19/8
2008

Back in bunker

I pantaloni. La terza cosa più difficile del lasciarsi alle spalle tre settimane e qualche giorno di libertà sulla parola ("Torno, parola.") è il dover indossare i pantaloni. Lunghi, fino alle caviglie. Come nel medioevo.
La seconda cosa più difficile del tornare al bunker sono le scarpe. Che poi sono, vabbè, sandali, ma hanno la punta quasi chiusa ed il tallone parzialmente coperto, quindi sono molto più scarpe delle infradito che portavo fino a qualche ora fa, e sono molto odiosi nella loro scarposità.
La cosa in assoluto più difficile del tornare al bunker è naturalmente il lavoro e la voglia di morire e l’assurdo divieto di bere alcolici e la carenza di affetti e la totale mancanza di gatti, scogli o mare nel mio campo visivo e la sinistra consapevolezza che da qualche parte in questo momento le meduse stanno approfittando della mia assenza per congiurare contro il mondo, il tutto zippato per stare insieme sullo scalino più alto del podio.

Poi si chiedono perché uno si dia al brigantaggio.

Note estemporanee di zio Lusky:
State alla larga dagli anarchici informali, gli anarchici per bene si riconoscono perché danno sempre del lei e dicono buongiorno, buonasera, prego, si accomodi, e grazie.




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