Ogni estate per me è tutte le estati. Il sole che mi brucia la pelle, l’afa che mi toglie il respiro. Il pavimento fresco sotto i piedi scalzi, lo stesso di quando ero bambino. Ogni estate è l’estate del ’91, quando si giocava a rubare dai supermercati e si beveva birra sul tetto della piscina comunale, cercando di capire come funzionavano le donne. Ogni estate è l’estate del ’97, tuffi nel torrente gelato dall’alto della rupe, o del 2004, un viaggio in treno infinito e lunghe telefonate nel cuore della notte. Ogni estate ha il profumo dei pini di montagna e l’odore umido dei templi cinesi, il sapore acre della polvere e quello salato dell’acqua di mare. Ogni estate è l’estate del 2013, una valigia trascinata sul selciato di un villaggio dello Henan, è l’estate dell’85, sigarette e pornografia consumati di nascosto in una casa abbandonata, ogni estate è la ripetizione ossessiva di un brano di Max Gazzè a bordo piscina, nel 1995. Ogni estate è l’estate in campeggio con i miei, le notti da solo a bere sambuca ghiacciata sul divano, l’estate in cui uscivo ogni sera ad ubriacare la mia tristezza e tornavo a casa piangendo per la paura di fare un incidente in auto, l’estate in cui è morto mio padre. Ogni estate ha il sapore fresco del mojito, il fruscio del ventilatore nelle orecchie e della sabbia tra i denti. Tutte le estati sono una singola estate che continua a riproporsi in dejavù impazziti, come in un sogno molesto su un letto disfatto dal caldo.
Note estemporanee di zio Lusky:
State alla larga dagli anarchici informali, gli anarchici per bene si riconoscono perché danno sempre del lei e dicono buongiorno, buonasera, prego, si accomodi, e grazie.