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5/12
2007

Bad vibes from Kosovo, l’Unione chiede pazienza

Gli albanesi del Kosovo sono impazienti, non vedono l’ora che arrivi il 10 Dicembre: quello potrebbe essere il loro ultimo giorno sotto il governo serbo. Lunedì, infatti, verranno presentati al Segretario generale dell’ONU i risultati dei negoziati finora condotti tra i rappresentanti della regione ed il governo di Belgrado, che però non hanno portato a nessuna soluzione. Gli albanesi del Kosovo, che costituiscono oggi la stragrande maggioranza della popolazione, vogliono l’indipendenza e non si accontentano di niente di meno; la Serbia, cui la provincia del Kosovo storicamente appartiene, ha fatto varie proposte dichiarandosi disposta a concedere praticamente tutto in termini di autonomia, ma non l’indipendenza territoriale e politica. Neppure l’intermediazione della "troika" composta da USA, Russia ed UE è riuscita a risolvere lo stallo, anche a causa della differenza di opinione ed interessi tra gli stessi mediatori: gli Stati Uniti sostengono l’obbiettivo dell’indipendenza, la Russia è contraria, l’Unione Europea propende, con riserve, per l’indipendenza.
L’inconcludente conclusione di questo ennesimo round di negoziati lascia la situazione immutata e le parti in causa esasperate; secondo alcuni, tuttavia, pare probabile che il 10 Dicembre non succederà invece nulla di eclatante. Nonostante gli Stati Uniti si promettano generosi, l’America è lontana e le speranze degli indipendentisti risiedono in gran parte nel riconoscimento da parte dell’Unione Europea, dalla quale per sopravvivere il nuovo Stato dovrebbe essere allattato. Il via libera dell’Unione Europea all’indipendenza kosovara non ritarda solo a causa dell’opposizione russa, né tanto meno per simpatia nei confronti di Belgrado. Si teme anche che riconoscere ed accettare il concetto di una dichiarazione unilaterale di indipendenza da parte di una regione "etnicamente connotata" possa aprire un numero imprecisato di fronti anche all’interno di nazioni europee apparentemente più stabili: la Spagna ha i baschi, Cipro ha i turchi, l’Italia ha gli altoatesini, la Francia i corsi e via dicendo, ma a dare fuoco alle polveri sarebbe probabilmente la Repubblica Srpska in Bosnia. Se l’Austria come Barroso si auspica che l’Unione mantenga sull’argomento un fronte compatto, la Slovacchia afferma che sarebbe difficile riconoscere un’indipendenza senza l’accordo della Serbia, e sulla stessa linea si pongono altri Stati dell’UE; Prodi, in visita in Albania, si dichiara favorevole all’indipendenza ma raccomanda di non avere fretta e proseguire i negoziati se non si vuole mandare tutto all’aria "in modo irreversibile". Difficile che l’Unione Europea sia disposta a rischiare, oltre all’ostilità russa, anche un indebolimento della propria stabilità interna e la creazione di un nuovo conflitto che potrebbe allargarsi a tutto il sud dei Balcani. Difficile, ma non impossibile: anche ammesso che i politici di Pristina riescano a raffreddare gli entusiasmi che loro stessi hanno scaldato, l’evolversi della situazione in Kosovo dipenderà da quanto peseranno gli interessi economici delle parti coinvolte, che non sono solo gli Stati, gli eserciti ed i potenziali investitori ma anche i signori del traffico d’armi, di droga e di immigrati. Oggi il coperchio è ancora sulla pentola e qualcuno si sta appena accorgendo di aver soffiato troppo sul fuoco, speriamo si riesca ancora ad evitare l’esplosione.

Note estemporanee di zio Lusky:
State alla larga dagli anarchici informali, gli anarchici per bene si riconoscono perché danno sempre del lei e dicono buongiorno, buonasera, prego, si accomodi, e grazie.




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