensano? Sono davvero contenti degli ultimi cinque anni di governo? Sono le stesse facce che incontro ogni giorno, e non mi sono mai sembrati contenti. Credono davvero che il figlio del professionista ed il figlio dell’operaio debbano avere diritti diversi? Che il taglio dell’ICI sia più importante dei diritti civili, di un lavoro sicuro, della scuola pubblica? Cazzo, abbiamo bevuto nello stesso bar decine di volte in questi anni, seduti allo stesso bancone, nella stessa fila alle poste e al supermercato, avrei dovuto accorgermene che eravate così in tanti, e invece. Voi siete stati zitti, io ho fatto finta di non vedervi. Pensavo che tutte quelle chiacchiere sul Grande Fratello e sulla Lecciso e sulla Chiampions League non fossero interessanti, invece era il più complesso discorso politico che il paese abbia fatto negli ultimi anni e c’era dentro tutto il programma della destra, la sintesi del berlusconismo in segnale morse. Sono deluso, triste e incazzato. Certo, poteva andare peggio, peggio di una maggioranza risicata e di una coalizione fragile e della nazione spaccata a metà, ma siamo ancora più vicini alla repubblica di Weimar che alla primavera del ’45. Non c’è nessuna vittoria per la quale gioire, nessun sospiro di sollievo da tirare, c’è solo da continuare a resistere.

Note estemporanee di zio Lusky:
State alla larga dagli anarchici informali, gli anarchici per bene si riconoscono perché danno sempre del lei e dicono buongiorno, buonasera, prego, si accomodi, e grazie.




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