24/11
2006

Cyberpunk, cyberalienazione e cybersticatz

The sky above the port was the color of television, tuned to a dead channel.
(W. Gibson, Neuromancer, 1984)

All’inizio degli anni ’80, nasceva questo sottogenere della fantascienza chiamato Cyberpunk, i cui principali esponenti in campo letterario sono stati William Gibson e Bruce Sterling. Poi sono arrivati gli altri, i Minority Report e i Matrix e soprattutto Ghost in the Shell e Serial Experiments Lain (oh, meraviglia), ma per comodità diciamo che tutto è partito all’inizio degli anni ’80, quando il signor Gibson, che non aveva mai toccato un computer in vita sua, si accorse che l’uomo e la tecnologia stavano collidendo, che il futuro sarebbe arrivato molto prima di quanto Asimov si sarebbe aspettato. Gibson ed esimi colleghi, ma per comodità diciamo Gibson perché è di gran lunga il migliore*.

Il cyberpunk lasciava da parte le tutine argentate e le città sulle nuvole e descriveva megalopoli degradate, innesti cibernetici per rinforzare il corpo e medicinali per migliorare i riflessi, droghe chimiche e Intelligenze Artificiali in crisi d’identità, mafiosi al soldo delle Multinazionali e una sterminata rete di computer connessi tra loro in cui ciascuno poteva apparire con un’immagine elettronica e comunicare con il resto del mondo, vendere beni e informazioni, spiare e creare mondi virtuali tridimensionali in cui vivere. Non più cavalieri jedi e piloti di astronavi e raccoglitori di spezie ma cyborg mercenari, tossici, hacker, hacker tossici e tossici hacker. E cyborg-hacker mercenari tossici, naturalmente, un sacco di quelli.

OK, le ricerche sull’Intelligenza Artificiale si sono un po’ arenate, da quando qualcuno ha chiesto a voce alta "Ehi, ma chi è che paga per ’sta roba?" e non si vedono ancora in giro braccia metalliche con i bicipiti a stantuffo idraulico. Insomma, nessuno yak pagato da una zaibatsu sfonderà la nostra porta a calci almeno per qualche altro anno, però...

Mmm...

Aspetta, forse qualche arto cibernetico in effetti c’è. Se vi chiedete perché il cyberpunk è morto come genere letterario, è perché è diventato il presente o, almeno, uno stile di vita nel presente. Gibson non poteva prevedere, per esempio, che un colosso dell’informatica avrebbe rallentato il progresso informatico con un monopolio software, che quattro beduini, un texano e un rottweiler avrebbero riportato di moda le Crociate o che, uhm, in India andasse di moda impostare versetti del corano come suonerie del cellulare contro il parere degli imam. E chi avrebbe potuto? Ma se ad ispirare Gibson trent’anni fa furono i ragazzini che ascoltavano il walkman, oggi molti di noi se ne vanno in giro con in tasca tecnologia che sarebbe stata considerata fantascientifica dieci anni fa: lettori mp3, navigatori satellitari, telefoni con macchina fotografica e telecamera incorporate. Lettori DVD portatili. Dischi da 200 GB grandi come un CD. L’amico PornoRambo sta ancora attendendo il microchip con tutte le nozioni di Procedura Penale da innestarsi direttamente nel cervello e per collegarsi ad Internet c’è ancora bisogno di uno schermo e di una tastiera, ma il browser riconosce i miei comandi vocali ed i movimenti della mia mano. Volete un mondo virtuale? Beh, probabilmente World of Warcraft è ancora solo un gioco, ma su Second Life si organizzano concerti, si guardano film, si compra e si vende. Ci hanno aperto uffici Amazon, Reuters e IBM. Ha una valuta con un tasso di cambio migliore di quella albanese, scommetto, e potrebbe diventare il famigerato web 3D di cui si parla da una vita.

Non dobbiamo fare niente di particolare per essere "fantascientifici", lo siamo già. Non è che siamo già in quel futuro lì, e non è che sarà esattamente così, ma ne approfitto per ricordarvi che del cyberpunk tutto si può dire tranne che fosse un genere allegro. Ricordate quel cyborg-hacker mercenario tossico? Ed i governi e le multinazionali che cercano di spiarti 24 ore al giorno, e non ti lasciano neanche più bere una birretta in pace? E i fottuti droni da combattimento, quelli che finivano sempre con l’impazzire e sparare ai propri compagni?

Non fraintendetemi, la tecnologia in sè non è né buona né cattiva e bla bla bla e tutti questi nuovi tecno-giocattolini mi fanno impazzire. Mi piace aspettare solo due giorni invece che due anni per guardare l’ultim puntata del mio telefilm preferito, ricevere in diretta notizie sui concerti del momento a Los Angeles e nel giro di poche ore scaricarmeli sul MuVo ed ascoltarmeli andando al bunker (OK, togliendo la parte sull’andare al bunker, naturalmente). Ma quel sottile brividino che provo ogni tanto di fronte alla velocità sconcertante con cui si riempie il mio disco fisso, non sarà cyberalienazione?

The future is here. It’s just not widely distributed yet.
(W. Gibson, 1999)




* Questo, IMHO. Siccome però siamo IMFW ("In My Fuckin’ Weblog"), la "H" sta per "Homniscient".

Note estemporanee di zio Lusky:
State alla larga dagli anarchici informali, gli anarchici per bene si riconoscono perché danno sempre del lei e dicono buongiorno, buonasera, prego, si accomodi, e grazie.




21/11
2006

Our friend the atom

Non è solo la messa in latino, il proibizionismo bigotto o il sempre più diffuso analfabetismo di ritorno. Questa sottile impressione che abbiano riavvolto il nastro fino agli anni ’50 è trasmessa anche dal ritorno nell’agenda dei media di uno degli argomenti più gettonati di quello scintillante decennio: la guerra atomica. Non l’impegnativo argomento del nucleare civile, sul quale si torna ogni volta che salta la corrente, ma quello ben più apocalittico dell’olocausto nucleare, del presidente/generale/terrorista che preme il pulsantone rosso e (puf!) un’intera città viene cancellata dalla storia, migliaia di gatti e persone muoiono e le radiazioni rendono la Terra un posto freddo e inospitale come Jesolo a Ottobre.
Fifties E’ vero, non è che l’argomento sia mai stato eliminato completamente dal nutrito bagaglio delle paure umane: penso per esempio a piccoli classici degli anni’80 come The Day After, Ken il Guerriero o Figli dell’Olocausto. Ma erano anni in cui non credevamo più in nulla, non avevamo neanche un’iPod da difendere, la guerra atomica e la riduzione del genere umano ad un’orda barbarica semicivilizzata apparivano come un’evoluzione della specie, un’opportunità di investimento. Remote, peraltro, perché la tensione della guerra fredda si stava allentando e quella fiction sull’argomento sembrava una manifestazione di sollievo per il pericolo scampato, più che un blando ammonimento.
Ora no, la possibilità di una guerra atomica di un qualche tipo torna a farsi concreta, o almeno così sembrano velatamente suggerire da più parti. La Corea sta facendo test con le proprie armi atomiche. L’Iran pare che abbia una mezza idea di volersi costruire una bombetta. In Iraq ci stavano senz’altro pensando, prima che andassimo a, uhm, portargli la democrazia. A Bin Laden di sicuro piacerebbe averne una. Il Giappone dice "Ehi, tutti ce l’hanno e noi chi siamo, i figli della serva?", mentre i servizi inglesi hanno notato che sui siti della jihad si "chiacchierava" di voler nuclearizzare niente meno che Londra. Londra, eh. Sticazzi. E’ esagerato dire che si parla di armi nucleari e di pericolo atomico un giorno sì e uno no? Queste sono domande retoriche?

Non bastava la fastidiosa ipotesi che qualche idiota facesse esplodere un aereo, un treno, un’auto, se stesso, mentre noi gironzolavamo nei paraggi. Da una cosa così uno pensa sempre di poter sopravvivere, ma da una bomba atomica? La faccenda comincia a farsi seria. Tutti abbiamo paura della bomba atomica, ce l’hanno insegnato da piccoli, per quanto in realtà sia inutile farsi prendere dal panico. Per citare il mio vecchio professore di fisica, se qualcuno dovesse sganciare una bomba atomica sulla tua testa "non è il caso di preoccuparsi". Ma che fare se ci si trovasse invece nella poco invidiabile posizione di essere sopravvissuti all’armageddon, magari perché il giocattolino è esploso qualche chilometro più in là? Come negli anni ’50 con i documentari Disney, anche oggi gli amici americani ci aiutano a non farci cogliere impreparati. Io, per esempio, mi sto allenando puntata dopo puntata con Jericho.
L’allegra compagnia di amici di Jericho
Ecco che cosa ho imparato fino ad ora:
- Il cosiddetto "fallout radioattivo" non è altro che un po’ di pioggia che dura mezz’ora e spazza via la radioattività dall’aria. Per sempre.
- Per evitare di subire effetti negativi da detto fallout (p.e. la morte) è necessario e sufficiente chiudersi in casa finché non ha finito di piovere. Meglio se in cantina.
- Se la pioggia radioattiva ti cade addosso per, diciamo, venti minuti, è sufficiente bere una mezza bottiglia di iodio (o qualcosa del genere) per tornare in forma smagliante.
- Dopo che la pioggia ha portato tutti gli ioni malvagi a terra, bisogna togliere dalla superficie dei campi 18 pollici di terreno contaminato.
- Le foglie delle pannocchie, però, sono in grado di proteggere il granturco già maturo, quindi mangiarlo è OK.
- E’ possibile che la vecchia proprietaria del supermercato si accaparri misteriosamente grosse quantità di viveri e poi le rivenda a prezzi spropositati. E’ comunque consigliabile continuare a comprare il cibo al supermercato pagandolo a peso d’oro invece che, per esempio, ammazzare la vecchia e mangiarsela.
- Due poliziotti sono più che sufficienti per mantenere l’ordine tra cinquemila abitanti.
- La tecnologia elettronica va subito a puttane (tutta!), le uniche cose che funzionano sono quelle fabbricate più o meno... esatto, negli anni Cinquanta.
- Le persone di colore sono subdole e probabilmente complottano qualcosa.
- C’è sempre un tipo figo e misterioso, tipo Johnny Depp dei poveri, che si prenderà carico di salvare la comunità.
- A meno che il tipo figo e misterioso sia tu, puoi prendertela comoda. Versati una tequila e rilassati. In fondo è solo una bomba atomica.




20/11
2006

L’uomo più stupido del mondo

Disse il filosofo cinese Confucio:
"E non state sempre a scrivere tutto quello che dico, cazzo."


Oggi cadono le folie sul triste borgo natio. Tutte le foglie. Contemporaneamente.
Il cielo è grigio come un vecchio calzino, anche se con un adeguato gusto coreografico è spuntato un po’ di sole mentre ascoltavo la sempre meravigliosa Novocaine for the soul degli amici Eels*.
E’ da una settimana che lotto per evitare di ammalarmi per l’ennesima volta, mia sorella ha osservato che da quando ho ricominciato a mangiare cadaveri sono sempre malato e come darle torto? A parte che è falso, sarebbe molto consolante come spiegazione. Il libro in lettura perenne è quello di Corrado Augias che smaschera Gisù come la vera mente dietro il codice Davvinci. L’ultimo disco preso dallo scaffale è Aaagh!, il penultimo era Return to Cookie Mountain*. Le serie televisive più addictive della nuova stagione americana sono (sapevatelo!) Heroes e Jericho, per quanto qui si continui a seguire la terza stagione di Lost** e ci si stia rifacendo una cultura con quei bravi e bei ragazzi di Criminal Minds. Mangio le arance, ed ho imparato a cucinare le sogliole.

E no, l’uomo del titolo non sono io***, ma un tizio di Hazleton, Pennsylvania, che ha sputato addosso ad un vigile mentre gli stava facendo una multa. L’agente del traffico, offeso, ha chiamato la polizia (probabilmente per spaccargli la faccia in compagnia) e questi hanno perquisito lo sputatore trovandogli addosso un caricatore pieno di pallotole. Allora, incuriositi, gli hanno perquisito anche la macchina e, cerca cerca, hanno trovato anche tre pistole cariche, tirapugni, manganelli, coltelli ed attrezzi da scasso.
Come conclude il Gothamist, c’è qualcosa di rassicurante nel sentire di potenziali criminali che vengono presi a causa della loro stupidità.


* Si parla di musica. Lo so che io non sono titolato a parlare di musica e di calcio, ma, ehm, comunque ho sentito che anche l’inter ha fatto un bel disco di recente.
** Per quanto si possa seguire una cosa che è, sostanzialmente, ferma.
*** No, davvero, non sono io, credimi.




14/11
2006

Vince chi seppellisce viva la maliziosa lolita giapponese

"Volete tenere i vostri figli al riparo da esperienze simboliche rappresentanti atti di violenza fisica e psicologica, cannibalismo, scene di sangue e potenziali pericoli sessuali? Non mandateli in chiesa."
(Da un intervento del Professor Maloroso al congresso federale sulla violenza giovanile, Atlanta 1922.)

"Un gioco che stuzzica l’orco che potrebbe risiedere in chi ha il joypad in mano."
(Da una strepitosa recensione di Rule of Rose, Panorama 2006)

Il 15 Gennaio 1920, com’è noto, il professor Maloroso si trasferì per un certo periodo nella piccola cittadina di Trencibullo Sul Minghio, a soli 35 chilometri dal centro di New York; tra i motivi della sua emigrazione negli Stati Uniti va senz’altro annoverata la malsopportazione della deriva autoritaria ed illiberale che stava soffocando il suo paese natale. Egli riteneva che, nel nuovo paese, i cittadini come lui avrebbero goduto di maggiore libertà e che un governo più maturo e democratico avrebbe difeso i loro diritti senza esercitare un controllo pervasivo sulle loro vite private.
Fu quindi con un certo disappunto che accolse l’introduzione del Proibizionismo, il 16 Gennaio 1920, quando doveva ancora finire di disfare le valigie.

Manifesto  per la campagna contro i videogiochi violenti del 1920Tra le attività individuali prese di mira dal 18simo Emendamento, oltre alle sigarette ed agli alcolici, anche numerosi passatempi infantili. Nell’intento di moralizzare le masse e prevenire il dilagare della violenza giovanile si cercò infatti di proibire non solo fenomeni come il bullismo, ma anche giochi tradizionali come Guardie e Ladri, la lotta o Seppellisci viva la Bambina. Insomma, tutti tranne Nascondino e Palla Avvelenata, ribattezzata per sicurezza "Palla moderatemente tossica".
Quello che colpì il professor Maloroso, tuttavia, non fu tanto l’inefficacia del Proibizionismo rispetto ai nobili obbiettivi che si era posto, né la somiglianza di questa politica con molte iniziative simili che aveva dovuto sopportare in passato sotto governi meno liberali, né la presunzione di politici ottanuagenari, giornalisti e commentatori nel voler proibire attività che non conoscevano affatto. Quello che colpì il professor Maloroso fu il fascino del proibito che immediatamente circondò e portò al successo clandestino giochi altrimenti banali e destinati all’oblio; si calcola che la sepoltura di bambine da parte di coetanee, per esempio, fosse stata in netto declino per tutti gli anni ’10 prima di tornare eclatantemente in auge proprio nel periodo del Proibizionismo, culminando nel colossale sacrificio rituale a Yog Sothoth del 1929. Questo permise, tra le altre cose, alla cosiddetta "mafia dello Scaffale" di esercitare il totale controllo sui giochi proibiti scaricandoli in porti fuorilegge e diffondendoli per il paese.
Sulla base di queste osservazioni il professore ipotizzò che, non essendo eticamente ammissibile e materialmente possibile impedire a tutti i bambini la pratica di queste attività ludiche (tra le quali vanno comunque incluse, ricordiamo, il bere, il fumare, il praticare sesso sfrenato nei bagni della scuola), qualsiasi verboso dibattito in merito fosse inutile e dannoso. A sostegno della propria tesi calcolò che, tracciando un’ipotetica linea di sviluppo della civiltà occidentale nel secolo successivo, le politiche di stampo proibizionista si sarebbero succedute ad ondate ogni tre-quattro anni, con grande dispendio di chiacchiere a favore o contro, senza peraltro ottenere alcun risultato che non fosse l’incremento della vendita di giochi mediocri, whisky rancido e completi gessati.




9/11
2006

Un anno lontani dal peccato

Presto in allegato con Famiglia Cristiana il calendario 2007 di papa Ratzinger. Con una tardiva ma pragmatica concessione al relativismo, il nuovo calendario è stato realizzato in due versioni: lei e lui.

Finalmente una mossa concreta contro la piaga della masturbazione.

Calendario Ratzinger prima versione Calendario Ratzinger prima versione















A sinistra, la foto del mese di Luglio nel calendario in versione femminile. Questa versione del calendario è destinata principalmente alla conversione di camionisti, meccanici d’auto e studenti universitari.

A destra, lo stesso mese nella versione maschile. Secondo la Santa Sede a questa versione del calendario spetta l’ingrato compito di riportare all’ovile le pecorelle sodomitiche e le casalinghe che si sono allontanate dalla strada del Signùr.



Ed ora spippatevi su queste, sporcaccioni!




6/11
2006

Le mirabolanti avventure di Lusky a Padua

Chi sta sbavando sulla camicia dello zio?Sabato a Padova per riuscire ad andarmi a prendere un falafel ho dovuto interrompere il corteo dei naziskin. Il naziskin medio è una specie di scarafaggio nero, pelato e schifoso, ma un po’ più schifoso; la tizia del naziskin media sembra uscita dalla famiglia addams, ma senza tutto quel senso di calore umano che hanno i personaggi del telefilm. Incrociarli per strada ti dà lo stesso senso di benessere dello scoprire una ferita infetta. Sul tuo corpo. In sintesi, anche i naziskin hanno tutto il diritto di esprimere le loro opinioni del cazzo, ma andassero a farlo sul fondo di un vulcano in attività sarei senz’altro più contento. Ah, sì, poi naturalmente bisogna sforzarsi di capire le ragioni sociali del loro disagio.

A parte questi ratti schifosi, c’è da dire che a Padova c’è un negozio di scarpe gestito da Wong Kar-Wai, un Sushi bar, un kebabbaro dove fanno anche il burek, un ristorante giapponese con prezzi umani dove andrò la prossima volta ed un parco intitolato a Lina Merlin. Chiuso.

E poi quel postaccio dove si comprano mobili svedesi dove casualmente ho fatto un giro anche stavolta, pigliando giusto un altro paio di cosette per proseguire nell’arredamento di Nidodamor.

In certi giorni di Novembre potrebbe quasi sembrare una cittadina, uhm, decente. Poi cerchi parcheggio e l’impressione svanisce.




2/11
2006

Ghost in the Nell

Come lo chiamate voi uno che sta in Bosnia a fare nunsesà e vi fa telefonare da sua madre per chiedervi di fargli avere una copia del divx di Ghost in the Shell 2 con i sottotitoli in inglese, e poi vi fa ritelefonare due giorni dopo ancora da sua madre (Signora mia, che duro dev’essere avere un figlio così!) per dirvi che non serve più, ha già risolto?

Noi qui nel Triste Borgo Natio lo si chiama Nello.


[Flashback]
Domenica più o meno all’ora di pranzo. Lo zio Lusky sta gozzovigliando con i parenti stretti in occasione del battesimo della sua adorata pupetta nipotinzia, quando improvvisamente il cellulare inizia a vibrare. Il cellulare è impostato per vibrare in un certo particolare modo quando riceve una chiamata dal telefono di Nello, tipo gli ultimi scossoni di un malato di lebbra che muore. Lo zio Lusky esce a rapide falcate dalla sala da pranzo chiedendosi come possa Nello, che dovrebbe stare in Bosnia, telefonargli da casa e
Nun sarà mica successa una disgrazia? Tipo che mi chiamano i parenti per dirmi che Nello è muorto? Oppure, peggio, che Nello è tornato a casa prima del previsto?
Lo zio Lusky si precipita fuori, preme il pulsante verde presagendo la voce della madre di Nello che con tono affranto lo informi
"Lusky, Nello è muorto/tornato!"
e invece giunge alle sue orecchie la voce della madre di Nello che dice
"Lusky, Nello mi ha chiesto se puoi gentilmente fargli una copia di... aspetta.. Shell in the Ghost 2, credo... con i sottotitoli giusti, quelli che sai tu."

Nella mente dello zio Lusky tutti gli animali del creato si uniscono esaltati al nome del Creatore.

[Fine flashback]




26/10
2006

Un browser Operaio

E’ uscito Internet Explorami 7. Da quel che ho letto fa le stesse cose che Firefox fa da sei mesi, ma non l’ho ancora potuto verificare perché al momento dell’installazione ha chiesto di poter verificare l’originalità del mio Uindoz xp ed io, offeso, l’ho cestinato. Mettere in dubbio la mia onestà, che mascalzone! E poi lo sanno tutti che il mio Uindoz è originale, come lo chiamereste un sistema operativo che deve essere reinstallato (previa formattazione) tre volte di seguito per sentirsi a proprio agio? Banale?
Comunque, non vedo perché dovrei installarmi un browser che arriva con almeno sei mesi di ritardo e mi installa un sacco di spyware, In poche parole, Internet Explorami è acerbo.

E’ uscito anche Mozilla Firefoz 2.0. Finalmente! Ha metà delle cose che avevano promesso avrebbe avuto, ma in compenso...
beh, è Firefox. Quindi è figo, per usare un arcaismo.
E questa versione è piena di strabilianti novità: permette di mettere in ordine le schede di navigazione, di ripristinare tutte le schedine aperte se per caso si incrippa il computer, permette di personalizzare la barra di ricerca, di gestirsi più agevolmente i feed RSS... in pratica ha le stesse funzionalità di Opera 9, solo che Opera 9 è uscito da quanto? Almeno 4 mesi? Inoltre Opera permette di fare un sacco di giochini in più, tipo far leggere al computer le pagine web se tu sei impegnato a stirare, scaricare bittorrent senza aver bisogno di software aggiuntivi, obbedire ai movimenti del mouse come il Nintendo wii e soprattutto ha il controllo vocale, che è il sogno di ogni geek che si rispetti dai tempi dei tempi. Non so se funzioni, a dire il vero, perché non ho ancora avuto tempo di provarlo, ed in effetti non è che sia questa cosa indispensabile. Però è geniale.

Insomma, perché tutti parlano di Internet Explorami o di Firefoz e nessuno dedica la minima attenzione ad Opera? Voglio dire: Opera è gratis come gli altri, ha meno bug, è più veloce, ha più funzionalità ed è sempre all’avanguardia, costringendo i rivali ad un inseguimento che dura ormai da qualche anno. Allora perché nessuno se lo fila?
La mia teoria è che dipenda fondamentalmente da due fattori:

1) ha un nome del cazzo. In effetti, ho dovuto far appello a tutto il mio coraggio per installare sul computer un software con un nome così brutto, non parliamo di quanto ce ne sia voluto per scrivere un post in sua difesa. "Opera". Tsk, tsk, tsk.

2) ha un’icona del cazzo. Una banalissima "O" rossa con un’ombretta dietro che fa ridere. Per carità.

Internet Explorer ha dalla sua il colosso della Microsoft e soprattutto il vantaggio di farsi trovare per default installato sulla gran maggioranza dei computer. Mozilla Firefox ha dalla sua il fatto di essere il principale antagonista di Internet Explorer e di aver saputo pompare egregiamente la propria immagine come browser per gente alternativa e cool, un po’ come fa la Apple da una vita*. Opera non ha connotazioni simboliche a sostenerlo, non ha banner di supporto in giro per i siti web e in generale lascia alquanto a desiderare in quanto a supporto di marketing; inoltre, ha una storia travagliata** ed è già alla versione 9, per cui non può più presentarsi come una novità. Insomma, Opera sembra destinato alla sconfitta, pur essendo il miglior browser in circolazione.

Io c’ho un debole per i destinati alla sconfitta, che ci posso fare?
Sarà per questo che dopo aver usato Firefox fin dalla 0.2 (quand’era ancora Phoenix e blablabla) ho deciso di passare ad Opera, e dopo un paio di intense giornate devo dire che a parte il nome idiota e l’icona patetica non ho trovato altri difetti. Anzi, ve lo consiglio caldamente***, dato che comunque dovreste aggiornare il browser. Se lo fate vi prometto che in futuro potrei implementare gli stili di voce nel foglio di stile del bloggo, così se vi fate leggere un post dal computer questo avrà l’intonazione e gli altri effetti da me desiderati e sarà come se ve li leggessi io, lì seduto sulle vostre ginocchia. Ma non preoccupatevi, eh, tra un paio d’anni ci arriveranno senza’altro anche Internet Explorami e Firefox.


P.S.: Sì, io riuscirò sempre ad essere più diverso di quanto voi possiate mai essere. Sono così diverso che certe volte non mi riconosco neanche.
:-P


* Resta il fatto che sono sinceramente grato a Firefox ed alla Apple per aver minato il monopolio della Microsoft nei rispettivi settori, per ovvie ragioni.

** Prima era a pagamento, poi aveva le pubblicità, solo da poco tempo è completamente gratuito.

*** Ammesso che non sveniate vedendo le immagini idiote nelle finestrelle di installazione.




25/10
2006

Il delfino dorme al mattino

Recatosi a Philadelphia nell’Ottobre del 1912 per un convegno dedicato all’organizzazione scientifica del lavoro recentemente formalizzata da Frederick W. Taylor nel suo noto articolo "The Principles of Scientific Management", il professor Jai L. Maloroso ebbe a concludere il proprio intervento con le seguenti osservazioni:

"Non esiste in natura una specie che si svegli tutte le mattine alla stessa ora, che vada al lavoro, si dedichi a tale attività per tutto il corso della giornata e ritorni nella propria tana tutte le sere di nuovo precisamente alla stessa ora. Tutte le specie animali e vegetali alterano il proprio ritmo biologico seguendo il clima, il tempo meteorologico ed il ciclo delle stagioni; nel corso dell’anno la maggior parte di esse riducono la propria attività con l’approssimarsi della stagione fredda, giungendo talvolta a passare i mesi più rigidi in letargo a ronfare coperti di paglia sul fondo di qualche grotta. Gli animali in grado di farlo fuggono al sud e lì attendono che la natura torni ad essere ospitale.
Il mondo naturale d’autunno rallenta e d’inverno si ferma, questo è un fatto che l’umanità conosce dall’alba dei tempi. Non occorre essere un etologo per sapere che gli animali più furbi, scoprendo al risveglio che il tempo è uggioso, che fa freddino e magari è ancora buio, si girano sul fianco e restano nel proprio nido, grotta o tana a dormire sbracati fino a mezzogiorno. Taylor vorrebbe che noi esseri umani volgessimo le spalle alla civiltà e nelle medesime condizioni uscissimo di casa infagottati in pesanti cappotti, riparati a stento da ombrelli di tela ed andassimo in qualche bunker a svolgere mansioni alienanti in cambio di un’incerta ricompensa economica. Vorrebbe che preferissimo l’uscire al buio ed al freddo per andare a produrre beni di consumo al ruzzolare come cuccioli sotto le calde trapunte domestiche. Vorrebbe che fossimo contenti di questa sofferenza, la quale ci pone in realtà un bel paio di gradini sotto al ghiro sulla scala evolutiva, e la esalta definendola con termini pomposi quali
organizzazione ed efficienza. Io credo che la sola idea di migliaia, milioni di individui che ogni mattina si alzano, si vestono, escono dalla propria abitazione e si rendono produttive, in qualsiasi stagione dell’anno, con qualsiasi tempo e clima, a prescindere dalla propria volontà immanente, sia quanto di più lontano dal concetto di umanità che qualsiasi essere pensante sia in grado di concepire. Credo, lasciatemelo dire, che Frederick Taylor sia un sadico e che l’umanità mai accetterà di piegarsi ai soprusi che inevitabilmente deriverebbero dalle sue farneticanti teorie."

Una coppia di ghiri sotto le panche della terza fila applaudì con convinzione.




23/10
2006

Commenta il corano, vinci una scorta

Difendiamo il diritto della Santanché di esprimere la propria opinione. Si chiama libertà d’espressione e nessuno può negarle questo diritto, anche se la Santanché ci è profondamente antipatica, anche se la Santanché è becera ed anche se la Santanché prima di parlare di libertà dovrebbe sciacquarsi la bocca con acqua e soda caustica, visti i suoi precedenti e quelli della parte politica per cui milita.
Tuttavia, difendiamo il diritto di Daniela "Dito Medio" Santanché di esprimere la propria opinione.
Pare sia andata in televisione a commentare il corano assieme ad un imam, che a questo imam non sia piaciuta la sua interpretazione del corano e che le abbia dato dell’ignorante, intimandole di astenersi dal parlare di cose che non conosce.
Non è che sia stata lanciata una fatwa, e di minacce specifiche io non ho letto da nessuna parte; più che altro mi è sembrata la classica reazione del prete idrofobo nel momento in cui qualcuno mette le mani sul suo libro sacro. Ad andare a polemizzare con un prete su un’interpretazione dei suoi testi sacri, le reazioni sono sempre quelle: sei un’ignorante, non sai di cosa stai parlando, non ti permetto di dire una cosa del genere sulla mia religione. Qualsiasi sia il testo e la religione.
Tuttavia, difendiamo il diritto della Santanché di esprimere la propria opinione.
Pare che l’oggetto del contendere fosse il velo che molte donne musulmane indossano: se sia un simbolo di libertà o di oppressione, se sia prescritto dal corano o meno. La prima questione è molto importante, non nasce ieri e non va trattata con leggerezza, la seconda francamente è un dettaglio teologico: che il corano prescriva il velo come obbligatorio, o si limiti a consigliarlo caldamente, o lo suggerisca come bonus per chi vuole dei punti-paradiso in più, è questione che lascerei a chi cerca in quel libro le istruzioni per vivere. La Santanché, riducendo entrambe le questioni a demagogia, ha torto sia quando gioca alla piccola sociologa, sia quando gioca alla piccola esegeta. Avrebbe torto anche se avesse ragione, verrebbe da dire.
Tuttavia, difendiamo il diritto di Daniela "Oriana dei poveri" Santanché di esprimere la propria opinione.
Pare che tutta questa polemica sia assolutamente pretestuosa: se considerassimo la frase "non ti permetto di dire una cosa del genere" una minaccia di morte, dovremmo come minimo garantire la scorta a tutti gli ospiti di tutti i talk show, a tutti i partecipanti di ogni reality, dove non mancano aggressioni verbali molto più violente. Se considerassimo l’attaccamento isterico alle proprie allucinazioni religiose un indicatore di terrorismo, dovremmo ingabbiare tutta Comunione & Liberazione. Insomma, non mi pare sia successo ’sto granché, se tutte le minacce dell’estremismo islamico fossero di questo tenore potremmo dormire sonni (ancora) più tranquilli.
Tuttavia, sia chiaro, difendiamo il diritto della Santanché di esprimere la propria opinione.
Non perché tutte le opinioni abbiano lo stesso valore, ma perché la libertà di parola non è esclusiva di chi ha ragione, non è esclusiva di chi è onesto, coerente e democratico: è un diritto universale di cui devono poter godere tutti, persino l’imam di segrate e la Santanché. Dobbiamo difendere il diritto di chiunque di andare in televisione a criticare un testo sacro senza cognizione di causa, a parlare di cose serie in modo populistico ed arrogante, a fare la vittima e montare polemiche, a blaterare di profeti e paradisi ed inferni, perché anche questa è la libertà di parola e non possiamo farne a meno. Anche a causa di gente come la Santanché, siamo già al giorno in cui ogni centimetro di libertà va difeso con tutte le nostre forze, ed il giorno in cui alla Santanché non sarà permesso di parlare, saremo vicini al giorno in cui qualcuno proibirà di parlare anche a noi. E allora come faremo a dire che la Santanché è una stronza fascista?




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