3/11
2010

Ventimila leghe sotto i mari

Dopo le invasioni barbariche, la fondazione di Verona e l’elezione di Zaia, ecco un’altra disgrazia abbattersi di punto in bianco sul veneto: l’alluvione. Ayayay, martoriata terra matria! Ayayay, quanto dolor devi patir!

(questo per ricordarvi che di fronte alle catastrofi ambientali, per qualche motivo, io vengo posseduto dallo spirito di un poeta tragico spagnolo di fine ottocento che non ha mai pubblicato niente)

(E tu? da che demone sei posseduto/a di fronte alle catastrofi ambientali? Condividi la tua esperienza con noi inviando un’e-mail a lusky chiocciola blu punto it)

Fin dalle prime luci dell’alba di Lunedì tutta la popolazione del Triste Borgo Natio scrutava l’impetuosa potenza del torrente Giòlgara che minacciava la serena vita del villaggio. La preoccupazione serpeggiava tra quanti abitano nei pressi del torrente, timorosi che l’inarrestabile forza delle acque sopraffacesse (sopraffarebbe? sopraffaresse?) i robusti argini che la mano dell’uomo aveva levato in loro difesa e travolgesse le loro case, i loro campi, le loro audi comprate in germania per non pagare l’iva. Gli altri, stretti ai primi dall’insolubile legame di solidarietà che da sempre unisce il popolo iperberico, dicevano "Va’ che roba ziu khan" sgranocchiando patatine e facendo filmati con il telefonino tosto caricati su youtube.

Io, inconsapevole di tutto, me ne stavo in ferie in trentino, dove tra parentesi mi sono divertito, ho speso poco e mangiato molto bene (consiglio il "Cardo" a Pinzolo, weinstube e cucina tipica).

Sono tornato solo nel pomeriggio di Lunedì, aggirando con trasandata incoscienza tutti i cartelli di divieto di transito e di pericolo che punteggiavano la strada che dai monti scendeva al borgo. La neve, caduta abbondante nelle ultime settimane, si era improvvisamente sciolta a causa del vento caldo e della pioggia e tutti i torrenti erano gonfi e violenti come tifosi serbi in trasferta. La carreggiata era spesso invasa dall’acqua ed in alcuni punti anche dal fango, dalle pietre e dai vigili urbani. Ma questo mi ha forse fermato?

Ayayay no.

Nel Borgo alla fine i danni sono stati piuttosto limitati, un paio di ponti chiusi, un pezzo di pista ciclabile che a quest’ora sarà già arrivata a Marghera ed un paio di case a rischio smottamento. Molto più seria la situazia a Vincenza ed in altri posti meno importanti nei paraggi, ma mi verrebbe da liquidare tutta la faccenda dicendo che comunque quella gente farebbe di tutto per attirare l’attenzione se non fosse che un sacco di gente ha subito danni gravissimi per cui bisogna mettere da parte gli scherzi e le facezie e

[nota per lo stagista: inserire qui dieci righe di retorica nazionalpopolare a sostegno delle popolazioni disagiate]

Ieri, quando il peggio sembrava passato, è arrivato pure Bertolaso. Bertolaso è un po’ la signora Fletcher delle catastrofi italiane, anche se poco o niente si sa dei rapporti della signora Fletcher con le massaggiatrici. Il sommo capo della protez. civile ha fatto un giro in elicottero sopra il territorio allagato ed ha rassicurato tutti affermando "Comunque è sempre meglio che stare ad Acerra. Almeno per quanto mi riguarda." Si attende da un momento all’altro l’interessamento del governo con una battuta di Berlusconi sulla famosa economia sommersa del veneto.

Oggi, finalmente, ha smesso di piovere ed è tornato il sole, le acque defluiscono e tutti si scrollano di dosso la colpa del disastro, ma con grande senso di responsabilità, amore per il territorio e rispetto delle nostre tradizioni.

Io spero solo che a Vicenza e a Verona con tutta quest’acqua marcia in giro non scoppi un’epidemia di colera, altrimenti dopo sai i napoletani quanto li sfottono.

Chiudo questo reportage in esclusiva dai luoghi del disastro (l’elezione di Zaia) con una domanda che vuole essere semplice ma vuole essere anche retorica e soprattutto vuole essere inutile e ridondante, ma a cui nessuno ha ancora dato una risposta: ma passare a fine Ottobre da una settimana di gelo e nevicate intense per la stagione ad una settimana di scirocco e piogge monsoniche, è normale?

Ayayay.

Note estemporanee di zio Lusky:
State alla larga dagli anarchici informali, gli anarchici per bene si riconoscono perché danno sempre del lei e dicono buongiorno, buonasera, prego, si accomodi, e grazie.




27/10
2010

Il grande cinema di Karmachimico: True Legend

Sabato sera, mentre ero latitante a Padova in attesa di andare a bere un mojito al cubano, ho visto "I sette samurai" di Akira Kurosawa. Per cui oggi vorrei parlarvi, cari lettori immaginari come un dio del wu shu, di un grande capolavoro del cinema asiatico.

Ma non di questo.

Ieri sera, infatti, io e Lagatta sgranocchiando taralli ci siamo guardati "True Legend", di un regista non meglio specificato che non ho voglia di cercare su wiki. E’ uno di quei film cinesi dove la gente si prende a mazzate dall’inizio alla fine ma con eleganza e stile e per un nobile scopo, e questo li distingue dalle partite della Stella Rossa Belgrado (manca il nobile scopo) o dai dibattiti sulla costruzione delle discariche (mancano eleganza e stile). Nella migliore tradizione delle recensioni cinematografiche da osteria, tralascerò tutta la parte sulla fotografia, la scenografia, la regiografia e tutti gli altri aspetti di un film che non conosco e passerò direttamente alla trama.

Il film comincia con dei ninja che si arrampicano su uno sperone roccioso in mezzo ad altri speroni rocciosi per liberare un principe che sta per essere ucciso da degli altri tizi per motivi non specificati. A guidarli c’è il valoroso generale Su, aiutato dal colonnello Ma e dai soldati semplici Di, A, Da, In, Con, Per, Fra e Tra, che penetrano senza indugio nella base nemica e fanno strage di qualsiasi forma di vita si pari loro dinnanzi, perché curiosamente anche dopo i primi cento-duecento morti c’era ancora gente che si parava loro dinnanzi per impedirgli di fare la qualsiasi mentre io, per esempio, avrei ritenuto l’occasione adatta a mettermi immediatamente in mutua fino al successivo cambio di dinastia. Ma è per quello che loro fanno i film di arti marziali e io no. Diverse acrobazie, spadate e sciabolate dopo tutti tornano a casa sani e salvi tranne quelli che sono morti, il principe viene liberato e vuole ricompensare il generale Su nominandolo governatore ma quello risponde che lui non ha tempo per quelle cose e propone invece che la carica venga attribuita al suo fratellastro Uan, che egli ama come un fratellastro. Il principe acconsente, perché evidentemente quel posto da governatore non lo voleva proprio nessuno e quindi andava bene qualunque pirla fosse disponibile.

Passano gli anni.

Su è a casa con la sua famiglia felice, composta dall’amata moglie Ying che è anche sorella di Uan e quindi sorellastra dello stesso Su, ma alla fine sticazzi scommetto che in Cina succede di peggio, dal tenero figlioletto Feng e dal saggio padre di cui non ricordo il nome perché muore subito dopo. Torna in città Uan, ormai governatore, e si capisce che qualcosa non va perché arriva accompagnato da una scorta di guardie con armature nere e preceduto da vessilli neri. Non è che ci voglia un gran genio per capire che sono armati, ma non delle migliori intenzioni. Inoltre Uan è tutto pallido con le occhiaie scure, come chi è roso dalla malvagità o passa le notti a farsi le raspe o, come in questo caso, passa le notti a farsi raspe malvagie pensando alla sorella. Entra a casa di Su, dove egli era cresciuto, e senza neanche pulirsi le scarpe uccide il saggio padre e gli taglia la testa, perché a quanto pare anni prima il padre di Su aveva ucciso su’ padre, dopo di che rapisce Ying e il nipote e va a salutare la tomba del padre, che per motivi poco chiari a noi occidentali si trova su un pontile affacciato su delle ripide violentissime.
Su, venuto a conoscenza del fatto, si risente e va di corsa sul pontile, per elargire al fratell(astr)o la giusta dose di calci nei denti atta a punire la sua esuberanza. Ci sono però un paio di problemi: mentre Su passava il tempo a giocare con il figlioletto e a fare flic flic con la moglie, Uan si è sottoposto ad un piercing estremo facendosi installare una potente armatura direttamente nella carne viva ed ha approfondito la conoscenza della terribile tecnica marziale dei Cinque Pugni Velenosi, che fa male. Evidentemente in Cina la carica di governatore lascia molto tempo libero. Di conseguenza, nonostante la sua sconfinata maestria è Su ad avere la peggio e Uan lo ucciderebbe pure con una certa facilità, se il piccolo Feng non si aggrappasse alla gamba dello zio supplicandolo di risparmiare il padre. Allora Uan, che ama il bambino e non vuole traumatizzarlo, si limita a prendere Su e a gettarlo nelle rapide. Con suo disdoro, però, Ying si getta a sua volta nelle rapide per salvare il marito. Il piccolo Feng resta solo con il malvagio zio, due poveri sfigati che nessuno ama.

Passano gli anni.

Ying ha salvato Su, perché in Cina le rapide violentissime fanno solo scena ma non ammazzano nessuno, come i calci volanti. Grazie all’aiuto della dottoressa Michelle Yeoh il veleno dei Cinque Pugni Velenosi viene espulso dal corpo di Su e questo è quindi libero di piangersi addosso e darsi all’alcol per il disonore della sconfitta subita. La moglie, stufa di sentire le sue lagne dopo avergli anche salvato la vita (e trovatela voi una donna che si getta nelle rapide per salvarvi dopo che non siete riusciti a proteggerla dal fratello che se la vuole fare), lo redarguisce con la dolcezza tipica delle donne orientali (davvero, trovatela voi una donna che non vi gonfi la faccia a padellate in una situazione così) e lo sprona a fare del proprio meglio. E lui lo fa. Ritorna in forze, ha delle allucinazioni in cui il dio del wushu lo aiuta ad allenarsi e finalmente dopo molto tempo è in grado di andare a cercare Uan per vendicarsi e riprendersi il figlio. Ma la moglie, scocciata, c’era andata lei cinque minuti prima.
Uan, vedendo Su irrompere come una furia in casa sua e sterminare con disinvoltura tutto il suo esercito, ha una bella pensata e fa seppellire viva Ying in un posto che sa solo lui, così di certo Su non lo potrà uccidere se non vuole perdere l’amata moglie per sempre. Peccato che questo piano potrebbe funzionare solo se Su fosse informato della situazione, cosa che Uan tralascia sbadatamente di fare. E infatti muore, dopo che Su gli ha strappato l’armatura di dosso e infilato i Cinque Pugni Velenosi nell’Impero di Mezzo. E muore anche Ying, cosa che tende a capitare quando ti seppelliscono vivo.

Passano gli anni.

Improvvisamente non siamo più in una specie di passato mitologico pieno di foreste, eserciti armati di sciabola e armature cucite sulla pelle, ma in una grande città con i vaporetti e gli occidentali cattivi che uccidono i cinesini per divertimento. E sono passati solo pochi anni dalla scena precedente! Su è tornato ad essere un alcolizzato, vaga per le strade con il figlio che si prende cura di lui e si piange addosso tutto il tempo per non essere riuscito a salvare la moglie. Davvero, ’sto tizio è una lagna. Mentre pianta rogne in una locanda, ritrova il dio del wushu vestito da cosacco (giuro) che gli insegna la tecnica marziale dell’ubriaco che lui impara con una certa naturalezza essendo già ubriaco da prima. Poi nella locanda incontra anche il colonnello Ma, quello con cui da giovane andava a liberare i principi nelle fortezze nemiche, e questi due incontri sono l’unica cosa che ci ricorda che stiamo guardando sempre lo stesso film, perché tutto il resto che succede non c’entra una mazza da wushu con quanto avvenuto prima. Il colonnello Ma, ora diventato maestro di arti marziali (esistono altri lavori in Cina?) li invita all’arena dove sconfiggerà gli occidentali cattivi che uccidono i cinesini per divertimento, ripristinando l’orgoglio nazionale in un’epoca di tetro colonialismo. Su lo segue, più che altro per bere a scrocco al bar dell’arena, e Ma si fa stendere da un lottatore di wrestling. Qui potrebbe finire il film, se il lottatore non osasse allungare le sue manacce sul piccolo Feng. Su entra ovviamente nel ring, utilizza le tecniche dell’ubriaco per stendere tutti gli avversari che gli vengono messi davanti dallo spietato manager David Carradine e dimostra l’indiscutibile superiorità della razza Han sui goffi subumani europei. Epica la scena in cui Su è steso a terra, tra la vita e la morte, tutti attendono che egli si alzi in piedi per reclamare la vittoria e tutti gridano "Su, Su!" ma Su resta giù e gli appare la moglie che lo incita dicendo "Su, Su!" e Su si tira su. Per la disperazione, David Carradine andrà a Bangkok e si impiccherà per le palle ad un ventilatore da soffitto, o una cosa del genere (scena tagliata).

Passano gli anni.

Il film si chiude con Su che si allena da solo ed il figlio che lo guarda ammirato, perché in Cina un figlio non chiede di meglio che una madre morta sepolta viva ed un padre alcolizzato che combatte con gli dei del wushu che gli parlano nella testa.




13/10
2010

Smrt fašizmu

Curiosa coincidenza del destino che i tifosi serbi si mettano a far casino proprio mentre in Italia si discute la proposta del ministro della guerra La Russa di mandare in giro i cacciabombardieri. L’ultima volta che gli italiani se ne sono andati in giro a mollare bombe in testa alla gente, infatti, è stato proprio in Serbia, nel 1999. Ricordate? Al governo c’era naturalmente il terribile Lestofante Capo, cav. granfigl. d. putt. Silvio Berl... ops, no, c’era l’infido Primo Ministro delle Tenebre Minimo D’Alema, che allora ed in seguito difese questa scelta in nome della diffusione della democrazia occidentale così come fece il suo fido scherano Fassino, che coerentemente anche oggi si dichiara possibilista sull’opportunità di mollare un po’ di uranio sulla testa degli afghani. Per difendere i "nostri" soldati impegnati laggiù, naturalmente, perché immagino che se un convoglio di soldati viene attaccato in un’imboscata da dei guerriglieri afghani la soluzione più efficace sia un bel bombardamento a tappeto. Ma che cazzo ne so io di tattica militare, poi? Del resto gli americani hanno un fottio di caccia pieni di bombe ed infatti non subiscono mai perdite, ed in Afghanistan come altrove si stanno divertendo da matti. In Serbia, comunque, era andato tutto bene: qualche mese di bombardamenti, fabbriche, ponti, stazioni televisive e treni distrutti, civili uccisi, uranio impoverito come manna dal cielo ma alla fine Milosevic si è dovuto arrendere e gli albanesi del Kosovo sono stati finalmente liberi di avviare le proprie democratiche purghe contro i civili serbi, di massacrare quelli che non hanno potuto o voluto scappare, di distruggere i monumenti della cultura serba e di dichiarare in modo unilaterale la propria indipendenza, dando buone ragioni o almeno buone scuse ai nazionalisti neofascisti serbi per racimolare in questi dieci anni sempre più consenso e potere, scatenandosi in episodi di violenza ed intolleranza sempre più gravi di cui gli scontri di ieri sera allo stadio sono solo un risibile esempio. Non vedo cosa potrebbe andare storto stavolta.

Per fortuna, il ministro della guerra La Russa ha oggi rassicurato il popolo bove che i militari italiani mai sono andati oltre il legittimo uso delle armi e mai hanno causato danni ai civili. Spero che si riferisse solo all’Afghanistan, e lo stesso sarebbe una stronzata, perché altrimenti mi vien da chiedermi dove fosse La Russa ai bei tempi in cui si bombardava Belgrado, appunto, o in cui si attaccavano i cavi elettrici alle palle dei somali. Probabilmente a lustrare la propria collezione di soldatini di piombo, esattamente dove dovrebbe stare adesso.




5/10
2010

Tutti lì a strategare e tensionare

Quando ho sentito la prima volta del presunto attentato al presunto direttore di presunto giornale Belpietro (dando per scontato che sia il suo vero nome) non sono riuscito a trattenere una risata. Una lunga, grassa, indecorosa risata. Poco dopo, quando sono emersi i dettagli dell’accaduto, la giacca da finanziere, la pistola inceppata, devo ammettere che mi sono fatto un’altra risata. Soltanto in seguito, a mentre fredda, riflettendo sull’accaduto, sono scoppiato di nuovo a ridere. Quando poi sono stati sollevati dei dubbi sulla veridicità della faccenda, a causa dei troppi particolari oscuri o improbabili, non posso negare di essermi fatto di nuovo una risata, anche più grassa e indecorosa delle precedenti. E’ stato solo in seguito che sono tornato serio e mi sono intristito, pensando a quale livello di degenerazione sociale e politica deve essere comunque arrivato uno Stato dell’autoproclamatosi "mondo civile" per essere costretto a mettere la scorta a dei giornalisti, per vedere dei giornalisti essere minacciati, rischiare la vita e certe volte anche perdere la vita a causa del loro lavoro, che sarebbe quello di informare i cittadini. Poi per fortuna mi è tornato in mente Belpietro e sono scoppiato di nuovo a ridere.


[Nel frattempo, nel mondo reale: il premier compra deputati un tanto al chilo, gli striscioni ed i cartelli che possono urtare la sensibilità papale vengono sequestrati illegalmente, l’opposizione parlamentare dorme, la cassa integrazione sta per essere esaurita, l’opposizione extraparlamentare è al confino fuori dai tiggì, la monnezza brucia per le strade, la scuola pubblica è alle pezze, i padagni sfasciano il paese ed i fasci padagnizzano il paese, solo per dirne alcune. E la gente crede ancora alle madonne e nel superenalotto.]




17/9
2010

Il potere politico nasce dal tubo di scappamento

C’è questa pubblicità che mi ha innervosito e vorrei approfittare di questo balcone virtuale su questa piazza venezia virtuale per spiegarvi tosto di che pubblicità si tratti e del perché e del percome.

Amici, romani, concittadini.

C’è questo gruppo di pecore in mezzo alla strada, che protesta per qualche motivo. Una fila di automobili è ferma in attesa che gli ovipari ovini rinuncino alle proprie rivendicazioni e lascino libera la carreggiata, così da poter tornare a casa in tempo per la finale di x-factor. All’improvviso, arriva un’auto che procede spedita, il gregge di kebab crudi si apre per farla passare e poi si richiude su se stesso, senza la minima considerazione per quegli onesti concittadini che da tempo stazionavano in silenzioso e paziente appoggio alla loro lotta. L’auto a cui così graziosamente viene ceduto il passaggio è la Mersedes classe A. Il claim suona più o meno "Il rispetto bisogna guadagnarselo".

Ora,

(amici, romani, concittadini)

questa pubblicità mi sembra emblematica di due cose. Ve le riporto col trattino davanti così non vi distraete.

- Secondo il marketing della meserdes, e mi sa anche secondo la clientela della mersedes, il rispetto uno se lo guadagna attraverso l’eroico atto di sborsare una vagonata di soldi per comprare le loro macchine da medioborghesi sboroni. Puoi anche passare le giornate a Nairobi a curare malattie tropicali a piccoli orfani sordomuti tifosi dell’Hellas, ma se non hai i soldi minimo per una classe A, non ti sei "meritato" nessun rispetto e schiatti in fila con gli altri. In questa metafora, noi non siamo gli automobilisti sfigati, siamo le pecore.

- I guidatori di mersedes, ma lo stesso si può dire anche dei guidatori di audi, alfa, bmw, qualsiasi suv e qualsiasi auto pretenziosa per la quale devi sborsare un sacco di pilla, non sono tenuti al rispetto delle stesse regole degli altri automobilisti. Come Neo in matrix, essi sono creature speciali in grado di fare qualsiasi cosa ed in particolare sorpassi in colonna, a destra, sopra e sotto le altre automobili, parcheggi selvaggi, sfanalate in autostrada e dispregio totale della precedenza. Questo esclusivamente in virtù della loro encomiabile capacità di firmare assegni ai concessari, che li distingue dai comuni mortali i quali, per esempio, se c’è un branco di animali di traverso sulla strada non procedono dritti senza rallentare, ma si fermano ed imprecano e suonano il clacson e al limite scendono e prendono a calci la pecora attirando così le ire del nerboruto abbruzzese che le stava pigramente sorvegliando. In questa metafora, noi siamo ancora le pecore. Tranne gli abbruzzesi che sono l’abbruzzese.

Perché i guidatori di mersedes fanno così? vi chiederete voi, se non altro dopo aver letto la frase precedente. La risposta è presto detta: se hai pagato il triplo di quello che hanno pagato gli altri per avere fondamentalmente lo stesso servizio, ovvero la capacità di spostarti da un posto all’altro dando un senso alla guerra in iraq, è ovvio che ti senti un cretino se non godi di qualche beneficio extra. E certo, gli interni in pelle hanno quel buon profumo di selvaggio che attizza le fotomodelle anoressiche, i sedili che ti scaldano il culo sono una gran comodità, ma ben presto ti rendi conto che non valgono quei due anni di stipendio di un operaio che li hai pagati. Sai cosa li vale? La capacità di comportarti come se la strada fosse un’estensione curiosamente lunga del vialetto di casa tua e fottertene allegramente di tutti gli altri automobilisti, il tutto mentre le pecore ti cedono il passaggio intimorite ed ammirano la tua potenza.

In realtà resti un cretino, ma almeno arrivi a casa prima degli altri.

Se pensate che parli per invidia, siate resi edotti del fatto che la classe A mi fa sanguinare gli occhi dallo schifo e che non la guiderei neppure se minacciato con un disco di tiziano ferro, e lo stesso vale per quasi tutte quelle altre macchine da imprenditore veronese sfigato. Badino lor signori che non sto criticando il modo in cui la gente spende i propri soldi, ma la presunzione che il fatto di aver speso dei soldi per una supposta con le ruote dia loro dei diritti speciali, o almeno che glieli dia su quel tratto di strada che io devo percorrere ogni giorno da casa al bunker. Per me, tutto quel patrimonio che avete messo da parte evadendo faticosamente il fisco per anni potete dilapidarlo come meglio credete. Auto, droga, concittadini. Sapete come lo spenderei io, quel mucchio di soldi?

Mi comprerei un gigantesco gregge di pecore e lo incollerei in mezzo alla vostra strada del cazzo.




16/9
2010

Siamo ancora la minoranza

Se in questi giorni sul bloggo si respira un’aria un po’ rarefatta, non è perché io mi sia ritirato in qualche vetta solitaria a meditare sullo scempio della società contemporanea vestito di pelle di cammello e nutrendomi solo di erbacce e locuste, per quanto messa così l’idea appaia allettante. Il fatto è che Amormio ha deciso di aprire una propria scuola di tai chi, io ed altri tre scapestrati le stiamo dando una mano ad organizzare il tutto, e così passo le giornate a registrare statuti, iscrivere a federazioni, progettare volantini e complottare per il rovesciamento del sistema capitalista (questo nel tempo libero). Oltre naturalmente al mio solito quotidiano lavoro alla catena di montaggio di panda impagliati che mi permette di portare il pane in tavola.

Ciò non significa che io non trovi ogni tanto un minuto per dedicare un pensiero alla situazione politica del mio Stato preferito, per quanto a dire il vero l’Indonesia francese tenda ad essere un posto molto tranquillo nella stagione in cui non fanno test atomici. In Italia, invece, dopo un’estate di grandi polemiche, scissioni, minacce, scandali, estorsioni ed esaltazioni della prostituzione fisica ed intellettuale, cioé dopo un’estate assolutamente normale, permane la cortina fumogena tesa a celare la drammatica realtà della situazione attuale, ovvero:

- la merda sta ancora al potere.

Ve l’ho riassunta per punti così è ancora più chiara.
In fondo, però, devo ammettere che la faccenda non mi dispiace più di tanto. E’ giusto che i milioni di italiani che hanno votato per il Lestofante Capo ed i suoi loschi schinieri assaporino fino in fondo lo sterco in cui hanno scelto di farci sprofondare, che lo degustino a grandi cucchiaiate, che lo poccino nel caffè. Altri tre anni di ’sto schifo?, vi chiedete orripilati voi, pochi cittadini onesti o più probabilmente paraculi. Ma se ora arrivasse un Bersani qualsiasi a far quadrare i conti, a cercare di mettere una pezza ai danni fatti nella sanità, nella scuola, nel mondo del lavoro, nella società civile in genere, se arrivasse un piddino qualsiasi ad arrabbattarsi nel limite delle proprie facoltà mentali per spalar via questo letame che ci arriva alla gola, gli italiani che credono alla lega o al pdl o ai mafiosuncoli vari non capirebbero. Probabilmente non capiranno neanche tra un anno, tra tre, tra dieci, sono disinformati e rincitrulliti a dovere, ma almeno che si godano l’osceno spettacolo che hanno contribuito ad allestire, finché a su di stringere la cinghia capiranno che qualcuno si sta facendo beffe di loro. A tutti gli altri basti l’amaro pensiero che comunque sostituire oggi la carogna di arcore con un bieco socialdemocratico porrebbe solo un freno allo scempio ma non riuscirebbe a riparare al danno fatto, a risollevarci da questa vergogna. Per quello servirebbe almeno Vendola.




6/9
2010

Like a modern man

Capisci che la vecchiaia è inesorabilmente cominciata quando durante una cena a casa di amici, dopo un semplice piatto di lasagne al forno ed uno di crocchette di pollo con contorno di patate al forno, peperoni in agrodolce e zucchine, un pezzetto di formaggio, un dolcetto, una fettina di salame al cioccolato ed una coppetta di macedonia, il tutto innafiato da modesti bicchieri di refosco ed una grappina, mentre gli altri commensali sono impegnati in una conversazione di indubbio spessore sociale sull’allevamento dei cani pincher, ti vien da squargliatela quatto quatto sul divano e lì t’addormi.


[i peli bianchi sul torace invece si possono tranquillamente strappare e dimenticare]




1/9
2010

Ode alla tipa che mi stava davanti oggi in macchina

Dovete sapere che io, sotto questa dura scorza di ex-alcolista semianalfabeta, celo un animo da poeta. Solitamente mi vergogno di lasciar trasparire questo mio lato dolce e sensibile perché ho paura che i miei compagni di scuola mi picchino (anche se non vado più a scuola, sono certo che mi tengono ancora d’occhio). Certe volte però alcuni fatti della vita mi colpiscono in modo particolare e non posso fare altro che arrendermi al flusso di poeteria che mi sgorga spontaneo dal cuore. Com’è successo oggi, mentre in pausa pranzo correvo a casa, o per meglio dire cercavo di correre a casa, e mi è capitato di incontrare questa tizia bionda, credo, ma comunque chissenefrega, che guidava con la stessa spericolatezza con cui una vecchia guida il proprio carrello alla coop, ed io non la potevo superare perché c’era molto traffico e non la potevo picchiare perché eravamo ciascuno nella propria auto (inoltre picchiare la gente è sbagliato) e non la potevo bestemmiare perché stavo già bestemmiando ed improvvisamente ho avuto una di quelle illuminazioni di cui parlavo prima ed allora ho pensato di dedicarle una poesia.


(Adesso immaginatevi che si abbassino le luci ed entri io vestito da poeta con un machete in mano)



Ode alla tipa che mi stava davanti oggi in macchina

O bionda pavida che guidi senza fretta
e concedi a tutti buona precedenza
al limite stai largamente sotto
e lasci attraversare la vecchietta,

ti confesso per quello che mi spetta
che invece io avrei una certa urgenza
di certo mi si scuoce già il risotto
e al pranzo vorrei ir come saetta.

Ma superar non posso la twa twingo
per via di questo traffico elevato

[così]

alla prossima rotonda io ti spingo
contro un rombante autoarticolato.




(io e la metrica non ci conosciamo neanche)




27/8
2010

Sul ponte sventola

Secondo il governatore Zazà, chi non espone la bandiera del veneto dovrebbe cambiare casa. Lui parla di luoghi pubblici quindi pare che per il momento a casa mia io possa restarci, ma d’altra parte non ci capisce come faccia uno a cambiare casa se la sua casa era un luogo pubblico. Intendo: a chi è rivolto questo appello? Non ai sindaci, che non abitano in municipio, né ai presidi o ai direttori delle asl o ai commissari di polizia o dei caramba, perché nessuno di questi abita nei luoghi dove dovrebbe essere esposta la bandiera e quindi il riferimento al cambiare casa non avrebbe nessun senso. Evidentemente il Governadur si rivolge ai senzatetto e agli zingari, gli unici che effettivamente vivono in luoghi pubblici e quindi dovrebbero esporre la bandiera, pena l’obbligo di cambiare casa. Forse anche ai militari in caserma. Barboni, zingari e soldati sono dunque avvisati: espongano lestamente il gonfalone di San Marco, o si trasferiscano lontano da Ground Zaia, terra orgogliosa e fiera.

(questa regola non vale per tutti gli americani di stanza al Dal Molin, i quali per evidenti motivi di supremazia militare non sono tenuti ad esporre la bandiera veneta pur occupando uno spazio pubblico, e ciononostante non vengono invitati dalle autorità a tornarsene a casa.)

(e sono pure extracomunitari)

(extracontinentali addirittura)


Che a me poi la bandiera veneta piace pure, esteticamente. Tutta gialla e rossa e con le frange ed il leone, è una bandiera gagliarda, si vede che ci arriva più o meno inalterata dal medioevo come tutti i valori a cui la lega è affezionata e non è un’icona posticcia disegnata a tavolino da qualche burocrate tardorisorgimentale. Ma a casa non ce l’ho, quindi farei fatica ad esporla. Un giorno sono anche andato in negozio per comprarla, perché non si sa mai quando ti può arrivare Zazà a cena e che figura vuoi farci, ma alla fine ho rinunciato perché il commesso africano assunto in nero si rifiutava di farmi lo scontrino asserendo che la mia insistenza nel rispettare la legge tradiva "identità, storia, cultura, tradizione e tutti i valori della nostra Regione", stizzito me ne sono andato lasciandolo lì a picchiare uno zingaro con uno stoccafisso ed i soldi per la bandiera li ho investiti tutti in crinto.



P.S.: Secondo una ricerca dell’università di Venezia, la prima raffigurazione del leone di san marco sulla bandiera veneziana risale al 1261 e quell’animale sarebbe stato adottato perché in quel periodo i veneziani erano in affari con il sultano d’egitto Baybars, campione dell’Islam, che usava uno stemma simile. In precedenza il santo protettore della città veniva rappresentato in figura umana. I veneziani avrebbero quindi cambiato la propria bandiera, già vecchia di quattro secoli, sostanzialmente per ingraziarsi un grosso cliente. E questo sì, questo esprime molto dell’identità, della cultura, dei valori e soprattutto dell’attaccamento alla tradizione del cosiddetto popolo veneto.




25/8
2010

Più duraturi del bronzo

Qualche giorno fa, nel mentre che lavoricchiavo nel piccolo cantiere che abbiamo aperto in salotto, mentre ascoltavo distrattamente alla tivù i piani macchiavellici dei nostri politici sull’opportunità o meno (per loro) di andare alle elezioni, sono stato improvvisamente folgorato da un dubbio:

"Ma chi era il candidato del centrosinistra alle ultime elezioni?"

(mi riferivo ovviamente a quelle vinte nel 2008 dal Lestofante Capo che al momento ci sta governando, oltre che rovinando la vita ed il fegato)

E ci pensavo mentre tagliavo pannelli di polipropilene, mentre stendevo la colla, mentre attaccavo i pannelli. E non mi è venuto in mente nessuno. Il vuoto assoluto. Di certo avevo votato per lui, badate bene, avrei votato anche per l’insegnate di cucina di Hannibal Lecter pur di arginare il successo della cariatide di Arcore, ma niente. Il vuoto assoluto. Mi considero un giovane abbastanza informato, abbastanza politicizzato, abbastanza schierato, abbastanza giovane, eppure di fronte all’avversario di Berluschini la mia memoria si arenava come una chiazza di petrolio nel golfo delle metafore eccessivamente elaborate.

Così mi son detto, se era il vuoto assoluto, doveva probabilmente trattarsi di Franceschini. Ve lo ricordate Franceschini? Quel tipo buffo con la pettinatura da bravo ragazzo che per qualche tempo ha tralasciato i suoi doveri di chierichetto per giocare a fare il politico. Ve lo ricordate? Appunto, neanch’io. Quindi doveva essere lui.

Ma dato che dietro ad ogni grande uomo (che sarei io) c’è una grande donna, ho chiesto lumi ad Amormio. Lei ci ha pensato su un pochino, ha fatto la faccia di quando uno cerca di ricordarsi dove ha messo le fatture del dentista, e poi ha alzato le spalle sconsolata.

"Non mi ricordo", ha detto.

"Quindi era Franceschini."

"Potrebbe essere stato Franceschini."

Insomma, Prodi non poteva essere, perché Prodi non ha mai perso contro Berlusconi tranne una volta a tresette ma non era neanche una partita ufficiale. Bersani all’epoca si limitava a fare il cantante, e non gli riusciva neanche male. Ochetto era già morto, sepolto dal peso insostenibile dei propri baffi. Non restava nessuno. Quindi era Franceschini, vero?

Invece no. Perché Franceschini, si è saputo poi, quel giorno doveva accompagnare la mamma a fare la spesa e di conseguenza quel tragico giorno a perdere contro il Lestofante fu Veltroni. Yes. Uolter Ueltroni. Ve lo ricordate Veltroni, quel tipo che prima vendeva le figurine e poi molestava gli africani e nel mezzo non si sa bene cosa facesse alla guida del più grosso partito di opposizione che mai si sia visto?

No, eh?
Chissà che fine ha fatto, poi. Mi pare sia scomparso più o meno nel periodo in cui attivavano quel grosso macchinario al Cern di Ginevra.




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