21/1
2008

L’uomo delle nevi

Ieri il Triste Borgo Natio si è svegliato avvolto in un mantello di nebbia, una soffice coltre di cotone che celava dolcemente alla vista le case e le strade, attutiva i suoni, riposava i pensieri.
"Quant’è romantico tutto ciò!", pensavo affilando il machete per tagliarmi le vene.
Dopo aver valutato brevemente l’ipotesi di rimanere affacciato tutto il giorno alla finestra a declamare versi del Foscolo sanguinando sulla strada, io ed Amormio abbiamo optato per una fuga nell’unica direzione dove sembrava che la nebbia non fosse arrivata: verso l’alto.
E fu così che andai per la prima volta a sciare in questa vita, nella ridente località di R.1K, sotto un cielo azzurro quant’altri mai ed il sole che scaldava le montagne innevate. Pazienza. Tanto il Foscolo mica si offende.

Brevi note sull’esperienza sciistica:

- A parte l’attrezzatura presa ovviamente a noleggio, per il resto ero agghindato come Fantozzi alle crociate, con pezzi di equipaggiamento recuperati in ogni dove e combinati con gusto discutibile. Non entrerò nei dettagli. Fortunatamente non esistono foto che mi ritraggano nel corso dell’evento.

- Nessun osso rotto, nessuna distorsione, quotazioni del dolore alle gambe: in moderato aumento.

- Lo sci rimane uno stupido sport borghese, sia chiaro, ma se vi ci si applica con moderatezza e coscienza di classe può tornare ad essere per brevi istanti quel sano passatempo popolare che era in origine. Brevi istanti... via, anche un paio d’ore.

- Prima esperienza: approfittando della momentanea assenza di Amoremio (e di Amicasua che ci accompagnava) ho infilato con nonchalance gli scarponi e mi sono agganciato agli sci. Muovo un piede. Muovo un altro piede. Non ne ho altri. Comincio lentamente a scivolare verso il basso, contro la mia volontà. Cerco di fermarmi. Cerco di girare per evitare l’albero. Cado rovinosamente. Resto con nonchalance faccia a terra sulla neve, agitando le zampette come una tartaruga rovesciata sul guscio. In mezzo al candore che mi circonda vedo emergere una figura evanescente che mi incoraggia dicendo:

"Usa la Forza, Iuk! ...Segui l’istinto, Iuk!"

Ho usato la forza. Ho seguito l’istinto. Non fosse stato per una vecchina che con aria premurosa mi ha spiegato come rialzarmi, probabilmente sarei ancora lì.

- Successive esperienze: mi sono divertito assai. Ci siamo divertiti assai tutti quanti, a scivolare su queste ridicole assi sagomate, e risalire, e riscivolare, e ancora, e ancora, sempre sotto il sole e tra le montagne innevate, e poi mangiarci un panino, e poi tornare giù e scoprire che la nebbia era rimasta lì tutto il giorno ad aspettarci invano.

Bwahahahah.
Stupida nebbia.

Note estemporanee di zio Lusky:
State alla larga dagli anarchici informali, gli anarchici per bene si riconoscono perché danno sempre del lei e dicono buongiorno, buonasera, prego, si accomodi, e grazie.




18/1
2008

Vengano i turisti tra le macerie

Pare che questo sia il periodo dell’anno in cui i tedeschi cominciano a progettare le vacanze estive (e vabbé, sono pur sempre tedeschi...) e gli operatori del settore turistico, noti anche come albergatori, hanno il comprensibile sospetto che l’emergenza rifiuti in Campania possa tenere questi schizzinosi teutonici lontani dalle nostre spiagge e città d’arte, ed i soldi di questi schizzinosi teutonici lontano dalle loro tasche.
Come intende correre ai ripari la Confturismo Veneto?
Pare* che stia progettando una campagna pubblicitaria sui maggiori quotidiani tedeschi, il cui messaggio più o meno esplicito dovrebbe essere: "Noi non siamo come Napoli".
Mentre il suo vice Zaia sostiene che il Veneto dovrebbe chiedere i danni alla Campania, il governatore Galan, quello che per ragioni tecniche e politiche ha rifiutato di aiutare a smaltire i rifiuti campani, sostiene invece che la campagna pubblicitaria va bene purché sia "informativa e non sia scioccamente denigratoria". Lodevole intenzione, ma con questa gente la vedo dura.

Camorra, cumuli di monnezza, magliette con la cintura di sicurezza disegnata, colera, gente che va in giro in motorino senza casco, casalinghe basse e ciccione coi baffi.

Noi non siamo come Napoli, quant’è vero.

Infatti Napoli è una città che, oltre ad essere bella di suo, produce anche letteratura, cinema, musica, idee, cultura, è una città aperta e viva ed in quanto tale conosciuta in tutto il mondo, non un museo all’aria aperta. Il Veneto sarebbe anche un bel posto, ma negli ultimi cinquant’anni il più elevato prodotto culturale delle sue città-fabbrica è stato lo slogan "Governo luamaro". E lo sapete per cosa i veneti sono famosi in tutto il mondo?

No?

Appunto.

Noi non siamo come Napoli.





* Il dubbio è d’obbligo, essendo i veneti costantemente sottoposti ad un’efficace campagna denigratoria che mira a farli passare in massima parte per idioti bigotti e razzisti.




17/1
2008

Anche la Decenza ha finito la pazienza

Buongiorno,

mi chiamo Teresa Decenza, mi presento qui per fare un appello pubblico alla cittadinanza. Perdonate l’intrusione ed anche un certo imbarazzo, non è che sia molto avvezza a frequentare l’Internet, e di questo sito qui, poi, non avevo neanche mai sentito parlare, ma sapete come si dice: "ogni riparo è buono nella tempesta".
Il fatto è che sono appena rimasta senza lavoro. La vicenda mi ferisce molto, sia per i termini in cui si è interrotto il rapporto, sia perché mi ritengo una professionista altamente qualificata e le cose da fare di certo non mancavano. Non era certo un lavoro di poco conto: fino a ieri, infatti, ero impiegata presso la segreteria della presidenza del consiglio dei ministri. Immagino cosa state pensando: politica. Del resto anche i miei amici si sono molto stupiti quando ho assunto l’incarico, erano tutto un "La Decenza entra in politica!", "Mannò!", "Maddai!", "Chi l’avrebbe mai detto?", "Proprio lei!" eccetera. Non ci credeva nessuno.
Però credetemi, non sprecavo il mio tempo. Ero inquadrata come funzionaria addetta alle Public Relations con delega all’Ethics Counseling, che in parole povere vuol dire: era a me che i cittadini facevano appello quando il primo ministro o qualcuno dei suoi ne sparava una troppo grossa. Il più delle volte, dopo aver ponderato il problema, riferivo al segretario particolare del premier, il quale a sua volta faceva da portavoce presso il consiglio dei ministri: "Decenza suggerisce questo", "Decenza consiglia quest’altro" e via dicendo. Ho avuto comunque modo di lavorare fianco a fianco con molti parlamentari, anche dell’opposizione: modestamente, solo per fare un esempio, sono stata io a suggerire a Roberto Maroni di far sparire quegli occhiali con la montatura rossa. Devo ammettere che alcuni proprio non mi piacevano. Mastella, per esempio, il cosiddetto ministro della giustizia, l’avevo capito subito che sarebbe stato fonte di guai; tante volte ho suggerito a Prodi che sarebbe stato il caso di toglierselo dai piedi, ma lui ogni volta ribatteva: "Quel guaglione ci serve."
E non sono neanche del tutto sicura che dicesse proprio "guaglione".
Ultimamente, come temo si sia notato, ho dovuto trascurare un po’ i miei impegni di lavoro. Motivi di salute: prima un tour de force per la finanziaria, poi il fermo dei camionisti, la gardia di finanza, infine questa devastante storia di Galileo, con tutti che mi chiamavano e mi tiravano dalla loro parte, Decenza di qua e Decenza di là, ma nessuno che mi desse retta un minuto. Il medico ha parlato di un leggero esaurimento e mi ha consigliato un po’ di riposo, di restare entro i miei limiti.
Ieri, però, è arrivata quest’ultima batosta. Me ne stavo appunto a casa a riposarmi come consigliato dal medico, quando vengo a sapere che la moglie di Mastella era stata posta agli arresti domiciliari, nell’ambito di un’inchiesta per tentata concussione. Inizio già a fremere, ma mi sforzo di stare tranquilla e di rilassarmi. "Riposo". Dopo poche ore, scopro che anche il ministro è indagato, e che accusa i magistrati di aver messo in atto una caccia all’uomo nei suoi confronti. Sento che mi sale un nodo in gola, metto a scaldare una tisana e cerco di regolare il respiro. Leggo che Mastella ha dato le dimissioni, ma che Prodi le ha respinte invitandolo a ripensarci.
Il ministro della giustizia indagato. Il ministro della giustizia che accusa i giudici di perseguitarlo. Non vedevo un simile caso di schizofrenia in politica dai tempi di Caligola. Ed il primo ministro lo invita a restare!
Non ce l’ho più fatta, ho mollato la tisana e sono balzata sul telefono come una tigre, chiamando direttamente l’ufficio del premier. Mi ha risposto il segretario, quello particolare.

"Buongiorno signora" e tutto quel genere di cose.
"Guarda," gli ho risposto "ho sentito gli ultimi fatti, le ultime dichiarazioni. Così non si può andare avanti! Almeno il ministro della giustizia, che sia al di sopra di ogni sospetto! Almeno lui! Riferisca al presidente del consiglio che la cosa più opportuna da fare, a questo punto, sarebbe non solo liberarsi di Mastella, ma che sia lui stesso a dare le dimissioni! Che si dimetta tutto il governo! Che si rinneghi tre volte Mastella prima che il gallo canti! Altro che solidarietà!"

All’altro capo della linea, il segretario mi ha risposto con un gelido "Riferirò." e l’ho sentito appoggiare la cornetta sul tavolino, poi il rumore dei suoi piedini che scalpicciavano sul tappeto avvicinandosi alla scrivania del premier, infine la sua voce resa flebile dalla distanza e la secca risposta di Prodi:

"Signor Primo Ministro, la Decenza vorrebbe che lei dia le dimissioni."
"Mandala a cagare."

Ho riagganciato prima che il segretario si facesse latore di un tale messaggio, e mi sono seduta subito a redarre la mia lettera di dimissioni. Sia chiaro che sono io ad andarmene, non loro a sbattermi fuori. Quando è troppo è troppo. Stavolta ho proprio perso la pazienza, con questa gente non voglio più avere niente a che fare, che se la sbrighino a modo loro. Ho approfittato di questo spazio e del vostro tempo per raccontarvi la mia storia, prima di sentirla magari distorta e strumentalizzata su qualche telegiornale, e non (ci tengo a ribadirlo) nella speranza che qualcuno mi possa aiutare a trovare un nuovo incarico. Il mio telefono continua a squillare, c’è un sacco di gente che mi cerca e sto pensando che magari, tanto per cambiare, potrei provare a lavorare anche nel privato. Non sono finita, e di certo questo paese ha ancora tanto bisogno di me.

Cordialmente vostra,

Teresa Decenza




16/1
2008

Galileogate, ovvero il papa non incontra la sapienza

Lo scandalo del giorno è l’inchiesta per tentata concussione che vede coinvolta la moglie del cosiddetto ministro per la giustizia Mastella, ed i piagnistei di quest’ultimo che minaccia le dimissioni. Intendo quindi cogliere l’occasione per parlare delle polemiche legate alla visita del papa all’università di Roma, ovvero l’ormai famoso Galileogate. Non c’è alcuna connessione tra i due fatti, lo so, ma almeno al 50% dei miei lettori (PornoRambo) piace molto sentire parlare male del papa, e dato che il poverino sta studiando assai mi sembra giusto dargli consolazione.

Dopo l’annullamento della visita del papa, che avrebbe dovuto monologare sul tema della pena di morte e della moratoria recentemente approvata dall’ONU, la gran maggioranza dei politici ha espresso solidarietà al pontefice e sdegno nei confronti di chi ha protestato ritenendo tale visita inopportuna. Persino il presidente della Repubblica si scusa. I giornalisti si sprecano in accuse di "intolleranza laica", "protesta inammissibile", "disonore", "totalitarismo anticlericale". L’università La Sapienza viene paragonata ad un centro sociale, una "discarica ideologica", e si invitano gli italiani a recarsi in massa a San Pietro per riparare all’offesa e dimostrare al pontefice tutto l’affetto ed il rispetto che si merita per il fatto innegabile di essere il papa. Ci sono solo due cose di fronte alle quali la classe politica italiana ed il suo codazzo di giornalisti riescono a trovare una posizione supinamente compatta ed univoca, e sono il potere e la chiesa cattolica. Il papa li incarna entrambi, quindi non c’era da aspettarsi sorprese.
Siamo di fronte all’ennesimo caso di capovolgimento della realtà. Credo che la motivazione presentata da chi avversava la visita papale, ovvero la famigerata citazione di tale Feyerabend sulla "sentenza giusta e ragionevole" nei confronti di Galileo, sia da considerarsi pretestuosa e stupidella: non tanto perché era una citazione che il papa non ha espressamente detto di condividere, ma perché chi cazzo se ne frega dell’opinione del papa sul processo a Galileo? Voglio dire, penso che tutto sommato il sole, la terra e Galileo stesso si sentano abbastanza tranquilli sull’argomento eliocentrismo, e poi a tutti prima o poi scappa una cazzata. Ratzy negli anni novanta era già anzianotto, metti che magari si fosse bevuto un paio di aperitivi, la faccenda sarebbe facilmente perdonabile. Il problema è che, naturalmente, questa faccenda di Galileo era solo un pretesto che chissà come è salito agli onori delle cronache proprio ora, laddove motivi molto più concreti per contestare il papa non mancano: per esempio, le sue opinioni sul rapporto tra scienza e fede, sul relativismo, sulla famiglia, sull’aborto, sulla fecondazione assistita, sull’eutanasia e su molti altri temi, che egli esprime liberamente ed i mezzi di comunicazione di massa divulgano senza esitazione. Perché scomodare Galileo? Forse perché è tutto sommato un esempio emblematico di cosa succede quando il potere ecclesiastico vuole governare la scienza e costringerla nei limiti imposti dalla "fede", tendenza questa che Ratzinger cerca di promuovere. Se in questo periodo, in italia, i rapporti tra "cattolici" e "laici" sono in una condizione tanto critica, è ipocrita darne la colpa a quei professori che hanno pacificamente e democraticamente espresso il proprio dissenso o a quegli studenti che pacificamente e rumorosamente hanno protestato. Il dissenso e la contestazione sono elementi fondamentali in una democrazia, e non si può pretendere un dissenso garbato ed una protesta silenziosa e gentile quando a porsi come avversario è un’istituzione quale la chiesa cattolica, che pretende tolleranza ma promuove l’intolleranza, chiede accoglienza e dialogo ma pretende di non essere contestata, esige rispetto ma si arroga il monopolio della ragione. E se il papa in fin dei conti non fa altro che fare il papa, ovvero tenere a galla il vaticano e riferire a ruota libera quanto dio o la grappa gli suggeriscono, ancora peggio sono quei suoi sostenitori che ne hanno fatto una bandiera dell’identità e della cultura "occidentali" ed un baluardo di difesa dei nostri presunti valori tradizionali.
Personalmente avrei preferito, lo ammetto, che la faccenda si fosse conclusa con Ratzinger in cattedra a parlare di pena di morte, lui che da buon ultimo è saltato sul carro della moratoria, mentre fuori sfilava la frocessione; purtroppo però il furbastro tedesco ha preferito cogliere al volo l’occasione per battere in ritirata e passare per martire, capitalizzando così nuove simpatie da parte di chi, in buona o cattiva fede, ritiene che sia stato trattato ingiustamente. Chi parla di censura, però, farebbe bene almeno a ricordare che tutte le domeniche il papa tiene i propri sermoni dal balcone di casa, nel suo staterello privato, e che ogni parola che esce dalle sue sante labbra avvizzite viene trasmessa in diretta dalla prima rete della televisione pubblica italiana. Se tanti ce l’hanno con lui, poverino, è proprio perché in italia non c’è modo di non conoscere il pensiero papale.




15/1
2008

Un sorso di MacAir?

[Avviso: questa potrebbe essere la cosa più noiosa pubblicata su Internet finora, ma del resto anch’io mi annoiavo molto quando l’ho scritta. Leggetela solo se davvero non avete niente di meglio da fare.]

Something in the airInizia oggi il Macworld Expo, l’annuale fiera di San Francisco dedicata alla Apple ed ai suoi meravigliosi giocattoli. La Apple ci tiene molto a tenere riservata ogni notizia riguardante i nuovi prodotti su cui sta lavorando, per cui ogni anno questo evento è atteso con trepidazione da tutti i consumatori ansiosi di riversare i propri soldi nelle capienti tasche della multinazionale californiana; a partire dalla presentazione dell’imprenditore-guru Stiv Jobs, infatti, l’Expo è tradizionalmente l’occasione in cui vengono presentati i gingilli con cui l’azienda stupirà il mondo nel corso dell’anno e sui quali per i mesi a venire colerà copiosa la saliva degli appassionati di computer o (sempre più spesso) di gadget ipertecnologici ipercostosi ed iperstupendi. Nelle settimane che precedono l’evento gli esperti ed i "fan" si lanciano in ogni genere di speculazione su quali potranno essere i marchingegni che la Apple tirerà fuori dal suo stiloso cilindro, attingendo a fonti riservate, voci di corridoio, brevetti depositati nei mesi precedenti e soprattutto ad un’apparentemente inesauribile dose di immaginazione masturbatoria, salvo poi essere in genere smentiti dall’annuncio di novità completamente diverse e sorprendenti da quelle di cui vociferava.
L’anno scorso la parte del leone l’ha avuta l’iPhone, il cellulare sovrasviluppato che avrebbe dovuto portare la vita umana ad un nuovo stadio dell’evoluzione. Quest’anno, invece, le aspettative sono concentrate su un fantomatico "subnotebook", una specie di piccolo computer portatile o di grande palmare; di questo prodotto si rumoreggia da mesi e le ipotesi più serie, non si sa quanto fondate, parlano di un notebook di spessore molto ridotto e dal peso estremamente contenuto. Per ottenere queste caratteristiche, proseguono le ipotesi, il subnotebook dovrebbe fare a meno dell’unità ottica (il lettore/masterizzatore) e persino del disco fisso, che sarebbe sostituito da una memoria flash tipo quella degli ipod.
ScablatoNegli ultimi giorni le speculazioni si sono fatte molto più ardite: basandosi sul significativo particolare che lo slogan dell’Expo di quest’anno è "There’s something in the air" e su poche altre dicerie probabilmente prive di fondamento, questo subnotebook è stato ribattezzato "Macbook Air" ed alcuni sono giunti a ritenere che il termine "Air" stia ad indicare che sarà un computer dotato delle più sofisticate tecnologie wi-fi e completamente privo di cablaggi, in cui persino il cavo della batteria sarà sostituito da un sistema di ricarica elettromagnetica ad induzione, qualsiasi cosa questo significhi. Un computer completamente senza cavi, uau. Di prove, però, non ce n’è assolutamente nessuna. Non si sa neanche se, effettivamente, oggi la Apple presenterà un nuovo computer, tanto meno come si chiamerà o quali saranno le sue reali caratteristiche.
Ispirato da tanto inutile sfoggio di fantasia ma soprattutto da questa giornata sonnolenta ed uggiosa, voglio però giocare anch’io a fare una previsione. Un’ipotesi completamente diversa, che non mi pare sia ancora stata fatta; la pubblico ora che mancano ancora un paio di ore all’inizio dello spettacolo, così da potermi eventualmente accreditare in futuro come uno dei maggiori esperti di Apple non praticanti*.
Prendendo per buona questa storia del subnotebook, che sembra abbastanza fondata, ed accettando l’ipotesi che abbia una memoria flash al posto del disco rigido, credo che oggi come oggi le memorie flash possano contenere una quantità di dati ancora limitati: da quel che ho sentito dire, ci si aggirerebbe sui 64 gigabyte, al massimo 128, comunque pochini per i palati più esigenti. Dove contenere allora tutte le nostre bellissime foto del mare ad alta risoluzione, per non parlare delle tonnellate di mp3, film, giochi e programmi regolarmente acquistati dal nostro muletto di fiducia? La risposta più semplice sarebbe: in un hard disk esterno. Ma se invece (e qui sta la mia previsione) l’espressione chiave della presentazione di oggi fosse "cloud computing"? Ovvero, per illustrare brevemente questo ben noto concetto, se la Apple mettesse a disposizione dei suoi clienti una quantità illimitata di spazio su server in cui custodire i propri dati, liberandoli dalla fastidiosa necessità di avere un disco fisso semmpre più capiente? E se, come già da qualche tempo fa Google, su questo spazio fossero ospitati anche i software di uso comune necessari all’utilizzo di quei file, liberando l’utente anche dalla necessità di installarserli e mantenerli aggiornati? Le sempre più diffuse connessioni a banda larga e wi-fi rendono questa ipotesi molto meno fantascientifica di un computer privo di cavo di alimentazione. La macchina in mano all’utente potrebbe essere più snella anche in termini di potenza di calcolo, in quanto gran parte del lavoro lo farebbe il server su cui sono ospitati i software ed i documenti; inoltre, gran parte delle copie e delle masterizzazioni necessarie a spostare dati da un computer all’altro diventerebbero inutili, in quanto in qualsiasi momento i file da visualizzare o su cui lavorare sarebbero "in the air" a disposizione dell’utente, che vi potrebbe accedere da qualsiasi dispositivo collegato ad internette, come fanno ormai quasi tutti per la posta elettronica.
La mia ipotesi è quindi un computer di concezione innovativa collegato ad un servizio all’avanguardia, che se avrà successo potrebbe aprire la strada ai soliti innumerevoli tentativi di imitazione, fino a cambiare per sempre il nostro modo di concepire il personal computer. O questo, o più semplicemente la Apple ha finalmente deciso di mettere il suo marchio su qualche costoso flaconcino di frizzante aria californiana.



* Dato che io, almeno per il momento, non possiedo assolutamente nessun balocco targato Apple.




14/1
2008

Maleducazione papale

Lotta al relativismo, sdoganamento della messa in latino, ritorno della messa di spalle, ’sto papazzo è da manicomio. Saranno contenti quei cattolici reazionari effettivamente convinti che i dogmi della chiesa vadano rispettati alla lettera, che ci sia un ordine naturale indiscutibile minacciato dal progresso e dagli omosessuali, andrà bene anche alla gran parte di quelli che si definiscono cattolici solo perché è il termine che qui si usa per dire "sono normale", credo in dio la madonna gesù san francesco padre pio, mi sposo in chiesa, mangio carne, voglio bene ai poveri in fotografia e non ho idee strane per la testa, ma come si sentiranno quei tre o quattro cattolici rimasti che credono nell’aspetto più progressista della religione, quelli che indipendentemente dall’erudizione teologica si riconoscono nel volto umano che di quando in quando la chiesa ha mostrato, nei capitoli più illuminati del messaggio evangelico? Quelli che hanno continuato a dirsi cattolici nonostante credessero nella democrazia e nella solidarietà, nell’emancipazione e nella libertà di pensiero, costretti dalla loro fede, che non si può cambiare o restituire al mittente come la tessera del club degli editori, a riconoscersi parte di questa compagnia discutibile? E mai che dalle loro fila si levi una voce di critica, o almeno una salutare pernacchia. Solo un miracolo potrebbe salvarli da una situazione tanto imbarazzante.




8/1
2008

The very best of 2007: il simpatico elenco numerato

Tra la fine di un anno e l’inizio del successivo, sbocciano ovunque le classifiche più disparate: i dischi migliori, i film migliori, i personaggi più in vista, i momenti sportivi da ricordare e balle varie. Io avevo in mente di redigere la top ten delle persone che ho odiato di più nel 2007, ma in fin dei conti ci sarebbero stati sempre i soliti nomi e tipi sociali: il padronato, i fasciobastardi, i leghisti, quelli che sorpassano tutta la colonna e poi si buttano dentro, il governo, ecc. Fatica sprecata. E’ così che dopo giorni di reiterato ed ipnotico ascolto del più recente singolo di un buffo tizio di Cortona il cui nome non si può scrivere né pronunciare, ho deciso di rigirare in positivo la frittata e stilare una classifica delle dieci cose che ho amato di più l’anno scorso:

1. Tutti i momenti trascorsi in pace con Amoremio
2. Le giornate con i miei nipotinzi e nipotelli assortiti
3. Gli scogli assolati dell’Istria ed il dolce far niente
4. Il mojito, e quell’altro mojito, ed ancora un altro mojito...
5. Le corse contromano sulle strade di Budapest
6. "Dog problems" dei The Format, e le altre belle cose che ho ascoltato
7. Il Tai Chi in riva al mare e dentro il mare
8. La scoperta di Kapuscinski e di Gipi
9. I numerosi progetti di emigrazione in coda al mondo
10. Il piano sequenza di "Children of men"


Magari l’ordine non è esattamente questo, di sicuro ho dimenticato qualcosa di importante ed altre cose le ho lasciate fuori apposta per mettere in elenco solo dieci voci, ma in fondo è già abbastanza stimolante che persino un anno tirchio come il duemilassette mi abbia lasciato in eredità una decina abbondante di cose buone da ricordare. Mette appetito per il duemilarotto.

(Per la solita amabile dose di cinismo, odio e disincanto non preoccupatevi, siamo solo all’inizio dell’anno).




7/1
2008

Qualcuno fermi Zhang

Dopo mesi e mesi e mesi di affannosa ricerca, pochi giorni fa sono riuscito finalmente a vedere "La città proibita". Giusto per incominciare il duemilaerotti all’insegna delle Grandi Delusioni.

(sospiro)

Il primo quarto d’ora è tutto un sussegguirsi di personaggi avvolti in pesanti drappi colorati che si inchinano sottolineando a voce alta il fatto di essersi inchinati.
"Mi inchino di fronte all’imperatore."
"Mi inchino di fronte all’imperatrice."
"Mi inchino di fronte al principe ereditario."
"Mi inchino di fronte alla saponetta."
ecc.

Inoltre, quasi sempre i personaggi sono introdotti da fastidiosi cerimonieri di corte che ne annunciano nome e funzione, suggerendo allo spettatore che la corte imperiale cinese potesse essere un covo di smemorati cronici che non si ricordavano il nome neppure dei parenti più prossimi.

"Entra il principe Wu."
"Entra il principe Igai."
"Entra il lattaio."
ecc.

Finalmente, la gente smette di inchinarsi e comincia la storia. Finalmente, ma anche no. In sintesi, l’imperatore sta avvelenando l’imperatrice perché lei andava a letto con il figlioccio che ora la rifiuta andando a letto con la figlia del medico di corte che sta avvelenando l’imperatrice per conto dell’imperatore ma l’imperatrice viene a scoprirlo per tramite di una spia che altri non è che la madre del figlioccio in quanto prima moglie dell’imperatore che tutti credevano morta ma che invece si è risposata con il medico di corte ed è quindi madre pure della figlia del medico di corte che si rivela quindi la sorellastra del figlioccio dell’imperatrice la quale per salvarsi dal marito cuce diecimila garofani d’oro per convincere il figlio secondogenito dell’imperatore a spodestare il padre il quale scopre tutto tramite il primogenito che tenta di uccidersi credendo che la matrigna voglia liberarsi di lui ma si salva per poi venire ucciso dal fratello minore che si sente trascurato ed in fase di crisi di affetto post-adolescenziale cerca di attirare l’attenzione del padre con un risibile colpo di stato ma viene ucciso dall’imperatore a cinghiate prima che l’altro fratello scateni il suo assalto destinato ad infrangersi contro le armate imperiali costringendolo a suicidarsi per non essere costretto ad uccidere la madre.

Uno schema potrebbe essere utile:

uno schema chiarificatore

L’ultima mezz’ora è tutto uno scontrarsi di eserciti al buio, in pratica un clangore di armi ed un cozzare di armature di cui si distingue a malapena il colore e si trattiene un vago ricordo di "oro battono neri", "argento battono oro" e così via. Una cosa tipo la battaglia al fosso di Helm, ma senza Legolas a fare snowboard sullo scudo, per capirsi. Mal di testa assicurato. Il messaggio conclusivo, poi, è lo stesso di Hero: lasciate fare all’imperatore, può sembrare autoritario e crudele ma sa quello che fa e lo fa per il bene di chi lo circonda. Siategli fedeli, ed egli vi ricompenserà. Rompetegli le palle, ed egli vi ucciderà a cinghiate.

Una delle poche cose positive garantite dalla visione di questo film è che, per quanto male possa andare il resto dell’anno, difficilmente dovrò affrontare una serata altrettanto noiosa.

Il mio idillio con Zhang Yimou, l’uomo che tirava fuori storie bellissime con un budget di 500 euro comprese pizze e bibite, è finito. E pure Chow Yun-Fat farebbe meglio a stare in guardia.




21/12
2007

Canto di nasale

A guardare quanto tempo ci metteva il sole a spuntare, stamattina, non c’è di che stupirsi se ogni anno a quest’ora i nostri stupidi antenati se la facevano sotto per la paura. Poveri, pavidi ominidi, stretti nelle loro grotte o wherever a chiedersi se le giornate avrebbero continuato ad accorciarsi fino a condannarli ad una gelida notte perpetua, con i prezzi del riscaldamento speleostico alle stelle ed i lupi che ululavano fuori dalla finestra. Non c’è di che stupirsi, davvero, se appena constatato che la tendenza si invertiva e le giornate riprendevano ad allungarsi, si dessero tutti a delle gran baldorie, mangiassero e bevessero e si scambiassero pacchi e pacche sulle spalle per festeggiare ed ingraziarsi il sole, fosse mai che quel vecchio balordo cambiasse idea e tornasse a dormire nel freddo grembo della terra. Erano altri tempi, tempi rozzi ed ignoranti, quando per mancanza di materia prima non si potevano fare neanche le intercettazioni telefoniche e ti toccava corrompere la gente di persona.
Oggi, però, che viviamo quest’epoca di luccicante ottimismo, che cavalchiamo il progresso trionfante ed abbiamo spezzato le catene dell’ignoranza, che sappiamo benissimo perché viene la notte e secondo quali cicli si succedono le stagioni, che sgraniamo un sorriso bianco Apple anche di fronte agli oltraggi, i sassi ed i dardi dell’iniqua fortuna, oggi che non abbiamo dubbi su nulla e l’universo è il nostro parco giochi, che senso ha perdere tempo ad addobbare ed illuminare ed impacchettare? Non me la bevo, che sia per festeggiare la presunta nascita di un presunto redentore, per credere o fingere di credere che un operaio di falegnameria, per quanto giovane, specializzato e dotato di grande fantasia, possa diventare addirittura azionista di maggioranza di un regno dei cieli. Forse, mentre tiriamo a campare su questa palla di fango spaziale, stretti tra il precariato e le liberalizzazioni, con il governo allo sbando, il paese allo sbando, il pianeta allo sbando, i giovani sbandati, i killer sbadati, i rom assassini, le madri assassine, i fidanzati assassini, le cooperative multinazionali di assassini, le badanti che si raccomandano, le prostitute raccomandate, le intercettazioni pubbliche, le televisioni private, il calo dei consumi, l’aumento dei costi delle vite, della vite e delle viti, il debito pubblico, l’inflazione, i finanzieri autofinanziati, gli operai ammazzati, gli imprenditori impuniti, il riscaldamento globale, i focolai locali, le frontiere saltate e quelle che stanno per saltare, gli integralismi ingerenti e le gerarchie indigeribili, con tutti questi lupi e sciacalli appena fuori dalle nostre grotte, abbiamo ancora bisogno di pacche sulle spalle per ricordarci che nessuna notte, per fredda e buia che sia, dura mai in eterno.







P.S.: La nota di ottimismo e speranza diffusa da questo post trascura volutamente la possibilità di una catastrofe umana o naturale che abbia come conseguenza l’arrestarsi della rotazione terrestre, l’oscuramento del sole o qualsiasi altro fenomeno che possa, in effetti, allungare la notte a tempo indeterminato. Si pregano i signori lettori di fare finta di niente, allacciare le cinture e continuare a cantare in serena letizia.




20/12
2007

Una specie di evoluzione

C’è questo tizio, Jonathan Keller, prevedibilmente americano, che ha la faccia più ordinaria del mondo. Due orecchie, due occhi, un naso, una bocca. Viso allungato, capelli castani che a volte lascia crescere ed ogni tanto taglia a zero, occhiali (a volte). Lo so per certo, perché ogni giorno, dal 1 Ottobre 1998, Jonathan Keller si è fotografato il viso e l’ha pubblicato sul web, tante piccole faccette allineate l’una all’altra. Capelli lunghi, capelli corti, barba lunga, barba rasata, occhiali, non occhiali. Sorrisi, mai. Il fatto che l’intero progetto non abbia alcun senso lo promuove automaticamente ad opera d’arte. Recentemente qualcuno ne ha anche ricavato un breve filmato che vi consiglio, a meno che non abbiate appena assunto anfetamine:

JK giovaneJK anziano

[cliccate sulle immagini per vedere il filmato, oh giovani tordi senza immaginazione]

Strabiliante, non è vero? Dice che intende andare avanti fino alla morte, o al ricovero coatto.
Però che balòns, ricordarsi ogni giorno di farsi una foto, nella stessa posizione e con la stessa mancanza di espressione. Per anni. Per tutta la vita! Io ho ottenuto lo stesso risultato in mezz’ora:

Lusky giovaneLusky ancora giovane

[cliccate sulle immagini per... oh, beh, se non l’avete ancora capito non importa]

(Oggi ho molto, molto sonno)




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