21/1
2011

O brothel, where art thou?

L’altro giorno ero lì su internet che cercavo di spedire un bonifico a Ruby e ad altre povere ragazze perseguitate a causa della malvagia pubblicazione dei propri numeri di telefono sui quotidiani giudobolscebicomassonici, quando mi sono imbattuto per caso in un articolo sul nostro Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Stupito, ho notato che non raccontava delle sue ultime avventure galanti e non riferiva le sue più esilaranti esternazioni, ma riportava le dichiarazioni di un certo pentito secondo il quale ci sarebbe proprio lui dietro le stragi del ’93. Non è la prima volta che si sentono queste voci e come sempre vanno valutate, dimostrate, provate, mica si può infangare un uomo onesto con tanta leggerezza. Tuttavia, mi son detto, si parla pur sempre del possibile coinvolgimento del Prez in una serie di bombe mafiose che hanno causato dei bei morti. Non sta a me stabilire se tutto questo sia vero o meno, pago un sacco di tasse per far lavorare i giudici al posto mio, ma in un Paese democratico serio questa sarebbe comunque una notizia della massima importanza, ne parlerebbero tutti, potrebbe far cadere un governo; persino se fosse uscita in Italia solo qualche anno fa non sarebbe finita certo schiacciata tra il gossip e la cronaca nera. D’altra parte, sono pure abbastanza convinto che in una dittatura seria questa notizia non sarebbe apparsa per niente, non ne avrebbe parlato nessuno, tutti zitti ad acclamare il premier, a guardare la parata militare o quel genere di cose che si fanno nelle dittature. È stato allora, tra la realizzazione che non verranno a salvarci manco i caschi blu e la visione di un futuro in cui solo il gossip è lecito e tutta l’Internet è censurata tranne i siti porno, che mi è sorta spontanea la domanda: ma noi qui, questo posto, cosa diavolo siamo diventati?

Note estemporanee di zio Lusky:
State alla larga dagli anarchici informali, gli anarchici per bene si riconoscono perché danno sempre del lei e dicono buongiorno, buonasera, prego, si accomodi, e grazie.




18/1
2011

Al rogo gli erogatori di roghi!

Buongiorno, buon anno. Cominciamo bene la settimana con questa faccenda del tizio di Venezia che vorrebbe rimuovere dalle biblioteche i libri degli scrittori che hanno firmato un appello a sostegno di Cesare Battisti, in una raccolta firme di Carmilla del 2004. Chi sarebbe questo mona?, si chiederanno i miei piccoli amici, che evidentemente come me aprono i giornali una volta al mese. Beh, ve lo direi, cari ragazzi, ma il mio avvocato mi consiglia di rimandare la raccolta di querele al termine del suo praticantato, quindi cercate su gugul o accontentatevi di sapere che è un mona. Uso questo termine perché, a differenza sua, sono un democratico e voglio che capisca bene cosa intendo, quindi evito di usare parole difficili come "mentecatto" o "patetica progenie di una peripatetica", che sono i miei insulti preferiti.

Questo tizio (il mona) si è preso del nazista un po’ da tutta l’internet, si è paragonata la sua monastica idea ai roghi dei libri e d’altra parte se salti fuori dal nulla con proposte del genere il minimo che ti possa capitare è che ti scambino per Goebbels. Per farsi dare del mona da questo bloggo, però, bisogna fare qualche piccolo passo in più, e questo signore li ha fatti con l’agilità del gatto con gli stivali. Lunghi, eleganti balzi per rivendicare pubblicamente il proprio diritto ad essere riconosciuto in quanto mona:

- In primo luogo, ha ridato dignità ad una raccolta di firme di Carmilla, che pur con tutta la simpatia ormai se la leggevano solo Evangelisti e la Digos. Bravo!
- Poi restituisce smalto alle biblioteche pubbliche, che fino a tre giorni fa pareva ci andassero solo i fuoricorso ed i vecchietti e si potessero chiudere per risparmiare sull’irpef comunale mentre oggi sono tutti lì che le difendono come se fossero gli ultimi templi della cultura occidentale. Proprio bravo!
- Per non parlare di tutti quelli che in questi giorni scorrono la lista degli scrittori epurati e si chiedono per esempio "Agamben? E chi cazzé questo Agamben? ’Spetta che lo leggo così faccio un dispetto alla destra oscurantista e fassista..." Per ogni copia in meno in biblioteca, ne venderanno dieci di più in libreria. Bravissimo!
- Che poi, non si capisce la logica di togliere dalle biblioteche i libri di quelli che hanno espresso sostegno per quell’altro, quando negli scaffali vicini si possono trovare le opere di molti altri ex-terroristi, per non parlare di quelle di dittatori sanguinari di ogni sorta  e dei loro sostenitori. Cos’avrà in più Battisti per meritarsi un livore che neanche Stalin, Hitler o Bruno Vespa hanno ricevuto? Mi ha messo curiosità, davvero bravo!
- Infine, dulcis in fundo, ha scatenato una gara di solidarietà nei confronti dei sostenitori di Battisti, e quindi indirettamente nei confronti di Battisti, anche da parte di persone che per l’ex capo dei PAC provavano la più sentita indifferenza quando non ostilità e disprezzo. Niente niente, può succedere che persino Saviano cambi idea di nuovo e rifirmi l’appello. Complimentoni!

Bravo, mona. Vorrai perdonarmi se mi rivolgo a te di persona, e con insulti così lievi che neanche tua madre te li riserverebbe. Ad essere sincero, le accuse di nazismo nei tuoi confronti mi sono sembrate quanto mai affrettate e superficiali: i nazisti erano delle vere merde, teutonicamente spietati ed efficienti nei propri compiti di distruzione e di morte, se si escludono quelli che in cui si imbatteva Indiana Jones. Tu, invece? Hai ripulito la cultura italiana o almeno quella veneziana dalla vergogna filoterrorista, hai rinfocolato la riprovazione nei confronti di Battisti e dei suoi sodali, hai allontanato la minaccia bolscevica dalle italiche sponde? Macché. Tu, apparentemente con un certo impegno, sei riuscito solo a far incazzare i bibliotecari, a macchiare il tuo nome di infamia perenne e a suscitare l’indignazione di un manipolo di hipster su tumblr. E sai perché? Parché te si mona.




13/1
2011

Le parole sono importanti

referendum [re-fe-rèn-dum] s.m. inv.
1 Istituto giuridico in virtù del quale il popolo viene chiamato alle urne per esprimersi su questioni istituzionali e politiche essenziali || r. abrogativo, indetto per abrogare una legge o alcune sue disposizioni | r. propositivo, indetto per avanzare proposte di legge
2 estens. Consultazione diretta di una categoria di cittadini: indire un r. tra i lavoratori sull’accordo sindacale; indagine volta a rilevare l’opinione delle persone intorno a qlco.: la rivista ha indetto un r. tra i lettori
• a. 1892

ultimatum [ul-ti-mà-tum] s.m. inv.
• Nell’ambito del diritto internazionale, ingiunzione con la quale uno stato fa conoscere a un altro le proprie proposte su una questione, accompagnandole con la minaccia di rompere le trattative o di ricorrere alla forza se queste non verranno accettate: mandare un u.; estens. nel l. com., ingiunzione perentoria, che non ammette discussioni o repliche, anche in senso scherz.: i sequestratori hanno mandato un u.; in famiglia mi hanno dato l’u.
• sec. XVII

Diktat s. neutro ted. (pl. Diktate); in it. s.m. inv. (iniziale minusc.)
1 Trattato di pace imposto dai vincitori ai vinti senza possibilità di negoziazione
2 estens. Imposizione della propria volontà ad altri. Sinonimo: ordine
• a. 1942

ricatto [ri-càt-to] s.m.
• Intimidazione, di carattere materiale o morale, con cui si costringe una persona a pagare una somma di denaro, a compiere atti contrari alla sua volontà; estens. pressione psicologica, in senso scherz., richiesta a cui è impossibile opporre un rifiuto
• a. 1872

Marchionne: "Se non ci sarà il 51% di sì la Fiat investirà altrove, le alternative sono molte, ovunque, Canada o Michigan per esempio. Se vinceranno i No, torneremo qui a Detroit a festeggiare. Abbiamo fiducia che prevalga il buon senso."



[poi, in effetti, uno come lui cosa volete che dichiari. Spero che qualcuno gli righi la macchina.]




30/12
2010

Un altro giro di giostra

Penso si possa ormai dire senza timore di smentita che il 2010 sta per finire. Molti terranno un sospiro di sollievo, compreso il 2009 che in prospettiva ci sta facendo un gran bella figura. Per quanto mi riguarda, questo è stato un anno intenso e ricco di dis/avventure, almeno secondo gli standard di un piccolo impiegato piccolo borghese di bassa statura. Tra le mie grandi scoperte del 2010 c’è che odio i revisori di conti, per cui non vi annoierò con un bilancio preciso e mi terrò alla larga dalle classifiche. Sono stato in giro, ho visto gente, ho fatto cose. Ci sono state morti e nascite, metaforiche ma più che altro fisiche, ci sono stati piani e progetti a cui ho preso parte e chissà che strada prenderanno, ci sono stati pochi film e pochissimi libri e tanta musica, separazioni, gioie, insulti ed ubriachezza, piccole vittorie e modeste sconfitte. Sono stato in Africa (due volte, se diamo retta agli standard locali). Mi sono perso nei boschi. Ho visto cose interessanti in televisione e cose terribili su Internet, l’ignoranza al potere ed il cinismo di mestiere. Ho trascorso notti insonni, e giornate a dormire. Ho sentito il rombo cupo di un torrente in piena. Ho scoperto che in una dittatura puoi pubblicare solo quello che è gradito al governo, mentre in una democrazia puoi pubblicare tutto quello che non è sgradito al governo, e non mi è più così chiara la differenza. Ho capito che certi governi non cadranno mai, e che a volte il popolo deve avere paura solo di se stesso. Ho aiutato una donna incinta al supermercato. Sono diventato più social e più asociale, e poi di nuovo meno social, annoiato e snob. Ho visto gente arrabbiata quand’ero arrabbiato anch’io, per le cose di cui ero stanco io, e mi sono rincuorato un poco. Siamo ancora la minoranza, non so se più o meno dell’anno scorso. Siamo ancora pochi, ma più di quanti ne vorrebbero avere contro. Il mio miglior augurio per il nuovo anno, per me e per voi silenziosi lettori, è di non diventare come loro.




14/12
2010

Il signore ti conservi sott’olio

Lunga vita al governo Berlusconi! Sia lodato il Prez!

Contrariamente a tanti pavidi traditori, bolscevichi agenti del vile complotto giudiziarioplutomassonico, io non ho passato le ultime settimane a crogiolarmi nell’onanistica illusione che oggi cadesse il governo, precipitando il Paese nel tetro baratro dell’ingovernabilità o, più probabilmente, in un Berlusconi bis o in qualche altra fanfaronata. 

Anzi!

Se c’è una cosa che ho desiderato ardentemente in questi giorni è stato che la portiera della mia auto si aggiustasse da sola, ma se ce ne sono due la seconda era senz’altro che il Prez rimanesse al governo, saldamente in sella come un vecchio miliardario su una prostituta minorenne cleptomane. E ne ho azzeccata una, quanto meno. 

Certo, il giorno in cui il Lestofante Capo cadrà io farò festa, mi ubriacherò e scenderò nudo in piazza a ballare come tutte le persone di buon senso, ma è un bene che non sia stato oggi. E non solo perché fa molto freddo. Questo governo, il peggiore da quando è caduto l’ultimo, ha passato gli ultimi due anni e fischia a fare danni. Mentre imperversavano la crisi economica, la disoccupazione, Marchionne, le catastrofi ambientali, il terremoto ed il vulcano islandese questo governo si occupava solo degli affari del Prez, degli interessi economici e giudiziari del Prez e degli amici intrallazzatori, delle puttane e dei picciotti del Prez. L’unica emergenza che si sono attivati efficacemente ad affrontare è stata l’influenza H1N1, che infatti si è risolta da sola. Ed ora che il letame è arrivato ben oltre il livello di guardia, ora che il Paese è allo sfascio, l’economia in ginocchio, la nave sta affondando, la mia scorta di metafore è allo stremo e la gente sta cominciando appena appena ad incazzarsi, loro vorrebbero svignarsela? Ennò! Adesso ve ne state lì, con i vostri  quattro voti di maggioranza, in pugno ai capricci di ogni infame voltagabbana come dei Prodi qualsiasi, vittime dei vostri stessi sotterfugi. Non voglio affatto che ve ne torniate a casa, sereni davanti al televisore* ad accarezzare la testa della vostra  escort preferita mentre un Bersani o un Vendola si arrabattano a porre rimedio alle vostre malefatte, prendendosi tutta la colpa dei tagli e dei sacrifici e permettondi di tornare scintillanti al potere tra pochi mesi, a furor di popolo. No, voi dovete stare al governo ora, a raccogliere ciò che avete seminato, e continuare a fare riforme e gozzovigliare e fare danni senza pudore, fino a quando da quei palazzi verranno a tirarvi fuori con le picche ed i forconi, fino a quando anche i più spregevoli giornalisti di regime vi avranno voltato le spalle, e nessuno in tutta Italia (isole comprese) potrà ammettere ammirazione per voi senza essere accolto da un coro di pernacchie e risate. 

Fosse stato oggi, quel giorno, magari. Ma arriverà, vale la pena aspettare. Nel frattempo, governate pure serenamente, godetevi il frutto della volontà popolare. State affiduciati. 



* P.S.: Gasparri, maledetto anello di congiunzione tra la scimmia e la riforma delle telecomunicazioni, io su questa minchia di digitale terrestre non prendo ancora la rai. Ti do una settimana per sistemare, poi passo a casa tua e ti brucio la divisa da balilla del nonno. 




6/12
2010

Che roba, Contessa

E finalmente anche il bunker si è deciso a fare sciopero. Abbiamo sopportato la crisi, abbiamo sopportato i tagli, abbiamo sopportato la ristrutturazione riorganizzazione razionalizzazione condivisione sinergica delle risorse con il resto del mondo del lavoro, ma quando ci hanno detto che per qualche assurdo motivo non avremmo più trovato carpaccio di delfino in mensa, abbiamo capito che non si poteva sopportare oltre. Saremmo persino saliti sul tetto della fabbrica, se il regolamento aziendale non lo vietasse.

THE DAY BEFORE
T.: E allora domani mi raccomando, portiamo gli striscioni, le bandiere, i tamburi. Canteremo Bandiera Rossa!
Il popolo bove: Sì! Giusto!
#: Aspetta... Com’è che quando le cose vanno male mi diventate in massa di sinistra? Sei mesi fa non eravate tutti leghisti?

Boss di Fine Livello: Questo lavoro mi servirebbe per domani mattina.
#: Te lo faccio oggi pomeriggio.
Boss di Fine Livello: Ottimo. Comunque domani mattina forse dovremo rivederlo.
#: Allora bisognerà che mi lanci un urlo dalla finestra, perché io sarò giù in strada.

Il problema, trattandosi del Far North East, è che qui la gente non le sa fare queste cose, non è abituata. Gli parli di sciopero e credono sia una cosa che si fa col fotosciop. Ho perso il co to di quanti, in questi giorni di lotta, mi hanno chiesto se bisognava prendersi ferie, se occorreva lo stesso timbrare il cartellino. Cumpà! Quelli vogliono togliere i diritti ai lavoratori, e voi non li avete neanche mai usati! Per forza poi votate Zazà!

THE STRIKE DAY
#: E insomma, tutti zitti? Nessuno conosce una canzone adatta all’occasione?
T.: "Chi non lavora non fa l’amore."

#: Dai, ci sarà qualcuno con esperienza di queste cose!
C.: Mi ricordo ancora l’ultimo sciopero che ho fatto. Era il ’79, e...

Finito lo sciopero e tornati noi tutti più sereni alla nostra catena di montaggio di mine antipanda, certi di non aver ottenuto un cazzo ma di aver quantomeno fatto mezza giornata di team building come i nostri capi, si passa ovviamente a contare chi c’era e chi non c’era, perché lo sciopero è un diritto ma rigare le macchine è un piacere.

THE DAY AFTER
S.: Di tutto il piano, è venuto in ufficio solo Pinco.
#: Ah, il figlio del padrone?
S.: Sì, dice che non crede nello sciopero.
#: E ti credo.
S.: Poi però alle due è sparito, come al solito, e nessuno l’ha più visto per il resto della giornata.
#: E che c’è di strano? Si vede che non crede neanche nel lavoro.




29/11
2010

Le finimonde diplomatique

Vatti a fidare dell’hype. Dopo tanta attesa, dopo tanta tremarella da parte dei governi mondiali, quello che è uscito finora dai documenti divulgati di wikileaks ha di sconcertante soltanto la capacità di provocare "boo" di delusione. Dove sono le rivelazioni sui crimini di guerra in iraq e afghanistan, sull’influenza delle multinazionali nell’economia mondiale, i nomi e cognomi dei mafiosi, dei fabbricanti d’armi, dei trafficanti di droga e dei politici mondiali che li sostengono? Mi spiace per i giornalisti, sempre all’erta e pronti allo sciacallaggio, ma che Berlusconi faccia le orge, che l’Iran sia considerato un po’ da tutti un regime fascista e che Pechino avesse coordinato gli attacchi contro google lo sapevamo già. E senza godere del supporto di misteriosi hackerz, peraltro, dato che erano notizie apparse su tutti i giornali (o su quasi tutti, nel caso delle orge di Berlusconi). Gheddafi ama le zoccole ed è matto come un cavallo? Si sapeva. Berlusconi e Putin sono culo e camicia? E’ storia vecchia. La Russia è governata dalla mafia? Vedi il punto precedente. E le fonti? Adesso tutto cambia perché prima erano solo gossip mentre adesso ci sono le prove? Neanche per sogno. E’ tutto un "secondo un funzionario dell’ambasciata", "secondo le confidenze di un informatore", e "mio cuggino mi ha detto che una volta da piccolo è morto", esattamente come al solito. Niente foto di Ahmadinejad che si fa frustare il culo da prostitute thailandesi vestite da gerarchi nazisti, insomma, almeno fino ad ora. Vergogna! Questo sarebbe lo scoop del secolo? L’11 Settembre diplomatico? E neanche un accenno, chessò, ai gasdotti ucraini, ai tentativi di uccidere Fidel Castro, almeno agli amanti di Carla Bruni, al prossimo modello di iphone? Le scie chimiche? Gli ufi? Niente, nada, niet? Va bene, magari il meglio deve ancora venire e gli scribacchini hanno preferito accanirsi sul gossip, ma la mia impressione è che questa enorme nuvola di fumo senza arrosto, di allusioni prevedibili e sospetti arcinoti, oltre a servire come ripasso generale per i marziani appena sbarcati abbia giusto giusto un paio di obbiettivi o, se non vogliamo giocare al complottismo, un paio di effetti collaterali: il primo è quello di mettere nei guai l’amministrazione americana, di inchiodare la Clinton, far perdere credibilità a Obama e costringere tutti gli ambasciatori del mondo ad usare soprannomi nello scambiarsi i pettegolezzi*, il secondo quello di avere un’ottima scusa per porre un freno a questa sconsiderata anarchia di internet che infiniti lutti addusse agli achei, all’anonimato online ed ai quei lacciuoli che ancora limitano il controllo dei governi sui contenuti che girano in rete. Certo non sarà facile convincere i cittadini dell’opportunità di azioni così impopolari, non bastano i vari suicidi/omicidi indotti da feissbuuk o i serial killer conosciuti in chat che sono pur sempre casi isolati, al massimo un paio per ogni stagione televisiva di ogni serie poliziesca, servirebbe un fatto davvero grave, su scala globale, qualcosa con pesantissime ripercussioni anche nel "mondo reale", qualcosa di cui parlino i giornali per giorni, un grosso pericolo per la sicurezza mondiale messo in atto da un hackerz misterioso ed imprendibile che sfrutta le falle del sistema, una "nuova forma di terrorismo", qualcosa tipo... uhm... un "11 Settembre diplomatico"? Ops, sto di nuovo facendo dietrologia.



* Es.: "il Nano Pelato", "Faccia di Cavallo", "Sarkonò", "Michael Jackson", "Cervello di Burro", "lo Zio di Ruby", "Elvis", "l’amichetto del Nano Pelato".




24/11
2010

Nel mulino che vorrei

’sto Paesaccio diversamente democratico è ormai talmente ripiegato su se stesso, talmente concentrato a fissarsi l’ombelico, che sui telegiornali finiscono il delirante battibecco tra le comari del Popolino delle Libertà, le reazioni alle dichiarazioni di maroni da parte di ogni sottosegretario dei mecojoni, le illuminanti opinioni del sovrano assoluto dello stato pontificio su preservativo ed omosessualità e le puntualizzazioni del cosiddetto presidente della cosiddetta repubblica riguardo i tagli alla cultura prima del possibile collasso dell’euro e a me sinceramente lo stipendio lo danno ancora in euro, poco e male e non si sa per quanto ma sicuramente in euro, non in Buoni Bocchino, e tutto ancora prima, sempre prima, molto prima, degli scazzi violenti tra le due Coree che probabilmente finiranno per l’ennesima volta in una bolla di aiuti economici, ma potenzialmente potrebbero portare alla terza guerra mondiale come riportato nella seguente scaletta:

Corea attacca Korea
Cina attacca Corea
Stati Uniti attaccano Cina
Cina molla un’atomica in Alaska
Stati Uniti nuclearizzano Pechino
tutti i cinesi presenti negli Stati Uniti rispondono all’appello della madre patria e fanno un colpo di stato in America

Almeno secondo quanto accuratamente predetto, già l’anno scorso, nell’ultimo libro dello stimato politologo Simone Sarasso. E’ tutto già scritto, moriremo tutti tra l’altro in povertà perché l’euro, sapete, e noi qui a pensare alle fotine fatte col cellu in parlamento e niente, oggi mi sono svegliato così e volevo condividere un po’ di gioja con il mondo.

(inoltre il mouse si sta rompendo ed il mio corpo non ha ancora imparato a secernere nicotina.)

P.S.: vi odio tutti, tranne quelli che vi amo (pochi).




18/11
2010

Neanche questi fiori azzurri


E’ capitato anche a me di vedere il programma di Fazio e Saviano in tivvù, quella roba degli elenchi, ed anch’io come tutti i bravi intellettuali di questo paese non posso che dirmene disgustato. Fazio è un chierichetto, su questo non ci piove, con i suoi modi piagnucolosi e ipocriti potrebbe trovarsi davanti anche Yog Sothoth in persona e cercherebbe comunque di trattarlo con un certo qual garbato paraculismo, si farebbe divorare le budella ma senza perdere il contegno, senza alzare la voce, senza lasciarsi appannare quel sorrisino detestabile da capoclasse secchione. E Saviano? Saviano è un montato, uno che scrive contro la camorra ma pubblica da mondadori, un ragazzino con la sindrome dell’eroe, poi magari c’è di peggi in giro ma è pieno di sè, è antipatico, sotto sotto probabilmente anche un po’ terrone. Non si possono vedere, quei due. E la trasmissione? L’unica parvenza di idea è quella degli elenchi, ma è un’idea sciatta, banale, infantile, pappina pronta già masticata per i telespettatori rincitrulliti, il resto è tutto già visto, momenti nazionalpopolari si alternano a mosci episodi di qualunquismo, Ligabue che canta mentre alle sue spalle scorrono i cosiddetti grandi volti dell’italianità, Fini e Bersani che snocciolano buoni propositi già traditi, Benigni, Albanese, Paolo Conte, dai che non è questa la buona televisione, dai che non è giornalismo, dai che è solo intrattenimento senza spessore, senza denuncia, senza impegno sociale e politico.

Ditemi voi se si può fare la rivoluzione con una trasmissione così.


Poi vabbè, son riusciti in due puntate a parlare di diffamazione mediatica, di Falcone & Borsellino, di testamento biologico, di collusioni tra la lega e la ’ndrangheta facendo tra l’altro arrabbiare Maroni ed arrestare un pericoloso latitante, hanno portato Vendola incazzato a parlare di ghei, sono riusciti quasi a rianimare persino il cadavere di Paolo Rossi. Ma questo significa che bisogna cedere ai compromessi ed accettare la trasmissione di quei due guitti piddini? Giammai, solo una sana e consapevole purezza ideologica potrà mantenerci monda la coscienza mentre perderemo per l’ennesima volta, chissenefrega se vengono visti da milioni di persone che tra qualche mese dovranno andare a votare e sicuramente, per quanto poco, nel marasma di lavaggi del cervello incrociati si faranno più influenzare da un monologo di Saviano in prima serata che da un editoriale di MicroMega, in fondo si tratta solo dello spregevole volgo italiota, che ne capisce della buona televisione, che ne capisce di politica, bastonate e Bonolis tutte le sere si meriterebbero, e magari sarebbero pure contenti, questi bifolchi, mica è il popolo che vogliamo questo, piccoli berlusconini in erba, noi siamo intellettuali seri e ci meritiamo conduttori più eroici, un popolo alla nostra altezza.




9/11
2010

Seppure in un contesto metaforico in cui le regioni hanno il ciuffo

Quello che non capisco è come mai i veneti non capiscano perché tutti li odiano. Già di suo, ci sono regioni simpatiche e regioni antipatiche: la toscana è simpatica, l’emilia è simpatica, la puglia è simpatica, la sardegna è simpatica. Piemonte, lombardia e veneto, per esempio, sono antipatiche. Ci vedete una correlazione? Alcuni obbiettano che le regioni dove si lavora sono antipatiche, perché lavorano, mentre le regioni dove non si fa una fava sono simpatiche, perché non si fa una fava, è un richiamo psicologico al lato giocoso e vacanziero della vita, ma è un’obiezione che non sta in piedi perché per esempio il friuli è abbastanza simpatico anche se lavora, l’alto adige è moderatamente simpatico, mentre calabria e basilicata non poi tanto, anche se non hanno mai lavorato un giorno in vita loro. Si tratta quindi di beceri luoghi comuni, che esulano dal serio studio sochologico che sto conducendo. Il lavoro non c’entra, certe regioni sono simpatiche di natura, come le persone. Il veneto, per esempio, ha quel ciuffetto verso Belluno che non si può vedere ed è tutto sfilacciato in laguna, non possiede la grazia aerodinamica di una toscana o la precisione geometrica della sicilia.
Ma a proposito di persone, può darsi che forse abbiano anche loro delle responsabilità. Forse il fatto che il veneto non abbia sviluppato una grande cultura regionale, perché era troppo impegnato a lavorare, non abbia una grande cultura politica, perché era troppo impegnato a privilegiare interessi di campanile, non abbia una grande cultura sociale, perché la famiglia contadina era il nucleo sociale fondamentale ed autosufficiente, non abbia neanche una grande cultura culinaria, perché tende a mettere il pragmatismo davanti alla fantasia, e insomma non ami la cultura in generale, perché è sempre stato considerato pure dai suoi stessi abitanti un vasto contado da sfruttare in cui non c’era tempo per coltivare anche lo spirito e l’intelletto, ha qualcosa a che fare con il disprezzo ed il senso di superiorità con cui le altre regioni guardano al veneto, e questo disprezzo ha qualcosa a che fare con i rigurgiti fascioleghisti che spingono i veneti a vittimizzarsi e a odiare tutti, a invocare le ronde e votare i padagni e a rifiutarsi di imparare l’itagliano, e questo sentimento balcanico magari a sua volta contribuisce a spiegare come mai adesso che il veneto ha bisogno d’aiuto tutti li guardino con sufficienza e sostanzialmente se ne disinteressino. Ci sono anche altre cause, di sicuro, ma anche se, a denti stretti, ha sempre aiutato tutti, anche se sborsa alle casse dello stato molti più soldi di quanti ne riceva, anche se "cazzo ho fatto lo stronzo ma adesso ho veramente bisogno di una mano", il veneto non si può aspettare che le altre regioni corrano ad aiutarlo e gli si stringano addosso in un abbraccio di fratellanza, seppure in un contesto metaforico in cui le regioni hanno le gambe per correre e le braccia per abbracciare. Non è il fottuto libro Cuore, questo. Il veneto è antipatico, per molte buone ragioni, in questa emergenza riceverà più facilmente aiuto materiale che solidarietà, e magari gli andrà pure bene. Il paradosso è che questo lo spingerà a chiudersi ancora di più, a vittimizzarsi ancora di più, probabilmente a votare ancora di più gli stessi amministratori di provata ascendenza celtica che sanno esprimere il proprio amore per il territorio solo costruendo strade e fabbriche e organizzando sagre della bondola e farlocche fiere medievali, lasciando intanto che le montagne cadano in testa ai cittadini ed i torrenti si trasformino in paludi. E via, in una spirale di antipatia che renderà il veneto sempre di più il Ghedini d’Italia, se non la si ferma in tempo. Si potrebbe tentare per esempio facendogli inalare dell’elio, seppure in un contesto metaforico in cui le regioni possono fare la vocina buffa.



(poi tanti odiano il veneto anche per via di Rovigo, ma lì non gli si può dir niente)




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