30/6
2016

Non arrestate l’estate

Comincia finalmente a far caldo. Io dormo poco, mangio troppe schifezze e mi concedo un mojito ogni tanto. O un bicchiere di porto. O una birra, che non amo particolarmente. O mezzo litro di vino rosso. Forse, sento il bisogno di inebriarmi, eppure tutto va splendidamente. Magnificamente. Meravigliosamente. Iperbolicamente.

Leggo Confucio e Camus. Il primo, mi sembra un vecchio bacchettone armato di buone intenzioni. Capisco perché la sua formula abbia funzionato per duemila anni e spiccioli, legittimare le strutture di potere e mitizzare il passato dipingendolo come l’età dell’oro è sempre una strategia di marketing vincente che si potrebbe su due piedi battezzare goldwashing, se non sapessi che a voi pervertiti verrebbe subito in mente qualcos’altro. Il secondo, era francese. Bravo, eh. Un genio, mi è piaciuto tanto. Allegro come la Svizzera a Ottobre, ma bravo.

Il recente referendum che ha sancito la presunta uscita del Regno Unito dalla presunta Unione Europea ha dato vita ad un ipocrita dibattito sull’efficacia e l’opportunità della democrazia diretta. Ipocrita, perché fondamentalmente retto sull’assunto che nessuno crederebbe comunque alla democrazia diretta a meno di essere un idiota o un ingenuo (idiota), e infatti sembrano crederci solo i grillini. Per questo lasciamo al popolo esprimere un’opinione solo su questioni risibili come la finale di Sanremo, l’esclusione dall’Isola di qualcosa o la partecipazione al parlamento italiano. In genere si sostiene che il popolo, ’sta bestia, non ha le conoscenze, le competenze, l’educazione necessari per decidere su questioni tecniche o politiche realmente importanti per la nazione o il mondo. Per questo deleghiamo la scelta a gente che se ne intende di più, come l’onorevole Razzi o Alfano o Matteorenzi, per dire. Fosse solo questo il problema, qualcuno obbietta che basterebbe eventualmente educare il popolo, magari farlo addirittura arrivare ad un’elezione preparato sugli argomenti in discussione tramite un utilizzo imparziale e formativo dei mezzi di comunicazione di cui abbondantemente disponiamo.

(Sento gente ridere nell’ultima fila?)

Magari si potrebbe addirittura stimolare il popolo ad educarsi da solo, dando valore alla cultura ed all’istruzione, ponendola come obbiettivo desiderabile anziché come inutile e risibile orpello di una casta di nullafacenti destinati a servire panini al fast food. Per dire, eh. Così poi magari il popolo, o almeno una percentuale significativa di essa giacché giustamente non saremo mai tutti esperti di tutto, potrà esprimere un’opinione sensata sulle materie che lo riguardano anziché dare carta bianca a dei cialtroni professionisti che passano un anno a fare promesse e quattro a farsi gli affari loro. Ma prima, naturalmente, c’è da risolvere la meschina questione che l’attuale struttura di classe e potere non ha alcun interesse acciocché il popolo sia istruito e consapevole delle proprie scelte, anzi, preferisce imbambolarli di tette e allarmi sicurezza e farli arrivare alla cabina elettorale lucidi come adolescenti la prima sera a casa da soli. Alimentando poi il comodo mito che, tanto, la gente non ne capisce, la gente non vuole informarsi, guarda c’hanno tutte le informazioni a disposizione su Internet e vanno a cercare le donne nude. Ci vorrebbe un po’ di Confucio, ci vorrebbe. Il libro delle Odi a swing sulla faccia di qualcuno, in particolare.

Guardo i fuochi d’artificio dalla finestra, è la festa del santo patrono. Grandi botti, grandissime luci. Piccoli botti, piccole luci. Qualche fischio, qualcuno che fa cilecca. Inevitabilmente torna il buio e resta solo una nuvola di fumo a mezz’aria che si disperde nel giro di un minuto.

Sono stato a Istanbul una volta, e questo non mi dà assolutamente il diritto di spacciarmi per esperto di politica internazionale o di terrorismo o di affermare che sento questa città meravigliosa come profondamente mia. Leggo qualche articolo, cerco di farmi un’opinione, e mi gonfio di sgomento e rabbia ogni volta che sento di un attentato in questa città. Anche di paura, perché ci vivono un paio di miei amici che da troppo tempo vorrei andare a trovare. Vogliono chiuderci in casa. Quelli che mettono le bombe, quelli che si fanno esplodere, quelli che sganciano le bombe dall’alto, quelli che irrompono coi carrarmati. Quelli che affonderebbero i barconi, che costruiscono muri e stendono filo spinato, che votano lega e fascio, che inneggiano allo zar o al califfo. Vogliono che ciascuno resti dov’è nato e non si muova, incatenati al suolo dalle nostre radici come alberi, schiavi della sorte che ci ha reso ricchi o poveri in base a dove abbiamo aperto gli occhi. Diminuiscono i nostri spazi di scelta, che già non sono troppi su questa palla di fango. Ci rendono fisicamente impossibile, o per il nostro bene ci sconsigliano vivamente di, lasciare il Paese, fare lunghi viaggi, visitare posti sconosciuti, incontrare persone che parlano una lingua diversa, che adorano altri bizzarri dei, ascoltare musica, leggere libri. Io li odio. Di nuovo, forse, tralasciando le sue opinioni in fatto di donne e governo e disegno delle sopracciglia, ci vorrebbe un po’ di Confucio (ma anche di Camus).

Note estemporanee di zio Lusky:
State alla larga dagli anarchici informali, gli anarchici per bene si riconoscono perché danno sempre del lei e dicono buongiorno, buonasera, prego, si accomodi, e grazie.




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