3/10/2004 15.29.36 Antonello |
Premettendo che "Le conseguenze dell’amore" lo andiamo a vedere oggi, quindi potremme essere in grado di staffilare giudizi da subito, proponiamoci la fatidica domanda "ma Hiroki Endo è amico dei terroristi?". Di primo acchito il mio torpore mi consiglierebbe di rispondere con un secco "ma che cazzo dicono". In verità, adesso che il cervelletto collettivo si sta attrappendo intorno a questa dirompente fase storica di ritrovati fronti su cui combattere, anche la scelta in fondo di un fumettista più che bravo ma chiaramente confuso diviene materia di scontro. Io che devo dirti? Mi pare che la questione dell’ultimo numero di Eden, a parte pregi e difetti presenti in egual modo, non sia affrontabile in sede di dibattito fruttuoso. Endo si è spostato fra i monti turkestani per uscire dall’asfittica realtà fumettistica giapponese e la scelta del luogo è forse l’unica novità: per il resto la questione ostaggi-terroristi è già un canovaccio comune al nostro tempo, e Endo è abbastanza serio da presentarcelo come uno scontro fra fazioni in guerra, oggettivato come può essere uno scontro fra bande di Yakuza. Il punto è che il perno della storia non è geopolitico ma estetico (in fondo è vero, gli stimoli drammaturgici della guerra al terrorismo sono molti ma stranamente poco utilizzati), cosa tra l’altro confermata dalla presenza di questo Kenji, improbabile figura di "duro e puro amorale" non certo proveniente dal Giappone materiale ma dal Giappone immaginario dei manga. Non affibierei a Endo nessuna categoria di prossimità al Terrore perchè prima di tutto mi sembra ancora attaccato alle problematiche del suo contesto, e l’ambientazione nell’Asia centrale mi pare un movimento di ribellione estetica alle cretinate compatriote e non di avvicinamento a quella realtà terribile, irriducibile forse alla lettura di un manga d’azione. Preoccupante (ma lo è davvero? Non ne sappiamo già abbastanza dell’imbarazzante mondo politico e mediatico nostrano?) che le discussioni pubbliche sulla questione del mondo islamico in armi siano allo stesso livello del fumetto di Endo, anzi, siano ad un livello più basso. Il loro grado di aderenza alla realtà è minimo, le posizioni estetiche (in senso politico) sono come quelle di Endo il cui esercizio di affabulazione necessitato dal ruolo di narratore si presenta innocente di fronte all’affabulazione colpevole della riflessione politica. Siamo schiavi di una guerra dalle coordinate dettate dalla nuova leva dell’opinionismo, cioè dalla retorica scattante innanzi alla soppressione dell’informazione sul campo, primissima vittima di questa guerra. Quando non è permesso conferire direttamente con la situazione storica di un conflitto in corso, quel conflitto non esiste che tramite la creatività di chi se ne occupa per appartenenza politica (i rappresentanti della nazione e il coro dei seguaci), per appartenenza comunicativa (i possessori dei canali di informazione e i loro dipendenti) o per interesse artistico. Endo appartiene a quest’ultima categoria, l’unica sinceramente radicata nell’ammissione programmatica della virtualità della propria rappresentazione, l’unica che abbia l’ormai inutile merito della coerenza. |