12/10
2009

In October drinking horchata

Sul Triste Borgo Natio si sta abbattendo in questi istanti un’inaspettata tromba d’aria, evento peraltro tipicamente naturale a metà Ottobre in una cittadina subdolomitica incassata nel nord-est italiano. Se pensano di usare questi trucchetti da avanspettacolo per mettermi a tacere, tuttavia, si sbagliano: sto infatti seriamente pensando di mettermi ad urlare in preda al panico. Molti (non avendo trombe d’aria a disposizione) sono invece preoccupati per la possibile involuzione democratica di questo paese e per il rischio fascismo. Sciocchini: solo perché il presidente del consiglio si autoproclama eletto dal popolo e dichiara guerra al presidente della repubblica, alla stampa ed alla magistratura, annunciando riforme costituzionali per consolidare il proprio potere, dovremmo temere una svolta autoritaria? OK, quella camicia nera dava un po’ da pensare. C’è anche da considerare che in Italia la democrazia non ha mai goduto di grande considerazione, prima era più che altro una dichiarazione d’intenti, un manipolo di famiglie economicamente influenti che reggeva le redini del governo e dirigeva le poliche dello Stato secondo i propri interessi influenzando l’umore popolare tramite un capillare sistema di clientele o, quando questo falliva, ricorrendo a gruppi armati più o meno clandestini per imporre la propria volontà con la violenza, poi è arrivato questo Silla e da allora la situazione si è progressivamente deteriorata. Ma è una fase temporanea, una parentesi, basterà portare pazienza e nel giro di qualche secolo si tornerà al vecchio sistema ludoplutomassonico che funzionava così bene. Nel frattempo, panem et realities.

Una nota di speranza questa settimana è arrivata dalla consegna del nobel per la pace a Obama. Alcuni hanno sollevato un sopracciglio osservando che Obama, a parte le dichiarazioni d’intenti, non ha ancora materialmente fatto niente per la promozione della pace nel mondo, osservazione obbiettivamente esatta alla quale i sostenitori del presidente americano rispondono seraficamente con un "ATTENTO! DIETRO DI TE! UNA SCIMMIA A TRE TESTE!" prima di dileguarsi rapidamente nel nulla ad ubriacarsi di pastis ghiacciati.

Altra nota di speranza arriva oggi con il compleanno dell’amico PornoRambo, che sfidando tutte le leggi dell’evoluzione darwiniane spegne trenta calendine sopra la sua torta alla mela cotta. Grazie, Porno, ero stanco di essere l’unico in questo manicomio ad avere un’età rispettabile. Grazie per avercela fatta.

(se salto di palo in frasca, è per non cadere dalla padella alla brace)

Note estemporanee di zio Lusky:
State alla larga dagli anarchici informali, gli anarchici per bene si riconoscono perché danno sempre del lei e dicono buongiorno, buonasera, prego, si accomodi, e grazie.




7/10
2009

Chissà dietro che succede

Così oggi decidono della costituzionalità del Lodo Alfano. O cominciano a decidere, poi si interrompono, poi vanno in ferie, poi riprendono, poi è halloween e devono preparare i costumi per i bimbi (anche i giudici sono uomini), poi ne parlano ancora un po’, poi è natale, poi hanno mangiato troppo e non stanno bene, poi uno muore e bisogna sostituirlo, poi si riuniscono ed infine decidono. Nel frattempo ci sarà la faccia di Berlusconi sulle banconote da un Silviodollaro, ma pazienza.
Il punto è, su cosa devono decidere? Oggi c’è una legge che stabilisce che i processi penali nei confronti delle quattro più alte cariche dello Stato sono sospesi fino al termine del mandato, così da permettere loro di svolgere serenamente i propri piani criminosi senza timore di essere interrotti da qualche giudice. La legge è già in vigore, approvata firmata e tutto, ma dato che nella Costituzione c’è scritto che tutti sono uguali davanti alla legge e questa legge sembrerebbe invece dire che non tutti sono uguali, alcune persone hanno osservato che questa legge sarebbe incostituzionale e pertanto andrebbe mandata a pascolare le vacche. Ve l’ho riassunta in breve, nel caso aveste passato gli ultimi mesi in una caverna afghana.
Pertanto, se i giudici della corte costituzionale facessero il proprio dovere, questa legge dovrebbe essere annullata e le quattro più alte (in senso metaforico, eh) cariche dello Stato potrebbero tornare ad essere processate. Nessuna rivoluzione, tutto tornerebbe come prima. Se state pensando a Berlusconi, che fatalità è l’unica delle quattro cariche in questione ad avere procedimenti penali in corso, non datevi troppa pena: semplicemente continuerebbe ad ignorare i processi come ha fatto finora, a promulgarsi leggi per estinguersi i reati, a mandare avanti i propri scherani per allungare il brodo fino alla prescrizione, a non dare le dimissioni da nessuna carica in quanto totalmente privo di rispetto per le istituzioni (o per il resto). Tutto tornerebbe come prima, solo che non ci sarebbe scritto da nessuna parte che alcuni cittadini sono temporaneamente al di sopra delle leggi. E’ importante che non sia scritto. Anzi, è fondamentale che sia scritto il contrario, che in Italia siamo tutti uguali di fronte alla legge: il Presidente e l’operaio, il prete e il paragnosta, il ricco, il superricco ed il senzatetto, l’immigrato ed il senatore, il tossico ed il carabiniere, il cugino dell’assessore ed il lattaio, l’impiegato comunale ed il vigile urbano, il manager e l’imbianchino, mia nonna e Berlusconi, il cassintegrato e Tanzi, il paziente psichiatrico e Maurizio Costanzo. Tutti uguali davanti alla legge. C’è scritto così nella Costituzione, eh, non sto mica inventando. Tutti uguali davanti alla legge. Com’era prima, come è sempre stato. Non ci avevate fatto caso?




6/10
2009

L’eterna lotta tra l’uomo ed il fungo

Fine settimana bucolico (vi ricorda qualcosa?). Domenica ci siamo lasciati alle spalle mal di testa e fastidi vari e siamo andati a caccia di castagne, io ed Amormio, PornoRambo e Stefandra, il Catechista e tutta la Sagrada Familia. Una compagnia pregiatissima, una reunion che neanche se i Beatles si riunissero per andare a castagne nei grandi castagneti celesti potrebbero eguagliare. Ci siamo avventurati nei boschi (cimbri) sovrastanti il Borgo armati di tracotanza cittadina, abbiamo vagato per alberi e sentieri disquisendo di puericultura, micocultura e cultura in generale (cartoni animati, più che altro) lasciandoci sorprendere dalle meraviglie della natura attorno a noi e saccheggiandole indiscriminatamente. Le castagne, messe in guardia dalle urla di Bambin Gesù, hanno saggiamente preferito rintanarsi nei loro stupidi ricci in cima agli alberi, ma ci siamo consolati con una certa quantità di uva che cresceva su alcuni vigneti misteriosamente abbandonati in mezzo al bosco, noci e mele selvatiche. In compenso non abbiamo abbandonato cartacce o sparato agli animali o apportato particolari altri danni all’ecosistema montano, se tralasciamo l’inspiegabile odio di Stefandra nei confronti dei funghi.

(Stefandra, ragazza mia, per quanto sia vero che i funghi sono creature potenzialmente assassine ed esteticamente fallocrati, davvero non c’è motivo di ucciderli tutti schiacciandoli indiscriminatamente sotto la suola delle tue scarpe. Davvero, cos’è ’sta storia? Ti hanno picchiato con un porcino da piccola? Hai traumi non emersi da esorcizzare? Sono certo che il prode PornoRambo saprà esserti di grande consolazione ed aiuto nel risolvere qualsiasi eventuale turba sessuale tu vorrai confessargli.)

(Non chiedermi come faccio ad esserne certo. Non parlo per sentito dire.)

Come spesso accade in queste occasioni, protagonisti della giornata sono stati i giovani figli del Catechista. Mentre il piccolo Più Biondo ha passato la giornata tranquillamente addormentato su una culla di fortuna o in braccio ai genitori, il più anziano Bambin Gesù strillava come un’oca selvatica ogni qual volta voleva richiamare l’attenzione di qualcuno e se ne andava in giro agitando dei pericolosissimi bastoni appuntiti rischiando di ferire qualcuno, costringendo continuamente il padre a contare fino a 2. Non ci è stato dato di sapere cosa sarebbe successo se il Catechista fosse arrivato a contare fino a 3, ma devo dire che mi è rimasta una dannata curiosità. Chissà, poi, se il Catechista è capace di contare fino a 3, non ne sarei così sicuro. Da parte nostra, Amormio ha dedicato ai pargoli un notevole servizio fotografico con la mia macchinetta nuova mentre io e PornoRambo ci occupavamo del loro elevamento etico e della loro educazione linguistica. A scanso di equivoci, io i figli del Catechista li adoro. Anche quello che andrebbe insonorizzato.

Infine, il Cateschista ha calpestato una caccona.

[Flashback]
Stefandra: Ma che cos’è questo odore spaventoso?
PornoRambo: E’ appena arrivata una zaffata anche a me... Mi sa che c’è un letamaio qui vicino.
Catechista: Ah ah, ma dai! E’ l’odore della natura! Siete troppo abituati agli odori della città!
Stefandra: Ma fa schifo!
Catechista: Ma no, è il naturale profumo dei boschi! E’ tutta salute!
Pornorambo: Ehi, hai una merda sotto la scarpa! Ecco cos’era quell’odore!
Lusky: Guarda, Bambin Gesù! Papà ha calpestato una caccona!
[/Flashback]

La giornata si è conclusa a casa dei Catechisti, dove al termine di una lunga sessione di cartoni animati Bambin Gesù ha gettato la maschera dichiarando il proprio amore ad una Stefandra commossa e basita. Però quando voleva del cioccolato, cara mia, il piccolo veniva da me. Proprio come PornoRambo.




30/9
2009

Ventotto. Di nuovo.

Oggi l’aria sa di compleanni e vecchie magliette, di nebbia e di autunno e di baci, di legna da spaccare e da bruciare, di folli predicatori di strada e di scaloppine al marsala, di spade e di fumo, di castagne da raccogliere e fotografie da scattare, di bunker e caffè amaro, di pile e scampagnate, di cioccolato e fumetti, di libri e frullati, di ricordi e progetti. Quando avrò tempo di annoiarmi, invecchierò.




25/9
2009

L’importanza di chiamarsi Ulderico

Dimenticavo i cimbri. Nel Triste Borgo Natio ultimamente si fa tutto un gran parlare di questi cimbri. Vuoi perché ormai i celti sono bolliti (Pitchfork da un pessimo giudizio del loro ultimo album), vuoi a causa del successo ottenuto dal libro "La valle dell’orco" di tale Umberto Matino. Successo locale, sia chiaro, nel caso vi steste chiedendo come mai non l’avete mai sentito nominare.

Parlarvi di questo libro è inutile, perché tanto se abitate nel Borgo l’avete già letto, in caso contrario non riuscirete a trovarlo in libreria. Mi piacciono le cose inutili. "La valle dell’orco" parla di un tizio che se ne va ad abitare in una contrada spersa tra i monti che sovrastano il Borgo, e lì muore. Essendo però una carogna, lascia in eredità al suo più caro amico un mutuo sulla casa ed il compito di scoprire quale dei simpatici contradaioli l’ha fatto fuori. E l’amico (padovano, quindi fesso per definizione) indaga, portando alla luce una trama inquietante e misteriosa che in qualche modo si riallaccia alla colonizzazione cimbra della vallata. Ora, leggendolo magari può sembrare strano che nel bel mezzo di un’indagine abusiva per omicidio un tizio incominci a discettare (e continui lungamente a discettare) di storia ed onomastica e topografia, ma in fondo non facevano la stessa cosa anche Sean Connery ed il suo chierichetto mentre vagavano per la biblioteca del Nome della Rosa? Io, personalmente, sarei più portato ad allontanarmi di corsa dal luogo del delitto, che sia una biblioteca medievale o una contrada montana, e menarmela sui cimbri o gli eretici solo una volta al bar con i miei amici ed una birra davanti, ma d’altra parte non posso pretendere di imporre la mia morale a dei personaggi di fantasia.

Non che i cimbri siano gli assassini del romanzo, peraltro. Non direttamente almeno. O forse sì, così ho coperto tutte le possibilità e ne sapete quanto prima. Ad ogni modo, oggi come oggi i cimbri sono una minoranza linguistica, cioè un gruppuscolo di gente che parla una lingua strana* e vive sparsa tra l’Altopiano del Formaggio Asiago, il trentino ed un altro posto nel veronese di cui non mi ricordo il nome. Su come ci siano arrivati, perché parlino quella lingua buffa, circolano attualmente tre teorie.

(Tre teorie su un popolo che non avevi mai sentito nominare fino a cinque minuti fa! E su di te, invece, niente!)

1. I cimbri discendono da un popolo barbarico partito dalla danimarca ai tempi dei romani, e giunti in italia avrebbero preso tante mazzate dai suddetti romani che non trovarono di meglio che nascondersi sui monti del vicentino, dove nessun popolo civilizzato si sognerebbe mai di andarli a cercare. Lì sarebbero rimasti nascosti fino ad ora (immagino pianificando subdolamente la vendetta facendo filò e rimpinguando di voti la lega).

2. I cimbri discendono da alcune famiglie di boscaioli bavaresi chiamati dai principi vescovi attorno all’anno mille per colonizzare i propri feudi montani. Famiglie tedesche (come i vescovi), cattoliche (come alcuni dei vescovi) e molto povere (a differenza dei vescovi), che si sarebbero poi "innestate" con successo nella zona, integrandosi nel corso dei secoli con le popolazioni locali e perdendo in gran parte memoria delle proprie origini, della propria lingua e della propria cultura.

3. I cimbri sono un tipo di funghi che si mangia con la polenta, che si sarebbe poi evoluto fino al minimo necessario per riuscire ad accoppiarsi con le procaci montanare venete, dando origine ad una stirpe di uomini-fungo che un giorno ci sterminerà tutti (rimpinguando di voti la lega).

La prima teoria, va da sé, è supportata da alcuni storici romantici e da alcuni leghisti che cercano un’origine "nobile" (per i leghisti barbaro=nobile) dei propri antenati. Va anche detto che pressoché ogni nome di persona, cosa o luogo nell’alto vicentino può essere ricondotto ad un’etimologia cimbra. Basta usare un po’ di fantasia.

La seconda teoria è supportata da altri storici e dal romanzo di cui parlavo prima, ed anche se questo non comporta assolutamente che sia vera la rende quanto meno più plausibile della precedente. E poi, l’idea che i veneti stereotipatamente più ottusi di tutti, ovvero i montanari vicentini, siano gli eredi di immigrati fuggiti per fame dal proprio paese di origine e che per secoli continuarono a rimanere tenacemente attaccati alle proprie usanze ed alla propria lingua, con buona pace di qualsiasi preesistente tradizione locale, mi fa simpatia.

La terza teoria, pur non essendo ancora stata vagliata dagli storici, risulta l’unica dimostrabile scientificamente. Ma magari approfondiremo un’altra volta.

Da questa lunga premessa discende che chiunque, volendo, potrebbe vantarsi di essere di origini cimbre. Perché dovrebbe farlo non è molto chiaro, forse per dare un senso alla propria vita maledetta cercando un’identità mitica di ascendenza teutonica, forse per sentirsi parte di una minoranza perseguitata e dimenticata, forse perché piace alle sbarbine. Persino io, che in fondo ho tutti i rami conosciuti della mia famiglia solidamente innestati in alcune delle località cimbre più à la page, da piccolo ero biondo ed ho ereditato una parlata piuttosto rozza e l’aria un po’ tonta, potrei spacciarmi per cimbro. Sono anche molto ghiotto di polenta con i funghi. Certo, nessuno dei miei parenti ha mai avanzato questa buffa ipotesi prima d’ora, alle cene di natale non ci scambiavamo buffe filastrocche in lingue medio tedesche e l’espressione più vicina al cimbro usata nella mia famiglia fu la sequela di bestemmie in ostrogoto che mio padre scaturì il giorno in cui mio fratello distrusse la 127, ma insomma, perché no? Non si parlava di radici dimenticate e tutto quel genere di cose? Si vede che mi ero dimenticato anch’io di essere cimbro, nessuno può smentirmi**.

Nel caso l’autore de "La valle dell’orco" dovesse passare fortuitamente da queste parti, si consideri fin d’ora invitato a casa mia a bere un bicchiere di vino e discutere della mia neonata ascendenza cimbra. Il bicchiere di vino se l’è meritato, la discussione invece è gratis.



P.S.: Siccome alcune persone che leggono il bloggo abitano ancora nel Borgo e possono smentirmi, ammetto che non è vero che si fa un gran parlare di cimbri, me lo sono inventato. Però forse se ne parla in mia assenza, non posso mica entrare in tutte le case. Maledetti rottweiler.


* Non più strana dell’italiano, suppongo, in una concezione relativistico-universale del linguaggio umano.
** A parte ovviamente un’eventuale analisi del DNA. Forse.




15/9
2009

Come fa uno a star tranquillo

Dovete sapere* che da qualche tempo io et Amormio siamo perseguitati da una moderata ma costante dose di sfiga. Non di quelle sfighe eclatanti tipo nascere a Bergamo o avere un figlio emo, ma di quelle piccole, fastidiose ed estenuanti, tipo Gremlins. Eppure mi avevano assicurato che orinare in quel cimitero indiano abbandonato era del tutto sicuro. Ora potrei stare qui per ore ad elencarvi tutte le sfighe che ci sono successe, o anche per minuti interi, ma dato che siete rimasti in due vi faccio la grazia e passo oltre. Nel caso vi fosse rimasta la curiosità, il film Poltergeist è sempre lì.

Stremati da una settimana di duro lavoro e soprattutto abbattuti dalla morte intempestiva di Mike Bongiorno, che io personalmente consideravo un po’ come mio nonno (morto e rincoglionito, non in quest’ordine), anche questo fine settimana abbiamo raccattato la roulotte e siamo partiti. Tra l’altro pure Caravan il fumetto mi piace molto, anche se finora è solo gente che se ne va in giro per il deserto senza fare una fava. Ah, che vita. Comunque, siamo partiti senza una meta, in direzione nord/nord-ovest. A dire il vero eravamo d’accordo con della gente per andare al lago di Gardaland, che sta a sud/sud-est, ma il tempo era infido ed io non avevo nessuna voglia di starmene chiuso in roulotte a guardare il lago farsi i cazzi propri mentre pioveva, perciò abbiamo brasato l’unica possibile meta che ci era venuta in mente e siamo partiti senza meta.
Svoltato a sinistra dopo Bassano ed imboccata la Valsugana, ci siamo fermati dalle parti di Arsiè per mangiare un panino in serenità, solo perché ci era parso di capire che da quelle parti potesse esserci un’area di sosta gratuita. Non c’era, e se c’era non l’abbiamo trovata. Non l’abbiamo neanche cercata tanto, a dire la verità, che l’importante era starsene seduti lì a mangiare un panino guardando un laghetto tetro senza pensare un momento alle malore della vita. Siamo ripartiti fiduciosi.
Inconsapevoli che, come dice Kassovitz, il problema non è nell’arrivare ad Arsiè, ma nel ripartire da Arsiè.
Il tempo di fare 500 metri, infatti, e ci si buca una gomma dell’auto. Non una gomma qualsiasi (no, troppo facile una gomma qualsiasi): la stessa gomma che si era bucata tre settimane fa in Istria. Del resto, anch’io ho bestemmiato la stessa Madonna, quindi la cosa è coerente. E non solo (non solo!), ma cambiando la gomma uno di noi due (sospetto lei) ha stretto male uno dei dadi, con il risultato che poi quando il meccanico ha dovuto svitarlo si è rotto il relativo perno. Ah ah, le grasse risate! E infine, durante tutta l’operazione di cambio-ruota, Amormio ha lasciato gli occhiali da sole appoggiati sul cofano, e non ce ne siamo ricordati prima di ripartire, e chissà dove sono adesso! Da pazzi, veramente. E non vi dico che mi sono anche ferito un piede saltando come un Dick Dastardly idrofobo sulla chiave svitadadi la quale, si sa, è un attrezzo standard che vi trovate nel portabagagli dell’auto e magari pensate che ve lo abbia regalato la Volvo o chessò io, la Fiat, la Citroen, ma in realtà è un omaggio della Xanax. Un omaggio interessato.

In men che non si dica, dunque, mangiamo questo panino di fronte al lago, e ce ne ripartiamo (buchiamocambiamogommaandiamodalmeccanicocerchiamoocchiali) verso uno di quei luoghi leggendari di cui parlano le leggende venete: Fiera di Primiero. Sfortunatamente la città era chiusa, per cui non siamo riusciti a scoprire se tutto ciò che si narra sul suo conto sia vero, ma ci siamo accampati in un campeggio poco lontano e da lì abbiamo girovagato un po’ nei dintorni, più che altro studiando la zona per prossime incursioni, ammirando la sticazzosità delle dolomiti incombenti e riconquistandoci la serenità perduta. A me c’è da dire che da una decina di giorni a questa parte, esattamente da quando sono riuscito a fare la strada delle gallerie senza sputare un polmone come temevo, improvvisamente per la prima volta in vita le montagne cominciano a starmi un po’ simpatiche, con i loro stupidi sassi puntati contro il cielo e quelle mucche crude che cagano ovunque. E quindi, ovviamente, adesso comincia l’autunno ed il freddo ed i sentieri scivolosi. Tzè.

(Abbiamo fatto delle foto, e vi prometto che le pubblicherò qui o su flickr, e vi prometto che stavolta manterrò la promessa, non come tutte quelle volte che l’ho promesso e poi non l’ho fatto, questa volta lo prometto e lo faccio. Forse entro le olimpiadi.)

Poi torniamo a casa, belli sereni, riposati, con gli occhi pieni di montagne e cacca di mucca e subito ci muoiono "ha scritto un libro da cui hanno tratto un film con Johnny Depp" Jim Carroll e "l’eroe di Alba Rossa" Patrick Swayze. Così, in una botta sola.





* e soprattutto volete sapere.




4/9
2009

Tutte scuse

Le leggi razziali, i bavagli alla stampa, le orge private, i picchiatori fascisti premiati con incarichi pubblici, le ronde, gli affondamenti, l’amicizia con Gheddafi, le poesie di Bondi, gli articoli di Feltri, Feltri, le querele ai giornali, e ancora la crisi, il precariato, le inchieste sulla sanità, le gabbie salariali, i deliri dialettali dei leghisti, il caldo, la morte della Pivano.
Quest’estate è stata terribile, e di certo ho pure dimenticato qualcosa.

Resta il fatto che vedere arrivare di già l’autunno m’intristisce, che l’autunno non è solo castagne e formaggio pinciòn e funghi con la polenta ed il gorgonzola, ma anche

[scusa, mi è venuta fame]

anche, dicevo, tutto il resto che già sapete e noiosamente evito di raccontarvi. Io sarei istintivamente più propenso ad un’estate infinita, magari meno umida e lontano dall’Italia, ma anche in Italia se se ne andassero via tutti gli stronzi che vi ci abitano.

Mio zio mi faceva giustamente notare l’altro giorno che qui è ora di finirla di parlare di ferie, che é ora di fare la rivoluzione. E c’hai ragione, zio, ma fatto sta che nell’87 un barista di Poleo mi ha pizzicato per il tentato furto di un pacchetto di ciuingam dall’espositore sul bancone, è vero che me la sono cavata con un patteggiamento di dritto e rovescio sul muso, ma se viene a saperlo Feltri? Quello mi rovina, zio, ed io non ho mica il Vaticano a coprirmi le spalle.




28/8
2009

Ogni isterico allarmismo è giustificato

Qualche tempo fa, tornando da una delle mie numerose vacanze (perché il 2009, diciamo, è ormai l’anno da me consacrato alla fuga) ho trovato il cavo dell’antenna rotto, rotto come può esserlo un cavo e cioé che crisbio ne so, rotto! Lo collegavo alla presa, alla televisione, e non si vedeva un calippo. Magari si era preso una fulminata, perché non l’avevo staccato prima di partire, lo so che bisognerebbe staccarlo, ma se lo stacco come faccio a registrare le avventure dei miei emigrati italiani in brazil? Eh? Quindi non l’ho staccato, e forse si è rotto per quello.

[Sì, finché sono in ferie registro Terra Nostra, e allora? Sempre meglio dei vostri telefilm hipster del Caspio.]

Ad ogni modo, l’ho sostituito con un vecchio cavo che avevo, ma anche quello non funziona benissimo. Stavo quasi per andarne a comprare uno nuovo, ma poi...

...poi viene fuori che il Predellino della Libertà, ed in particolare quel vecchio bavoso videofascista mafioso che lo comanda, sta cercando di allungare i propri artigli malefici anche su raitre. Raitre! Il Piave della democrazia televisiva italiana! E già si parla (vabbé, si vocifera, si ipotizza, e non ci vuole ’sta grande fantasia) che i primi a cadere sotto la scure dell’egemonia destrorsa sarebbero Report, Parla con me, Che tempo che fa, e giusto per alimentare polemiche ci aggiungo io pure Blob e Corrado Augias e quel giornalista con l’orecchino che è il migliore di tutti ma di cui non ricordo il nome, quello del Kosovo. Insomma, passi Fazio, che sotto una scure ce lo vedrei benissimo, ma se togliete il resto cosa rimane della televisione italiana? Neanche pubblica, dico proprio in generale, cosa resta che valga la pena di essere visto, perché dovrei starmene sul divano tra uno spot e l’altro? Perché dovrei andarmi a comprare uno stupido cavo dell’antenna nuovo?!

(Sto di nuovo esagerando con le domande retoriche?)

La risposta potrebbe essere "Terra Nostra". Ma Terra Nostra finirà tra qualche settimana.




21/8
2009

Partenza (diversamente) intelligente

Pianifichi la partenza per qualche giorno prima del famigerato bollino nero. Tre giorni prima. Due giorni prima. Pianifichi la partenza per il giorno che precede il bollino nero, la mattina presto. La sera alle otto, che non ci sono più neanche i camion. Parti alla mezzanotte esatta del giorno del bollino nero, roulotte agganciata, un caffè e via. L’autostrada è affollata come il mercato di Valli del Pasubio la domenica mattina (molto affollata, fidatevi). Alle tre del mattino arrivi a Gonars. Al casello di Trieste ci sono già sette chilometri di coda. Ti fermi in autogrill e fai un pisolo. Alle sei e trentacinque riparti, fresco come rosa fresca aulentissima, eviti con un dribbling la coda e torni in autostrada. Attraversi la Slovenia a zig-zag per non sborsare i fottuti quindici euro di vignetta. Tra Capodistria ed il confine croato è tutto un ingorgo, lo schivi trascinando in scioltezza la roulotte su e poi giù per una stradina di montagna e ti ritrovi alla dogana. Pochi chilometri dopo sei già in campeggio, bello e sistemato. Venti gocce di novalgina dry e via, sugli scogli.

Ascoltando "I wanna kill" dei Crocodiles.


[On the road mode ON:]
#: Strano, sono le due del mattino e sulla tangenziale di Treviso non ci sono prostitute.
B: Embé?
#: Da dove nascono tutti i trevigiani?
[On the road mode OFF]

["On the road" mode è usato per gentile concessione del fantasma di Nanda Pivano. Grazie Nanda, a buon rendere.]




18/8
2009

Le gabbie aperte

Tornato in una fabbrica senza produttori e senza aria condizionata dopo una settimana di dure battaglie al mare, scopro che il nostro esimio Prez ha definito Bossi "un fratello". Mi pareva impossibile, infatti, che due figli di puttana del genere fossero una coincidenza.

Le ultime trovate del Boss, dopo aver imposto quel pacchetto di misure infami spacciate per sicurezza, hanno a che vedere con l’inno nazionale, il dialetto e le gabbie salari. Due cazzate e una mazzata, in perfetto stile Lega. L’inno nazionale italiano, per esempio, è vero che fa schifo, una stucchevole marcetta militare antiasburgica, ma sostituirla con "Me compare Giacometo" mi sembra eccessivo. Quanto al dialetto, che bello il dialetto, anch’io parlo il mio dialetto quando mi trovo con buzzurri che non sanno l’italiano o quando devo esprimere un brioso richiamo alle responsabilità divine nelle disgrazie che si abbattono sulla mia vita, parlare dialetto qualche volta è come tornare a casa, togliersi le scarpe e mettersi un paio di comode pantofole sformate. Ma non uscirei di casa in pantofole, non ci andrei al lavoro o a fare una passeggiata o al bar. Se la metafora non vi è chiara, continuate pure a votare lega.
Infine, la supercazzatona sulla quale Bossi sta puntando per strappare qualche altro punto alle regionali: le gabbie salariali. Se avete dodici anni e non siete mai usciti dal cortile della vostra scuola media, le gabbie salariali possono anche sembrarvi una buona idea. Voglio dire, al nord la vita costa più cara quindi è giusto che si prendano stipendi più alti, cioé è chiaro, no, cazzo? Già. Peccato che, tra le varie considerazioni che si potrebbero fare, 1. salvo un numero relativamente esiguo di realtà tutelate, perciò privilegiate, esiste già un netto divario tra gli stipendi di chi lavora al nord e quelli di chi lavora al sud del Paese* (provare per credere); 2. visto il più alto tasso di disoccupazione nel meridione, chi lavora deve comunque accollarsi statisticamente il compito di assorbire ed integrare il minor guadagno dei disoccupati, tanto più quanto più il welfare state va ad escort; 3. anche i servizi offerti dallo Stato sono di quantità e qualità di gran lunga inferiori al sud che al nord, a parità di tasse versate, perciò anche da quel punto di vista il presunto maggior potere d’acquisto è compensato da un maggior esborso per sopperire alle carenze dello stato sociale; 4. qualsiasi "gabbia" legislativa che regolamenti i salari avrebbe come rapida conseguenza una riduzione del potere di contrattazione dei lavoratori (di quei pochi lavoratori che ancora ce l’hanno) ad ulteriore vantaggio del padronato; 5. realisticamente, e contrariamente alle fanfaluche raccontate dai legaioli, un sistema di salari a due o tre (o dieci, o venticinque) corsie comporterebbe in breve tempo una diminuzione del potere d’acquisto per le corsie più lente, senza nessun reale vantaggio per quelle veloci. In parole povere: il tuo potere d’acquisto rimarrà lo stesso di prima, quello degli altri diminuirà, nessuno ne trarrà vantaggi, a parte chi gli stipendi dovrebbe pagarli. A meno che naturalmente non siate fiduciosi che il vostro stipendio, vivendo a nord, andrebbe ad aumentare più velocemente di quanto aumenti adesso, nel qual caso o lavorate molto a nord ed il vostro datore di lavoro si chiama Babbo Natale oppure siete degli inguardabili ottimisti. Insomma, siete davvero così convinti di voler finire ingabbiati? Massì, se credete ancora a Bossi, un po’ di gabbia non vi farebbe poi male.


* "Paese" si fa per dire.


P.S.: Alcune foto del mio paradisiaco soggiorno sulla Grande Isola Occidentale sono su flickr.




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