25/9
2009

L’importanza di chiamarsi Ulderico

Dimenticavo i cimbri. Nel Triste Borgo Natio ultimamente si fa tutto un gran parlare di questi cimbri. Vuoi perché ormai i celti sono bolliti (Pitchfork da un pessimo giudizio del loro ultimo album), vuoi a causa del successo ottenuto dal libro "La valle dell’orco" di tale Umberto Matino. Successo locale, sia chiaro, nel caso vi steste chiedendo come mai non l’avete mai sentito nominare.

Parlarvi di questo libro è inutile, perché tanto se abitate nel Borgo l’avete già letto, in caso contrario non riuscirete a trovarlo in libreria. Mi piacciono le cose inutili. "La valle dell’orco" parla di un tizio che se ne va ad abitare in una contrada spersa tra i monti che sovrastano il Borgo, e lì muore. Essendo però una carogna, lascia in eredità al suo più caro amico un mutuo sulla casa ed il compito di scoprire quale dei simpatici contradaioli l’ha fatto fuori. E l’amico (padovano, quindi fesso per definizione) indaga, portando alla luce una trama inquietante e misteriosa che in qualche modo si riallaccia alla colonizzazione cimbra della vallata. Ora, leggendolo magari può sembrare strano che nel bel mezzo di un’indagine abusiva per omicidio un tizio incominci a discettare (e continui lungamente a discettare) di storia ed onomastica e topografia, ma in fondo non facevano la stessa cosa anche Sean Connery ed il suo chierichetto mentre vagavano per la biblioteca del Nome della Rosa? Io, personalmente, sarei più portato ad allontanarmi di corsa dal luogo del delitto, che sia una biblioteca medievale o una contrada montana, e menarmela sui cimbri o gli eretici solo una volta al bar con i miei amici ed una birra davanti, ma d’altra parte non posso pretendere di imporre la mia morale a dei personaggi di fantasia.

Non che i cimbri siano gli assassini del romanzo, peraltro. Non direttamente almeno. O forse sì, così ho coperto tutte le possibilità e ne sapete quanto prima. Ad ogni modo, oggi come oggi i cimbri sono una minoranza linguistica, cioè un gruppuscolo di gente che parla una lingua strana* e vive sparsa tra l’Altopiano del Formaggio Asiago, il trentino ed un altro posto nel veronese di cui non mi ricordo il nome. Su come ci siano arrivati, perché parlino quella lingua buffa, circolano attualmente tre teorie.

(Tre teorie su un popolo che non avevi mai sentito nominare fino a cinque minuti fa! E su di te, invece, niente!)

1. I cimbri discendono da un popolo barbarico partito dalla danimarca ai tempi dei romani, e giunti in italia avrebbero preso tante mazzate dai suddetti romani che non trovarono di meglio che nascondersi sui monti del vicentino, dove nessun popolo civilizzato si sognerebbe mai di andarli a cercare. Lì sarebbero rimasti nascosti fino ad ora (immagino pianificando subdolamente la vendetta facendo filò e rimpinguando di voti la lega).

2. I cimbri discendono da alcune famiglie di boscaioli bavaresi chiamati dai principi vescovi attorno all’anno mille per colonizzare i propri feudi montani. Famiglie tedesche (come i vescovi), cattoliche (come alcuni dei vescovi) e molto povere (a differenza dei vescovi), che si sarebbero poi "innestate" con successo nella zona, integrandosi nel corso dei secoli con le popolazioni locali e perdendo in gran parte memoria delle proprie origini, della propria lingua e della propria cultura.

3. I cimbri sono un tipo di funghi che si mangia con la polenta, che si sarebbe poi evoluto fino al minimo necessario per riuscire ad accoppiarsi con le procaci montanare venete, dando origine ad una stirpe di uomini-fungo che un giorno ci sterminerà tutti (rimpinguando di voti la lega).

La prima teoria, va da sé, è supportata da alcuni storici romantici e da alcuni leghisti che cercano un’origine "nobile" (per i leghisti barbaro=nobile) dei propri antenati. Va anche detto che pressoché ogni nome di persona, cosa o luogo nell’alto vicentino può essere ricondotto ad un’etimologia cimbra. Basta usare un po’ di fantasia.

La seconda teoria è supportata da altri storici e dal romanzo di cui parlavo prima, ed anche se questo non comporta assolutamente che sia vera la rende quanto meno più plausibile della precedente. E poi, l’idea che i veneti stereotipatamente più ottusi di tutti, ovvero i montanari vicentini, siano gli eredi di immigrati fuggiti per fame dal proprio paese di origine e che per secoli continuarono a rimanere tenacemente attaccati alle proprie usanze ed alla propria lingua, con buona pace di qualsiasi preesistente tradizione locale, mi fa simpatia.

La terza teoria, pur non essendo ancora stata vagliata dagli storici, risulta l’unica dimostrabile scientificamente. Ma magari approfondiremo un’altra volta.

Da questa lunga premessa discende che chiunque, volendo, potrebbe vantarsi di essere di origini cimbre. Perché dovrebbe farlo non è molto chiaro, forse per dare un senso alla propria vita maledetta cercando un’identità mitica di ascendenza teutonica, forse per sentirsi parte di una minoranza perseguitata e dimenticata, forse perché piace alle sbarbine. Persino io, che in fondo ho tutti i rami conosciuti della mia famiglia solidamente innestati in alcune delle località cimbre più à la page, da piccolo ero biondo ed ho ereditato una parlata piuttosto rozza e l’aria un po’ tonta, potrei spacciarmi per cimbro. Sono anche molto ghiotto di polenta con i funghi. Certo, nessuno dei miei parenti ha mai avanzato questa buffa ipotesi prima d’ora, alle cene di natale non ci scambiavamo buffe filastrocche in lingue medio tedesche e l’espressione più vicina al cimbro usata nella mia famiglia fu la sequela di bestemmie in ostrogoto che mio padre scaturì il giorno in cui mio fratello distrusse la 127, ma insomma, perché no? Non si parlava di radici dimenticate e tutto quel genere di cose? Si vede che mi ero dimenticato anch’io di essere cimbro, nessuno può smentirmi**.

Nel caso l’autore de "La valle dell’orco" dovesse passare fortuitamente da queste parti, si consideri fin d’ora invitato a casa mia a bere un bicchiere di vino e discutere della mia neonata ascendenza cimbra. Il bicchiere di vino se l’è meritato, la discussione invece è gratis.



P.S.: Siccome alcune persone che leggono il bloggo abitano ancora nel Borgo e possono smentirmi, ammetto che non è vero che si fa un gran parlare di cimbri, me lo sono inventato. Però forse se ne parla in mia assenza, non posso mica entrare in tutte le case. Maledetti rottweiler.


* Non più strana dell’italiano, suppongo, in una concezione relativistico-universale del linguaggio umano.
** A parte ovviamente un’eventuale analisi del DNA. Forse.

Note estemporanee di zio Lusky:
State alla larga dagli anarchici informali, gli anarchici per bene si riconoscono perché danno sempre del lei e dicono buongiorno, buonasera, prego, si accomodi, e grazie.




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