Ataturk: Mustafa Kemal, detto Ataturk, è il padre della Turchia (la madre essendo evidentemente la Fata Turchina). Ataturk è il tizio che negli anni ’20, quand’era un Giovane Turco, ha scacciato il sultano, modernizzato il paese e ridimensionato il ruolo della religione nella vita politica e sociale (no, non può venire anche in Italia, è morto). Se entrate in un edificio e non individuate un ritratto di Ataturk nel raggio di cinque metri, probabilmente non siete in Turchia. Mancare di rispetto alla memoria di Ataturk, per esempio chiamandolo Akittemuòrt, è severamente vietato in tutto il paese.
Religione: dopo il culto di Ataturk, la religione più diffusa è l’islamismo. Ciononostante, se vi aspettate che qualcuno vi tagli la gola appena scesi dall’aereo rimarrete delusi: l’islam in Turchia è invasivo sostanzialmente quanto il cattolicesimo in italia. Più o meno: al posto delle chiese ci sono le moschee, al posto dei campanili i minareti, al posto dei preti gli imam e così via. Certo, sul fronte dei diritti civili non stanno messi benissimo, ma abbiate pazienza. Arriveremo presto al loro livello.
Dormire: può essere difficoltoso, se avete bevuto troppi tè. E naturalmente all’alba tutti i muezzin della città si lamentano in filodiffusione.
Albergo: era piccolo, con stanze piccole e scarsamente accessoriate. Il personale però era molto gentile, dalla finestra si vedeva il mare e le tre rampe di scale non mi pesavano quanto quelle del bunker.
il Turco: è una lingua agglutinante, e con questo ho fatto felice Nello ed ho esaurito le mie conoscenze di linguistica. Ho provato per quattro giorni ad imparare a dire "grazie", alla fine ho rinunciato per sfinimento.
i Turchi: in genere sono persone gentili coi baffi, che vogliono venderti qualcosa. Sorridono sempre, cantano sempre e si distinguono dagli italiani perché hanno una tazzina di tè in mano al posto del mandolino. Le donne turche possono avere o non avere un fazzoletto in testa ed avere o non avere una palandrana lunga tipo Morpheus, ma apparentemente anche le donne col capo coperto e la palandrana possono: ridere, frequentare locali pubblici, indossare scarpe da ginnastica e sconvolgenti calzini rosa. Nei bar dove si bevono alcolici, a dire il vero, di donne non se ne trovano, ma considerando che sono due o tre in tutta Istanbul non è così grave come può sembrare.
Fumare come turchi: ad Istanbul, in qualsiasi momento, tutti stanno fumando. Il muezzin canta all’alba per ricordare che sono già passate sei ore dall’ultima sigaretta, ed alla settima si perde la nazionalità. I turisti fricchettoni ciucciano il narghilè ai bordi della strada e si sentono oh mi god so bohemienne!
Bestemmiare come carrettieri ottomani: dopo le prime otto ore di ingorgo, diventa tutto sommato comprensibile.
Fare acquisti: su tutte le guide viene consigliato di contrattare spietatamente ogni acquisto. Uhm, non è proprio così. In alcuni posti, come il gran bazar, la contrattazione è pressoché obbligatoria se volete essere imbrogliati un po’ meno. In altri, pure i turchi si sono scocciati di dover tirare sul prezzo per ogni cartolina e specificano chiaramente che i prezzi sono fissi. Non occorre contrattare ogni caffè che prendete, insomma, e non è neanche tanto gradito. Detto questo, io ed Amormio siamo stati un’ora a contrattare ferocemente il prezzo di alcune lampade con un ragazzo che proprio non voleva mollare, e con un uso sapiente della tecnica "poliziotto buono, poliziotto cattivo" siamo riusciti infine a spuntarla suscitando l’evidente ammirazione del venditore.
Dolciumi: se vi piacciono i dolci, Istanbul è il posto che fa per voi. Se siete dentisti disoccupati, Istanbul è il posto che fa per voi. Il dolce più conosciuto è la baklava, una specie di sfogliatina immersa nel miele. Il secondo dolce più conosciuto è il lokum, un quadratino gommoso ricoperto di zucchero a velo con dentro la nocciola. Una curiosità: se prendete un sacchetto di lokum, lo mettete in valigia e lo lasciate lì per qualche ora in una giornata mediamente calda, otterrete un unico grosso lokum con tante noccioline dentro.
[continua]
Note estemporanee di zio Lusky:
State alla larga dagli anarchici informali, gli anarchici per bene si riconoscono perché danno sempre del lei e dicono buongiorno, buonasera, prego, si accomodi, e grazie.