21/10
2009

Il prof. Ulderici risponde

Mi è arrivata recentemente un’epistola (vabbé, una e-mail) contenente una richiesta di delucidazioni riguardo una complessa questione grammaticale in dialetto cimbro-borghense. Non ritenendomi assolutamente un esperto di linguistica, ho preferito inoltrare la richiesta all’esimio prof. Romildo Ulderici, già docente di Cimbrologia e Venetologia all’università di Luserna di Sotto. Di seguito la domanda e la risposta.

"Gent.le prof. Ulderici,

qualche giorno fa stavo disquisendo di musica reggae, sodomia e dialetto cimbro con alcune amiche, quando una di loro ci ha interrogato su quale fosse l’uso grammaticalmente corretto del verbo accademico "vegnesto". A me suonava bene "sito vegnesto" e stavo per dirlo, ma sono stato anticipato nella risposta da una delle molte ragazze di cui Nello è invaghito, la quale ha invece proposto con sicumera "gheto vegnesto". Nell’occasione ho preferito non contraddirla, ma da allora il tarlo del dubbio mi rode. Quale delle due opinioni era corretta?

PornoRambo"



Cortese giovine,

innanzi tutto ti ringrazio per voler mantenere viva con gli amici l’attenzione su alcuni aspetti profondamente legati alla tradizione del nostro territorio, e mi riferisco ovviamente alla musica reggae ed alla sodomia. Per quanto riguarda la tua domanda, invece, temo che la ragazza di cui Nello è invaghito sia stupida come una capra o non sappia nulla di dialetto cimbro. Le due ipotesi non si escludono a vicenda, ma nel caso Nello stia leggendo diciamo che propendo per la seconda.
Ho trascorso molti anni ad interrogare su simili temi filologici gli anziani dei nostri monti e delle nostre valli, ottenendone invariabilmente in risposta una gragnuola di bestemmie sconclusionate. Ne ho dedotto che "vegnesto", forma arcaica/montanara del più comune "Vegnù", è ovviamente il participio passato del verbo "venire" ("vegnere") e come in italiano è retto dal verbo "essere" ("essare"), non dal verbo "avere" ("gavere"). Perciò la forma più corretta della seconda persona singolare espressa in forma interrogativa è senza dubbio "sito vegnesto?" o meglio, per i residenti nell’area metropolitana del Borgo, "sito vegnù?"

Pur non dimenticando che in questa infausta regione vi è abbondanza di variazioni linguistiche e non manca certo la gente che inanella parole "ad catium", sono pertanto dell’opinione che l’espressione "gheto vegnesto?" lascerebbe basito anche il più incolto villico di S.Antonio del Pasubio, il quale peraltro se ne sbatterebbe in quanto ha cose più serie da fare che badare alle chiroestrazioni linguistiche, cose tipo tagliare la legna, custodire le vacche, preparare la soppressa.

A margine, peraltro, l’unico contesto in cui riesco ad immaginare una pertinente formulazione della domanda "sito vegnesto?" è l’insoddisfacente conclusione di un rapporto sessuale con l’incolto villico di cui sopra. Mi chiedo quindi che razza di ragazze frequenti.

Con ristrettezza di cordialità,

prof. R. Ulderici
siensiatto

Note estemporanee di zio Lusky:
State alla larga dagli anarchici informali, gli anarchici per bene si riconoscono perché danno sempre del lei e dicono buongiorno, buonasera, prego, si accomodi, e grazie.




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