10/10
2005

Lepanto, capitale morale della cristianissima repubblica padagna

[...]
Nel suo lavoro la battaglia è solo la conclusione di una lunga storia che lei fa partire dalla caduta di Costantinopoli, anche se in realtà il rapporto burrascoso tra Occidente cristiano e Oriente musulmano è iniziato molti secoli prima, anche a livello culturale.
"Vero. Ma certi intellettuali di oggi sostengono che dobbiamo molto al mondo turco e musulmano perché ci ha fatto conoscere Aristotele, Socrate, la matematica, ma non dicono che questa non è la cultura del mondo islamico. Loro l’hanno trovata a Costantinopoli, l’ultimo baluardo della romanità. I Turchi non avevano niente. La cultura islamica, semplicemente non c’era. Non hanno creato niente".
Eppure, ad esempio, l’architettura islamica, come quella della Spagna andalusa che risale al X secolo, è considerata splendida e famosa.
"Ripeto, non hanno creato niente. I Turchi per le cupole hanno copiato la basilica di Santa Sofia a Costantinopoli, che poi hanno trasformato in moschea. Loro vivevano nelle tende".
Stiamo parlando dei Turchi del XV secolo o degli arabi in generale?
"Col nome “Turchi” l’Occidente a lungo ha inteso tutto il mondo islamico, senza distinzioni".
[...]
Torniamo a Lepanto. Quali furono secondo lei i fattori della vittoria cristiana?
"Innanzitutto la religione. Essa allora era il collante che univa tutti gli europei, come purtroppo ancora oggi l’Islam è il collante che unisce loro. La differenza è che noi questo collante lo abbiamo perso perché non crediamo più in Dio, loro invece no".
Lei crede davvero che si sia trattato di un collante solo religioso o non, piuttosto, di comuni interessi economici e politici, come avvenne ad esempio nel caso delle Crociate?
"Beh, sicuramente c’erano alla base anche motivi economici e politici, ma questo vale per i “piani alti”. I soldati semplici morivano per la Croce".
Com’è che a Lepanto per una volta le potenze cristiane riuscirono a sotterrare le loro rivalità e presentarsi compatte contro il nemico?
"Semplice: dietro di loro c’era un papa eccezionale, Pio V, che riuscì a metterle insieme e a spingerle a morire per la fede. Mentre per gli islamici questa era la regola, per noi noi. Ecco il punto. Ed ecco il motivo per cui noi, oggi, in una lotta come quella saremmo sconfitti in partenza. La nostra civiltà, vede, è indubbiamente superiore alla loro, il che ci ha portato anche, se vogliamo, alla scristianizzazione. Loro, che sono più barbari di noi, sono invece rimasti ancorati alle loro superstizioni e al loro fanatismo".
Certo non andavano per il sottile. Lei ben racconta che quando i Turchi, nel 1453 presero Costantinopoli si abbandonarono a saccheggi, uccisioni selvagge e stupri di massa. Ma a rigor di storia, anche i cristiani, come si sa, commisero atrocità simili in occasione della conquista di Gerusalemme nel 1099...
"Non nego che anche noi siamo stati fondamentalisti, ma già allora la nostra religione aveva alla base la libertà e il perdono, la loro invece è sempre stata violenta, aggressiva e basata sulla scimitarra".
Chi fu secondo lei il vero eroe cristiano di quest’epoca di conflitti? Don Giovanni d’Austria che di Lepanto fu il vincitore materiale o Pio V fautore della Lega Santa?
"Don Giovanni fu l’uomo giusto al momento giusto, ma alle sue spalle c’era la Chiesa di Papa Pio V: un papa che sapeva farsi obbedire dalle sue pecorelle, e che per questo è stato fatto santo".
[...]
Nessuna possibilità di convivenza tra Islam e Occidente, dunque?
"Credo proprio di no. Per loro il Corano è tutto, testo religioso e codice penale. Tutto ciò che sanno è contenuto in un libro scritto più di mille anni fa".
Superfluo chiederle cosa pensa della possibile entrata della Turchia in Europa...
"E infatti sono contrario. Già con la Costituzione europea abbiamo rinunciato alle radici cristiane, che sono le colonne della nostra civiltà. La Turchia rappresenta una cultura diversa e in concorrenza con la nostra ed è una minaccia alla nostra identità".
Qualcuno dice che chi la pensa così è razzista.
"Mi creda, non è questione di razzismo. È un dato di fatto. Loro sono più forti e compatti ideologicamente, si riproducono più in fretta e nel giro di tre o quattro generazioni saranno maggioranza. Pensi che un tale (Alessandro Barbero, ndr) su Panorama mi ha dato del volgare perché nel mio libro ho scritto che senza la vittoria di Lepanto “oggi ci ritroveremmo tutti protestanti, o, peggio, musulmani”. La cosa non gli è piaciuta perché evidentemente, come certi intellettuali, crede che tutte le culture siano uguali. Bene, io dico che non è vero perché la nostra è superiore e anzi dobbiamo imporla. Almeno a casa nostra".

[Alcuni estratti dall’intervista ad Arrigo Petacco sul suo nuovo libro, "Lepanto", apparsa su La Padania di Domenica 9 Ottobre 2005. Grassetto mio, cazzate loro.]

Dal giorno 15 Settembre 2005, quando un libro di storia delle elementari dev’essere malauguratamente caduto in testa al ministrello leghista castelli, questo risulta essere almeno il settimo articolo de La Padania che ha per argomento o che cita la battaglia di Lepanto; per completezza didattica segnalo tra gli altri anche questo, che si distingue per retorica bellica, datato 2 Ottobre 2005 (evidentemente La Padania ha deciso di consacrare la Domenica alla lotta contro l’islam).


2005. Due - zero -zero - cinque. Duemilacinque. Questi un giorno fanno riti al dio Po, quell’altro si fanno le seghe su Lepanto. Duemilacinque. Quasi duemilasei. Coglioni.

Note estemporanee di zio Lusky:
State alla larga dagli anarchici informali, gli anarchici per bene si riconoscono perché danno sempre del lei e dicono buongiorno, buonasera, prego, si accomodi, e grazie.




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